Francesco Manacorda per “la Repubblica - Affari & Finanza”
Paolo Savona
Che fine ha fatto la Consob? A seguire il dibattito pubblico di queste settimane, la domanda è legittima. Il laghetto della finanza italiana è agitato da onde che si infrangono su Generali, Tim, Unicredit e altre banche, e l'autorità di vigilanza sulla Borsa è - o appare - silente.
Un'interpretazione forse meno superficiale è però che da una parte la Commissione di vigilanza sulla Borsa venga oggi chiamata in causa anche in modo improprio da chi si contende pezzi importanti del sistema finanziario nazionale; dall'altra che la stessa Consob sia oggi - per quel che riguarda il collegio composto da quattro commissari e dal presidente Paolo Savona - un'autorità tutt' altro che coesa, un coro che sulla carta può contare su molte voci diverse, ma che nella sostanza rischia spesso qualche stecca, o per l'appunto il silenzio.
francesco gaetano caltagirone
I casi sono noti. Sulla vicenda Generali Consob è stata chiamata in causa prima di tutto da Francesco Gaetano Caltagirone, che le ha chiesto di pronunciarsi sulla legittimità di una lista per il nuovo cda presentata dal consiglio uscente.
Donnet Caltagirone Del Vecchio
La vicenda è andata per le lunghe, anzi per le lunghissime, e alla fine la Consob è arrivata a una conclusione per la quale forse non sarebbero serviti gli eserciti di avvocati in campo: se in Italia oltre 50 società hanno adottato nel loro statuto la possibilità di avere la lista del cda e di queste 11 l'hanno effettivamente presentata e se lo stesso Caltagirone - da vicepresidente delle Generali - ha votato in consiglio nel 2020 per il cambio dello statuto e poi lo ha approvato da azionista, resta qualche dubbio che si tratti di una prassi consolidata?
francesco gaetano caltagirone philippe donnet
La risposta breve, sotto forma di un "richiamo di attenzione", è stata che il cda di Generali può presentare la sua lista, anche se nell'occasione sono state introdotte alcune indicazioni alle società quotate che potranno migliorare la trasparenza delle loro comunicazioni. Non miglior fortuna sembra aver avuto il fronte avverso a quello di Caltagirone, ossia oggi come oggi lo stesso management delle Generali.
Paolo Savona
Da Trieste, dopo aver ampiamente e irritualmente fatto trapelare la notizia, è stata presentata alla Consob una semplice segnalazione (non un esposto) sugli acquisti di titoli Generali effettuati nel tempo dallo stesso Caltagirone, da Del Vecchio e dalla Fondazione Crt, fino a qualche settimana fa uniti in un patto di consultazione da cui ora l'imprenditore romano si è tirato fuori. Ma per Consob non si tratterebbe di nulla di nuovo rispetto a quanto è già noto.
Andrea Orcel
Il caso Tim riguarda la mezza presentazione di una mezza intenzione di offerta sulla società da parte del fondo Usa Kkr, che il consiglio della stessa Tim ha deciso di rendere nota al mercato. Negli uffici della Commissione non sono convinti che sia loro dovere o diritto chiedere ulteriori informazioni. Anche sulle banche qualche sussulto, specie dopo alcuni "boatos" su un interesse di Unicredit per Banco-Bpm: in quel caso movimenti fortissimi sui titoli e puntuali appelli alla Consob perché li sospendesse dalle negoziazioni; peccato che dal 1998 il potere di sospensione sia di Borsa Italiana e non della Commissione. Insomma, nel rivolgersi alla Consob c'è talvolta una buona dose di strumentalizzazione o di pressapochismo.
PAOLO SAVONA CARLO AZEGLIO CIAMPI
Ma il problema, come sempre, può essere anche nelle persone. Oggi il vertice della Commissione può essere letto come una significativa stratigrafia del potere politico italiano e delle sue più recenti convulsioni. Alla presidenza Savona, designato esattamente tre anni fa dal governo Conte I, dunque dalla maggioranza M5S-Lega, per consentirgli un'onorevole via d'uscita dal ruolo di ministro agli Affari europei dello stesso esecutivo dopo soli pochi mesi dall'insediamento del governo e dopo che il presidente della Repubblica aveva bloccato la sua nomina a ministro dell'Economia.
Paolo Ciocca
C'è il rischio, dunque, che Savona consideri la presidenza della Consob non come un punto d'arrivo, ma come un ripiego rispetto ad altre e più incisive cariche che riteneva di meritare. Se si va a scavare nelle nomine precedenti a quella di Savona, si incontrano poi procedendo a ritroso due altri nomi. Il primo è quello di Paolo Ciocca, esperto di diritto fiscale e con una lunga carriera da alto dirigente pubblico, che fu designato nel 2018 dal governo Gentiloni.
Più indietro c'è Giuseppe Maria Berruti, magistrato di grande esperienza, proposto per la nomina in Consob nel 2016 da Matteo Renzi quando era a capo del governo. A Berruti, Renzi avrebbe anche prospettato a lungo negli anni passati una promozione a presidente della Commissione di Borsa, che però non è mai arrivata.
GIUSEPPE MARIA BERRUTI
È a uno dei due o a entrambi i commissari arrivati prima di lui che il presidente alludeva polemicamente un mese fa con un affilato tweet in cui parlava della «vecchia Consob che tiene in ostaggio Savona»? Conferme ufficiali non ce ne sono, ma se l'aggettivo è da intendersi come puramente cronologico, allora paiono esserci pochi dubbi sul bersaglio di Savona e sulle tensioni interne.
MARIO DRAGHI PAOLO SAVONA
Se invece si torna a tempi più recenti si incontrano i due commissari, freschi di nomina, che Mario Draghi ha voluto senza esitazioni in quel ruolo negli ultimi mesi: in agosto è entrata in Commissione Chiara Mosca, associata di diritto commerciale alla Bocconi e allieva di Piergaetano Marchetti; questo mese la nomina è arrivata per Carlo Comporti, una carriera nelle istituzioni di regolamentazione finanziaria europee prima e nel settore privato poi. Voci nuove e tecnicamente preparate fuori ogni dubbio. Chissà solo se saranno abbastanza forti da farsi sentire nella cacofonia che spesso sembra regnare sulla Commissione.
MARIO NAVA PAOLO CIOCCA