1. VLAD IN TOUR PER CONQUISTARE IL MEDIO ORIENTE
Da “il Giorno”
assad putin
Vladimir Putin si prende il Medio Oriente. Da Assad a Sisi fino a Erdogan, lo zar lancia un asse con i leader del mondo islamico sulle crisi regionali. Un tour de force diplomatico che dal mattino alla sera lo porta in Siria ad annunciare a fianco di Assad il ritiro delle truppe russe, al Cairo per rinsaldare i rapporti con il Paese più popoloso e l' esercito più grande del mondo arabo e infine a cena dal Sultano, dove benedice la campagna anti-Trump su Gerusalemme alla vigilia del summit dei Paesi islamici di mercoledì a Istanbul.
La giornata campale del leader del Cremlino parte con una sosta a sorpresa. Sulla via per l' Egitto, il suo Tupolev Tu-214 fa scalo nella base di Hmeimim, nella provincia di Latakia, fulcro delle operazioni militari di Mosca in Siria. È da lì che, tra sorrisi e strette di mano con Assad, ringrazia i suoi soldati e annuncia - giusto in tempo per la campagna per le presidenziali di marzo - l' avvio del ritiro di «una parte considerevole del contingente russo» che ha compiuto le missioni di spazzare via l' Isis e mantenere al potere il regime di Damasco.
putin al sisi
Una riorganizzazione dopo oltre due anni di conflitto, perché in Siria è arrivato il momento di una «soluzione politica sotto l' egida dell' Onu». Al Cairo, il generale Abdel Fattah al Sisi lo riceve già sulla scaletta dell' aereo. Un benvenuto «all' amico presidente» che porta con sé accordi miliardari, dall' industria al commercio alla cooperazione militare. Su tutti, quello per la costruzione della prima centrale nucleare egiziana a Dabaa, sul Mediterraneo.
Putin apre anche a un ritorno dei voli civili russi, cruciale per il turismo locale, che mancano dall' attentato al charter russo sul Sinai nel 2015. Quando è già sera, lo zar sbarca ad Ankara da Erdogan. Nel terzo faccia a faccia in un mese, i due leader cementano un' intesa «ogni giorno più forte» Forte anche l' intesa su Gerusalemme. La scelta di Trump è «destabilizzante» e «non aiuterà a risolvere la situazione», anzi «provocherà conflitti», dice Putin. Musica per le orecchie del Sultano, che sulla difesa dei palestinesi sta fondando il suo rilancio come paladino del mondo musulmano.
2. LO ZAR SFRUTTA GLI ERRORI DEGLI AMERICANI
Cesare De Carlo per “il Giorno”
PUTIN ERDOGAN
Ora se ne accorgono anche gli americani. In Medio Oriente si profila una pax putiniana. E il Washington Post, il New York Times eccetera, nel loro viscerale accanimento, ne danno la colpa a Trump e alla sua decisione su Gerusalemme. Hanno la memoria corta. Il grande attivismo diplomatico di Vladimir Putin ha radici lontane. Radici che affondano nelle ultime due disastrose presidenze americane, quelle di George W. Bush e quella di Barack Hussein Obama. Bush ha condotto contro un Paese arabo, l' Iraq, la prima guerra preventiva nella storia degli Stati Uniti.
GASDOTTO TAP PUTIN ERDOGAN ALIYEV
Obama ha fatto di più e di peggio. In Iraq ha ritirato le truppe, lasciando campo libero all' Isis e liberando dalla prigione il 'moderato' Al Baghdadi (l' aggettivo è della Clinton). Ha favorito la caduta di dittatori amici in nome della illusoria primavera araba. Ha fatto una guerra inutile in Libia e non ne ha fatto una doverosa in Siria. Errori su errori.
Risultato: un vuoto di potere in una regione nella quale erano gli americani a essere i geopolitical players. E in quel vuoto si è inserito Putin. Ha avuto gioco facile contro l' inaffidabilità degli ultimi presidenti americani. In Iraq Bush junior lasciò che Saddam Hussein si vendicasse su sciiti e curdi che lo avevano combattuto. Nel 2011 Obama abbandonò alle lotte intestine sunniti, sciiti, curdi. Poi salutò in Egitto l' ascesa al potere dei Fratelli Musulmani e se non fosse stato per il golpe militare oggi ci sarebbe un regime di tipo iraniano.
trump putin
Putin invece i suoi alleati non li abbandona. Nemmeno Assad, il più feroce di tutti. L' intero occidente ne chiedeva la rimozione. Obama tracciava linee rosse puntualmente disattese. Oggi Assad è ancora al suo posto. A vittoria sicura Putin annuncia: i russi torneranno a casa. Mission accomplished. L' aveva già proclamato Bush per l' Iraq. Non era vero.
C' è da stupirsi allora che la credibilità americana sia in pezzi? Ovviamente Putin non è Bush, Obama o Trump. Non ha un Congresso che lo controlli, non ha convenienze elettorali. Per lui le elezioni sono una formalità. E del resto la sua popolarità è all' 80 per cento. È un autocrate. Parla lo stesso illiberale linguaggio dei leader arabi. Può consentirsi il lusso di una leadership spregiudicata.
PUTIN SALMAN
Va in Siria, poi nell' Egitto da sempre finanziato e armato dagli americani, poi in Turchia. Sembra dimenticare che fu Erdogan ad abbattergli un aereo. La realpolitik lo aiuta. In Siria ha vinto lui e Erdogan ne prende atto. Riceve a Mosca il presidente iraniano Rouhani e va a Teheran. Il re saudita Salman a Mosca c' è andato quattro volte. Impartisce istruzioni al libico Haftar. In gioco accordi petroliferi, centrali nucleari e forniture di armi.
Ai curdi strizza l' occhio. È il solo a non essersi schierato contro la loro indipendenza. E Trump? I curdi contavano sulla sua gratitudine. I peshmerga sono stati decisivi nella sconfitta dei terroristi islamici. Trump invece si è girato dall' altra parte. La Turchia, alleata Nato, minacciava rappresaglie.