1.KIEV ACCUSA: BOMBE RUSSE A GRAPPOLO SU ZAPORIZHZHIA
Marta Serafini per www.corriere.it
ZAPORIZHZHIA
La notte scorsa i russi hanno utilizzato bombe a grappolo su Zaporizhzhia: l’uso di queste armi «proibite» è stato denunciato dal Oleksandr Starukh, il capo dell’amministrazione militare ucraina della regione in cui si trova la città, nuovamente colpita nelle scorse ore. Sul suo profilo Telegram, Starukh ha postato foto delle bombe cadute sulla periferia sud di Zaporizhzhia, che hanno danneggiato magazzini e altre strutture.
2. MOSCA, COLPITA DA RAZZI UCRAINI CENTRALE ELETTRICA DONETSK
Marta Serafini per www.corriere.it
bombardamento russo su zaporizhzhia 10
Missili d’artiglieria ucraini hanno colpito e danneggiato la centrale elettrica di Starobeshevskaya, nella regione di Donetsk, nel Donbass occupato dai russi. Lo scrive l’agenzia russa Tass, citando fonti locali dell’autoproclamata Repubblica popolare di Donetsk. Le fonti affermano che almeno due persone, due addetti alla centrale termica, potrebbero essere rimaste sotto le rovine della centrale colpita, dove stanno operando i soccorritori. I missili, dicono le fonti alla Tassi, sono stati sparati da un lanciatore multiplo in dotazione alle forze di Kiev.
3. PUTIN: NEGOZIATI O GUERRA TOTALE. IL DILEMMA DEL PRESIDENTE RUSSO, SEMPRE PIÙ SOLO E CONFUSO
Marco Imarisio per www.corriere.it
Sergey Markov
I russi odiano l’imprevisto. Nella loro lingua, l’avverbio casualmente, sluchaino, una delle parole più comuni del lessico sovietico, viene sempre usato con un significato peggiorativo, per sottolineare le cose che non sono andate secondo il piano stabilito.
Forse questo continuo unire i punti disegnati dalla strategia del Cremlino è inutile fin dalla tarda primavera del 2022. La reazione dell’Ucraina non era messa in conto, e ha cambiato in modo radicale uno scenario che sembrava già deciso a tavolino.
Sergey Markov
Da allora, la strategia di Vladimir Putin, che è un uomo profondamente sovietico, è diventata un enigma a geometria variabile. È una guerra ma non è possibile chiamarla così, anche se sta per essere varato dalla Duma il decreto che prevede il pagamento di una sorta di patrimoniale bellica per alcune imprese e maggiori tasse alle aziende partecipate dallo Stato. Sì alla mobilitazione, ma non troppo.
Che sia parziale, anche se secondo i servizi segreti ucraini, da prendere con le molle, oltre ai trecentomila coscritti richiamati alle armi lo scorso ottobre se ne aggiungeranno presto molti altri, tra cinquecentomila e un milione, segno dell’intenzione di proseguire le ostilità. Al tempo stesso, sì anche ai negoziati, naturalmente alle proprie condizioni, che prevedono il mantenimento dei territori annessi con i referendum di settembre.
Sembra tutto e il contrario di tutto. La diversificazione dei messaggi, esemplificata dalle diverse posizioni del ministro degli Esteri Sergey Lavrov, più «trattativista» e quella dell’ex presidente Dmitri Medvedev, desideroso di bombardare l’Europa e la Nato, può talvolta comunicare anche un’idea di fragilità dell’intero sistema di potere. «Esiste una logica, in realtà» dice Sergey Markov, che fu uno dei più longevi consiglieri politici dello zar, in servizio dal 2011 al 2019, e da ardente nazionalista qual è non rappresenta certo il partito delle colombe, anzi.
Sergey Markov 1
«Ma è ispirata al giorno per giorno, una mossa per tastare le cancellerie europee, un’altra per far capire a Zelensky che possiamo andare fino in fondo, nulla è escluso. Il peso che l’insuccesso della prima fase dell’Operazione militare speciale sta avendo sullo sviluppo del conflitto ucraino sta diventando sempre più evidente».
Nello spazio di poche frasi, Markov mette insieme due soluzioni che più diverse non si potrebbe. L’alfa e l’omega, il negoziato e la guerra totale. Per quanto opposte, sono due strade che il suo vecchio capo potrebbe percorrere nei prossimi mesi. Le analisi degli esperti anglosassoni insistono su una sorta di gestione della sconfitta da parte del Cremlino, evidenziando i rischi di un crollo improvviso dello zar, che potrebbe dare inizio a una fase di instabilità simile a quella dei primi anni Novanta. I politologi russi di opposizione, per quanto ostili allo zar, sono più cauti. E vedono ben poche alternative all’avvitamento della guerra su se stessa, che ormai è quasi una necessità per Putin e i suoi alleati.
putin assiste da solo alla messa del natale ortodosso 1
Come spesso accade, è una questione di tempo e di opportunità politiche. Nel prossimo autunno comincerà la campagna elettorale per le presidenziali, che dovrebbero tenersi nel marzo del 2024. Abbas Gallyamov, che fu primo autore dei discorsi di Putin quando quest’ultimo era portato in palmo di mano dai liberali russi, afferma che il sostegno massiccio della società allo zar sarebbe impossibile senza una vittoria militare.
«Ma se la guerra dovesse continuare ancora a lungo, ci sarebbe lo stesso il rischio di una morte politica, perché lo scontento della gente aumenterà in maniera esponenziale. A quel punto, gli uomini della forza, i siloviki sui quali si regge l’attuale verticale del potere, cominceranno a guardarsi intorno».
putin assiste da solo alla messa del natale ortodosso 2
Le porte che conducono a una fine presentabile delle ostilità si stanno chiudendo. Anche per questo l’inviolabilità dei nuovi confini nati dalla recente annessione dei territori ucraini è considerata un dogma sul quale non è lecito discutere, come ha detto Putin di recente. «Sente sul collo il fiato degli ultranazionalisti, ai quali dà voce l’onnipresente Prigozhin della Brigata Wagner», dice Ilya Grashenkov, fino al 2020 direttore del Centro russo per lo sviluppo delle Politiche regionali, poi giubilato.
«Già oggi c’è un nervosismo evidente. Le élite capiscono che potrebbe cominciare la gara per il potere tra i funzionari e oligarchi vicini al presidente. Con il peggioramento sempre più marcato della situazione sociale potrebbe ritrovare la voce anche l’economia. Figurarsi se la campagna elettorale dovesse cominciare all’insegna di una pace simile a una sconfitta».
putin assiste da solo alla messa del natale ortodosso 3
La foto del presidente che partecipa in totale solitudine alla funzione religiosa per il Natale ortodosso, nella Cattedrale dell’Annunciazione completamente vuota, è l’unica cosa da tenere a mente quando si disegnano scenari futuri. Quell’isolamento è reale. Nella testa di Putin c’è solo Putin. Il 2023 ci dirà se stiamo assistendo a una ultima recita, oppure se lo zar riuscirà ancora a rimanere sulla scena. Anche senza un vero e proprio piano. Anche sluchaino, in modo casuale. Come succede a chi non è più del tutto padrone del proprio destino