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    QUAL È IL RISCHIO DI REINFETTARSI CON LA NUOVA VARIANTE DI OMICRON? - CON LE VARIANTI PRE-OMICRON LE REINFEZIONI TOTALI ERANO INTORNO ALL'1% DEI CASI, MENTRE CON LA VARIANTE ORA IN CIRCOLAZIONE SI È ARRIVATI AL 3% - L'IMMUNOLOGO MARIO CLERICI "LA RISPOSTA IMMUNE È SU BASE GENETICA E CIASCUNO DI NOI È UNICO IN QUESTO SENSO" - "MOLTE PERSONE ORA SI STANNO CONTAGIANDO CON OMICRON, PUR ESSENDO VACCINATE, PERCHÉ TUTTI I VACCINI IN USO SI BASANO SUL VIRUS WUHAN CHE CIRCOLAVA DUE ANNI FA IN CINA…"


     
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    Silvia Turin per il “Corriere della Sera”

     

    Prendere due (o più volte) il Covid è raro ma possibile: è più facile se non si è vaccinati, se si è stati vaccinati da tanto e se ci si è ammalati da mesi (magari con una variante diversa da Omicron). Secondo l'ultimo bollettino di sorveglianza dell'Istituto superiore di sanità, i casi di reinfezione fino al 16 marzo sono stati 264.634, pari al 3% del totale. Nell'ultima settimana, la loro percentuale è stata del 3,2%, stabile. Si considerano automaticamente «reinfezioni» i casi di persone tornate positive 90 giorni dalla prima diagnosi.

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    Con le varianti pre-Omicron le reinfezioni totali erano intorno all'1% dei casi. Ma a partire da dicembre (mese di inizio della diffusione di Omicron in Italia), la percentuale è gradualmente salita al 3. Una delle variabili da cui dipende il rischio di reinfezioni è proprio l'alta contagiosità di Omicron. Le altre riguardano quale vaccino si sia fatto, quale richiamo, con quale variante ci si sia infettati la prima volta, come reagisce l'organismo, quali altre malattie si abbiano.

     

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    Tutti questi fattori determinano percentuali di probabilità di ricontagio totalmente diverse da persona a persona. «Ciascuna variante cerca di eludere gli anticorpi e molte persone ora si stanno contagiando con Omicron, pur essendo vaccinate, perché tutti i vaccini in uso si basano sul virus Wuhan che circolava due anni fa in Cina», spiega Mario Clerici, immunologo dell'Università Statale di Milano. Gli anticorpi prodotti da una variante possono non riconoscere ceppi diversi: ogni lignaggio, infatti, ha caratteristiche proprie.

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    Ecco perché le infezioni pre-Omicron danno una minore immunizzazione contro Omicron. Chi avesse fatto il Covid con Delta, oppure nella prima ondata, se non vaccinato si troverebbe ora «sguarnito»; ma anche chi fosse vaccinato (a lungo andare) avrebbe una protezione calante, perché l'efficacia vaccinale in media cala dopo tre-quattro mesi rispetto alle infezioni (ma rimane alta contro il rischio di ospedalizzazione e morte).

     

    Altro fattore in gioco da qualche settimana è l'arrivo in Italia di Omicron 2 (o BA.2): a sua volta il 30% più contagiosa di Omicron 1. Sono stati documentati casi di reinfezione anche tra BA.2 e Omicron 1 piuttosto ravvicinati nel tempo, ma l'Organizzazione mondiale della Sanità ha affermato che si tratta di eventi rari.

    OMICRON COVID OMICRON COVID

     

    Può influire sulle reinfezioni anche quanti anticorpi le varianti riescono a far produrre alla persona che poi guarisce: uno studio appena pubblicato (il 17 marzo) sulla rivista scientifica CELL mostra che le reinfezioni di Omicron inducono una risposta anticorpale minore di un decimo rispetto a quanto faceva Delta e minore di un terzo di quanto faccia un richiamo di un vaccino, ma sono dati ricavati da studi in vitro, non del tutto applicabili alla realtà.

     

    LABORATORIO DI ANALISI COVID LABORATORIO DI ANALISI COVID

     Infine, molte ricerche hanno indagato sulle caratteristiche genetiche che influenzano la suscettibilità al SARS-CoV-2: esistono individui maggiormente attaccabili dai virus? «Certo, perché la potenza della risposta immune è su base genetica e ciascuno di noi è unico in questo senso - conferma Clerici -. Questa suscettibilità, anche se non si può generalizzare, di solito vale per tutti i virus».

     

    Ci sono anche persone in cui i vaccini non producono anticorpi, i cosiddetti «fragili»: per le probabilità di reinfezione contano anche le malattie di cui si soffre? «Ovviamente un paziente immunosoppresso non risponderà bene e sarà più suscettibile, ma ognuno fa caso a sé», conclude Clerici. Intanto sono ancora in aumento i nuovi positivi in Italia: ieri sono stati in tutto 60.415 con 93 decessi segnalati.

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    I ricoveri ordinari sono saliti (rispetto al giorno precedente) con +111 posti letto occupati e sono scesi, invece, in terapia intensiva (-4). Il tasso di positività è sempre in salita e si registrava ieri al 16,3% (come quello di metà gennaio).

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