Anna Zafesova per “La Stampa”
sergey surovikin vladimir putin 2
Un nuovo comandante per quella guerra che il Cremlino insiste a chiamare «operazione militare speciale»: il «generale Armageddon» Sergey Surovikin viene declassato a primo vice del comandante dello Stato maggiore russo Valery Gerasimov. Una decisione improvvisa e sorprendente, dopo che ancora ieri mattina i media propagandistici cantavano le lodi di Surovikin come genio strategico.
Il generale che ha distrutto Aleppo e ordinato gli attacchi missilistici sulle infrastrutture civili ucraine, dopo soli tre mesi smette di essere il volto della riscossa russa. Ma più che segnalare una possibile de-escalation nei ritmi della guerra, il passaggio del timone nelle mani di Gerasimov potrebbe essere il sintomo di una lotta interna al Cremlino, di fronte alla nuova offensiva che Vladimir Putin considera vitale per la sua sopravvivenza.
VALERY GERASIMOV
Le voci su un cambio al vertice militare giravano a Mosca da settimane, ma prevalentemente indicavano come vittima proprio Gerasimov, insieme al ministro della Difesa Sergey Shoigu. Surovikin sembrava conservare il favore di Putin, anche se non poteva vantare grandi successi: è sotto il suo comando che la Russia ha perso Kherson, e subito massicce perdite come quella delle centinaia di neoreclute a Makiivka, esposte dagli errori dei comandanti ai missili ucraini.
sergey surovikin
Ma a dover pagare sembravano più i vertici supremi della difesa russa, presi di mira da una campagna mediatica di Evgeny Prigozhin, il fondatore del gruppo Wagner, l'armata semiprivata che «si è rivelata molto più efficiente delle truppe regolari», come scrive uno dei suoi cantori, il politologo proputiniano Sergey Markov.
Durante le feste di fine anno Prigozhin aveva riempito i media con filmati che lo mostravano al fronte, a premiare i suoi mercenari, o negli obitori davanti a pile di corpi di caduti in sacchi neri: un'estetica volutamente brutale e violenta, che però nella sua crudezza contrastava con Putin e i suoi generali, che si offrivano alle telecamere soltanto in sale riunioni in location imprecisate, ma chiaramente lontane dal fronte. Nei panni del suo personaggio del rude signore della guerra, Prigozhin era diventato l'idolo degli «inviati di guerra» più nazionalisti, e si permetteva di criticare violentemente i vertici militari.
Yevgeny Prigozhin
Quando ha pubblicato un video in cui gli uomini della Wagner maledicono con parole irriferibili Gerasimov per la mancanza di munizioni, il silenzio del Cremlino sembrava mostrare che la sorte del capo dello Stato maggiore fosse segnata. Se il comandante supremo permetteva questo tipo di affronto, significava che aveva preferito scommettere su un uomo che reclutava nelle carceri russe banditi, assassini e serial killer, da lanciare in assalti suicidi in cambio della promessa di grazia.
E così, mentre Prigozhin rivendicava pubblicamente che l'offensiva a Soledar - unica avanzata russa in sei mesi - fosse opera esclusiva dei Wagner (mentre il ministero della Difesa cercava di aggiudicarsi il merito), il suo uomo Surovikin sembrava poter puntare alla poltrona di Shoigu o Gerasimov. Ma ora l'affidamento delle sorti della guerra al capo dello Stato Maggiore - che molti media occidentali considerano il padre della inesistente «dottrina Gerasimov» e della teoria della «guerra ibrida» - sembra segnare invece una vittoria dei militari «istituzionali» sui Wagner.
putin Yevgeny Prigozhin
Un'altra testimonianza della possibile riscossa dello Stato maggiore può essere il recupero del generale Aleksandr Lapin, accusato pubblicamente da Prigozhin e dal leader ceceno Ramzan Kadyrov del disastro sul fronte ucraino: licenziato, è rientrato come capo del comando delle truppe terrestri. E l'altolocato generale Vladimir Boldyrev ha apostrofato Prigozhin e Kadyrov per essere dei «civili che non possono permettersi di criticare dei generali».
Nello scontro tra i falchi e gli ancora più falchi, Vladimir Putin a sorpresa ha scommesso sui primi, forse spaventato dal potere sproporzionato che stavano assumendo personaggi sinistri come Prigozhin, famoso per giustiziare i «traditori» dei Wagner a martellate. Mark Galeotti, l'esperto americano all'origine dell'equivoco della «dottrina Gerasimov», sostiene però che il nuovo comandante dell'invasione in Ucraina dovrà bere «un calice avvelenato».
Valery Gerasimov e Sergey Shoygu alla conferenza stampa del Cremlino
I propagandisti parlano ormai esplicitamente di una nuova mobilitazione da 300-500 mila uomini, mentre la Duma sta per votare l'aumento dell'età della leva obbligatoria fino ai 30 anni. Molti esperti indipendenti russi sostengono che il rimescolamento dei generali sia frutto di una disperata ricerca di una vittoria impossibile, mentre Dara Massicot della Rand Corporation arriva a ipotizzare che lo spietato Surovikin sia stato allontanato per aver fornito a Putin «valutazioni più realistiche sull'andamento della guerra».
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Gerasimov non è infatti soltanto il detentore di una delle tre «valigette nucleari» (le altre due sono in mano a Putin e Shoigu): ha firmato il piano dell'invasione, un anno fa, ed è uno dei responsabili principali del suo fallimento. Se Putin poteva temere una rivolta dei militari ansiosi di scaricare la sconfitta sui politici, Gerasimov appare uno dei candidati meno probabili a guidarla.
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