Marco Leardi per ilgiornale.it
È venuto giù tutto. A colpi di critiche, lamentele e recriminazioni post-elettorali, la pericolante impalcatura del Pd si è di fatto disintegrata a terra. A indebobile fortemente la struttura del partito ci avevano pensato le recentissime elezioni, poi è arrivata l'odierna direzione nazionale e a infliggere il colpo di grazia ci hanno pensato gli stessi esponenti dem. Tra gli interventi più duri, quello del vicesegretario Giuseppe Provenzano, che davanti ai compagni ha scodellato una severissima analisi della sconfitta. "Discutiamo di tutto e facciamolo fino in fondo", ha implorato l'ex ministro per il Sud del governo Conte II, mettendo in guardia gli iscritti: "rischiamo di non avere un'altra occasione".
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Il mea culpa sulla sconfitta
Davanti al microfono, il vice di Enrico Letta ha intonato un corale mea culpa, riconoscendo le mancanze dem di fronte alla prova del voto. "L'errore più grande che abbiamo compiuto è quello del governo senza consenso, questo ci ha levato forza politica", ha analizzato Provenzano, soffermandosi in particolare sui cali di consensi registrato dal Pd al Sud. "Abbiamo regalato un enorme lavoro fatto in due anni di governo a Conte a M5s, ma se non l'abbiamo comunicato, rivendicato è perché una parte non ci credeva e così l'abbiamo regalato agli altri", ha dichiarato l'ex ministro, di fatto bocciando la strategia scelta in campagna elettorale dal partito di cui è egli stesso dirigente.
L'accusa di Provenzano al Pd
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"L'identità non è un'astrazione, avevamo il programma più progressivo di sempre ma non eravamo credibili", ha proseguito Provenzano, in parte autoconsolatorio ma anche obbligato a riconoscere il ko. Poi l'attacco più duro al partito, con parole risuonate come una vero e proprio j'accuse. "Chi ci guarda da fuori che cosa vede?
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Gente impegnata fare dossieraggi interni per togliere dalla lista un ragazzo di 28 anni?", ha attaccato il vicesegretario dem, probabilmente facendo un implicito riferimento al caso di Raffaele La Regina, il giovanissimo esponente Pd lucano costretto a ritirare la propria candidatura come capolista in Basilicata dopo le polemiche per le sue posizioni filopalestinesi. "Rinuncio alla mia candidatura perché il Pd viene prima di tutto e perchè questa campagna elettorale è troppo importante per essere inquinata in questo modo", aveva affermato il 20enne a seguito della bufera che aveva spinto anche Enrico Letta a gettare acqua sul fuoco. Ora, stando alle interpretazioni, le parole di Provenzano sembrerebbero offrire un'inedita rilettura delle vicenda.
La "degenerazione correntizia"
giuseppe conte roberto gualtieri peppe provenzano
In una riunione segnata anche dai rimpianti del segretario Pd per il campo largo, Provenzano ha ammonito gli iscritti sui rischi di eccessive concessioni ai pentastellati e al loro leader anche sul fronte valoriale della sinistra. "Io non voglio regalare questo patrimonio a Conte, così come non voglio regalargli la parola pace che forse avrebbe dovuto affiancare di più le giuste posizioni prese sulla guerra". Così, il vice di Letta ha auspicato un radicali ripensamento delle logiche di partito. "Anche sulle regole facciamo una discussione fino in fondo: non dico no, ma perché con le primarie aperte dobbiamo scegliere anche il gruppo dirigente secondo una degenerazione correntizia?", ha incalzato.
Valutazioni forse tardive. Tra i dem, infatti, sembra che il vizio del correntismo abbia già monopolizzato le logiche della corsa per la successione a Letta.
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