Ivan Cimmarusti per il Sole 24 Ore
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Tra il 2012 e il 2021 il money transfer dall'Italia verso la Cina è sprofondato del 99,2 per cento. Dai trasferimenti di denaro liquido sono spariti circa 2 miliardi di euro: contante prodotto annualmente dalle imprese cinesi stabilite nelle città italiane, di cui si sarebbe persa traccia.
L'ipotesi è che siano entrati in gioco canali alternativi per far uscire dall'Italia una quota considerevole di fondi neri ricavati dall'evasione fiscale. Il sospetto degli investigatori è che si stia sfruttando il veicolo delle criptovalute per esportare denaro nelle banche di Pechino: gli euro sono convertiti in moneta virtuale, per poi essere cambiati negli Exchange extraUe in yuan cinesi. Un "sistema" che assume rilievo anche in relazione all'attuale contesto di tensione internazionale, considerato il fiume di denaro opaco - non solo quello proveniente dall'Italia - che si dirige verso la Cina. Ma andiamo con ordine.
La mutazione della strategia per inviare il contante è nei dati. Da essere la prima nella top ten dei Paesi che trasferiscono denaro dall'Italia, la Cina si è ritrovata fanalino di coda.
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Il crollo del money transfer Nel 2012 le rimesse dirette in Cina valevano 2,7 miliardi, con uno scarto rispetto alla seconda in classifica - la Romania - di quasi 1,9 miliardi. Stesso andamento nel 2013. Ma qualcosa cambia nel 2014: controlli sugli operatori del money transfer - serrati proprio tra il 2014 e il 2016 - producono un effetto sui trasferimenti. La flessione è netta. Lo dicono i calcoli della Banca d'Italia. Nel 2014 la Cina perde il podio: registra rimesse per 819 milioni di euro, lasciando il vertice della classifica alla Romania con 876 milioni. Nel 2016 Pechino scende al settimo posto, con 237 milioni. Nel 2017 una nuova misura Ue, la quarta direttiva antiriciclaggio, stringe ulteriormente le maglie dei controlli: la Cina esce dalla top ten con 136 milioni di rimesse, fino a raggiungere nel 2021 gli appena 22,3 milioni.
In dieci anni, dunque, i trasferimenti di denaro contante si sono sostanzialmente azzerati. Il corridoio delle monete virtuali Il tema è da tempo sotto analisi del Nucleo di polizia valutaria della Guardia di finanza, al comando del generale Vito Giordano. Si cerca di capire quali siano i nuovi corridoi che si stanno utilizzando per portare il denaro accumulato in Italia nelle casse cinesi, considerato che anche secondo l'Unità di informazione finanziaria (Uif) queste movimentazioni potrebbero celare forme di evasione fiscale.
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Il Sole 24 Ore del Lunedì è in grado di ricostruire uno dei nuovi meccanismi per veicolare nella Repubblica popolare denaro sporco ricavato in Italia. Lo dicono i documenti giudiziari di una recente inchiesta condotta dal Nucleo valutario e dai pm di Firenze. Si è scoperta una sorta di "sistema" a piramide inversa (si veda il grafico), con un flusso costante di bonifici che escono da imprese cinesi, finite sotto accertamento dell'agenzia delle Entrate per mancato versamento di Iva, Irpef e Ires, per confluire nei conti di una ulteriore società di diritto italiano amministrata da un soggetto cinese, che si occupa di generici «servizi alle imprese».
L'analisi dei conti correnti bancari ha potuto rilevare il sistematico trasferimento di denaro verso questa società, con causali poco credibili - «saldo credito», «richiesta certificati e disbrigo pratiche» - ma senza che sia stata emessa alcuna fattura. Secondo le verifiche, la società è un collettore di soldi sporchi. Al punto che i capitali - per milioni di euro - sono immediatamente trasferiti su ulteriori conti correnti bancari soprattutto in Germania e Lituania, ma operazioni hanno riguardato anche istituti estoni e sloveni.
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Da euro a Bitcoin a yuan È attraverso questi conti tedeschi e lituani che inizia un vorticoso acquisto di criptovalute (Bitcoin, Chainlink, Dai, Ethereum, Ripple e Tether Usd) da Exchange extra Ue, che poi passano in diversi E-wallet (portafogli elettronici) sempre fuori dai confini europei, con lo scopo di nascondere l'intera operazione di riciclaggio del denaro ricavato in Italia e sottratto al fisco. Eppure, un ulteriore passaggio finale fa supporre che il tutto abbia soprattutto lo scopo di trasferire il denaro in Cina. L'accertamento sui documenti finanziari, ricavati con rogatorie internazionali, ha dimostrato che le criptovalute acquistate con gli euro sono poi trasformate in yuan. Il destino di questi soldi non è chiaro, ma l'ipotesi concreta è che finiscano ad alimentare il sistema finanziario cinese.
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