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"Gli indipendentisti catalani sono pronti ad accettare la sfida delle elezioni del 21 dicembre. Questa è un'offensiva del governo spagnolo senza precedenti nei confronti del popolo della Catalogna. Eppure la nostra mano è stata tesa all'infinito per il dialogo. Ma il Partito popolare di Rajoy e i socialisti non vogliono riconoscere il problema e invece usano solo repressione". Lo ha detto il presidente destituito catalano Carles Puigdemont da Bruxelles, dove è arrivato nelle ultime ore dopo l'incriminazione in Spagna. E ha aggiunto: "Abbiamo voluto garantire che non ci saranno scontri nè violenza. Se lo stato spagnolo vuole portare avanti il suo progetto con la violenza sarà una decisione sua".
Non molla dunque Puigdemont e la sfida tra lui e il premier Rajoy, che ha annunciato elezioni locali il prossimo 21 dicembre, continua anche a Bruxelles, dove il leader separatista catalano ha "voluto portare la questione, nel cuore dell'Unione Europea" (che però sinora, pur rilanciando il dialogo, si è schierata sostanzialmente a favore del governo centrale spagnolo): "Alla comunità internazionale, all'Europa chiedo che reagisca: l'Europa deve reagire. Il caso e la causa catalana mette in questione i valori su cui si basa l'Europa", ha aggiunto.
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"Non è una fuga, ma parte dell'esecutivo di Barcellona rimarrà qui a lavorare", ha continuato Puidgemont. E sull'incriminazione della procura spagnola: "Se mi fosse garantito un processo giusto, allora tornerei subito in Catalogna per continuare a lavorare". Nel frattempo, la Corte Suprema spagnola ha chiamato a testimoniare la presidente della Camera Carme Forcadell e altri politici catalani, udienza fissata per il 2 e 3 novembre. E Madrid ha inoltre cancellato ufficialmente la dichiarazione di indipendenza della Catalogna approvata dal parlamento (disertato dagli anti-indipendentisti) lo scorso 27 ottobre.
L'annuncio è arrivato in una sala stampa di Bruxelles, dove sono accorsi circa 150 giornalisti, nonostante i soli 50 posti disponibili. In un primo momento il leader separatista catalano Carles Puigdemont aveva chiesto di poter tenere la conferenza stampa al Résidence Palace, edificio gestito dai servizi del premier Charles Michel, nel quartiere europeo, ma la sala gli è stata rifiutata, secondo quanto si apprende dall'on-line di Le Soir. La conferenza stampa è stata così riprogrammata al Press Club, alle 12.30, location vicina a Commissione, Consiglio e parlamento Ue. Il presidente della Commissione Jean Claude Juncker oggi è in Portogallo, quello dell'Europarlamento Antonio Tajani è in Tunisia.
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Solo il presidente del Consiglio Donald Tusk è a Bruxelles. Secondo fonti non sono arrivate richieste di incontri da parte di Puidgemont e comunque Tusk è occupato. Il procuratore generale spagnolo José Manuel Maza aveva chiesto l'incriminazione per il presidente catalano destituito Carles Puigdemont con l'accusa di ribellione, sedizione e malversazione. Denunciati anche i ministri del suo governo per aver permesso la dichiarazione d'indipendenza, inclusa l'ex presidente della Camera Carme Forcadell e i membri dell'ufficio di Presidenza, anche loro sono sotto accusa per sedizione e ribellione. In tutto nel mirino dei magistrati di Madrid sono finiti 14 membri del Govern e sei parlamentari. Qualora non si dovessero presentare dinanzi ai giudici, la misura che le autorità di polizia spagnole sono autorizzate a prendere è la "detenzione immediata" e rischiano dai 15 ai 30 anni di carcere.
PASSA IL CONFINE IN AUTO POI CERCA UN LEGALE «L' INVISIBILE» CARLES FA PERDERE LE TRACCE
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Elisabetta Rosaspina per il Corriere della Sera
La compagnia regionale francese «Hop!» ha un solo volo mattutino diretto da Marsiglia a Bruxelles, alle 7.05 con scalo a Lione. Con Brussels Airlines il decollo è previsto alle 6.45, oppure a mezzogiorno: troppo tardi, perché a quell' ora, ieri, Carles Puigdemont è già in Belgio. Proprio mentre a Madrid un corrucciato Procuratore generale, José Manuel Maza, annuncia l' apertura di inchieste per «ribellione, sedizione, malversazione e reati connessi» contro l' ex presidente e le altre autorità politiche della Generalitat , il governo catalano (destituito venerdì scorso dal Senato, in virtù dell' articolo 155 della Costituzione). Le stesse incriminazioni sono previste contro la presidente del Parlament , Carme Forcadell, il suo vice e tre segretari, ancora al loro posto ma solo per l' ordinaria amministrazione, in attesa delle prossime elezioni regionali, convocate dal premier spagnolo Mariano Rajoy per il 21 dicembre. La Procura generale intende chiedere «misure cautelative».
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La mattina è iniziata in attesa davanti al palazzo del governo, in piazza Sant Jaume, a Barcellona, dove l' unico a presentarsi in ufficio come niente fosse è Josep Rull, responsabile del Territorio e della Sostenibilità, garbatamente avvisato dai Mossos che, quello, non è più il suo ufficio e rischia un' accusa in più, per usurpazione. Anche l' ex presidente avrebbe diritto di entrare solo per recuperare i suoi effetti personali, ma fonti del suo entourage assicurano che non andrà a palazzo.
Dunque dov' è? Che sia ancora a Girona, la città a 40 minuti da Barcellona dove è cresciuto e dove domenica si è concesso un bagno di folla con la moglie, Marcela Topor, giornalista rumena? Eppure, prima delle 8 del mattino, Puigdemont ha postato sul suo account Instagram un paio di foto del cortile del palazzo della Generalitat con un emoticon sorridente e l' augurio di una buona giornata. In realtà, è già lontano e il saluto suona come uno sberleffo quando, alle 13.15, il quotidiano catalano El Periódico risolve il mistero. Puigdemont non è a Barcellona né a Girona, né in Catalogna o in altra parte della Spagna: è a Bruxelles, a colloquio con dirigenti del partito indipendentista Alleanza neo-fiamminga. E non è solo: lo accompagnano cinque «consellers», i suoi ministri.
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Non sono ricercati (ancora), potrebbe essere un normale viaggio d' affari (politici), a caccia di appoggi internazionali, ma già circola insistentemente la formula che, fino al giorno prima, appariva una chimera, l' inverosimile suggerimento del segretario di Stato per l' immigrazione, Theo Francken: il Belgio potrebbe concedere loro asilo politico. Non ci vuole molto a scoprire che il presidente dell' autoproclamata Repubblica indipendente di Catalogna e il suo seguito non sono partiti da un aeroporto spagnolo. Fin dalla sera precedente, o nella notte, un convoglio si è messo in moto per Marsiglia, a 400 chilometri di distanza, dove l' imbarco del gruppo per Bruxelles avrebbe sicuramente dato meno nell' occhio. Ne erano al corrente i membri del governo rimasti a casa? Oriol Junqueras, l' ex vice presidente, esce da una riunione del partito «Junts pel Sí», ma ignora le domande dei giornalisti sul viaggio di Puigdemont. Muta anche la presidente (provvisoria) del Parlament , Forcadell.
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Complici o abbandonati, non collaborano. Anche il commissario generale belga per i rifugiati, Dirk Van den Bulcke, resta vago: il Belgio concede asilo a cittadini di altri Paesi europei, solo se esistono «segnali forti di persecuzione o corrono rischi nel Paese d' origine». Non è un «no» e, affinché si trasformi in un «sì», Puigdemont si sceglie un avvocato belga di chiara fama, anche se non particolarmente apprezzato in Spagna: Paul Beckaert ha vanificato qualche anno fa la richiesta di estradizione avanzata da Madrid nei confronti di Natividad Jauregui, ricercata da 34 anni come militante dell' Eta. Per i transfughi della Repubblica catalana c' è tutto il tempo di ormare un governo in esilio.
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