Marcello Sorgi per "la Stampa"
matteo salvini giuseppe conte
No, non deve impressionare più di tanto il gran da fare sul ritorno al proporzionale che si stanno dando i partiti usciti malconci dalla corsa per il Quirinale. Non è la prima volta, anzi negli ultimi anni è già accaduto.
Quando il livello di rapporti tra alleati nel centrosinistra e nel centrodestra si deteriora, al punto da considerare impossibile proseguire con coalizioni nate ormai quasi trent' anni fa, i leader delle diverse formazioni cominciano, o riprendono a parlare del sistema elettorale in voga ai tempi della Prima Repubblica: votare per i partiti, e non per gli schieramenti, e lasciare che i governi si formino in Parlamento, non che siano scelti dagli elettori.
DRAGHI DI MAIO
Il paradosso di questo recupero già annunciato - e finora mai realizzato - è che i leader che ne parlano, escluso Berlusconi, appartengono a una generazione che non ha mai sperimentato il proporzionale. Erano ragazzi, o addirittura bambini, nel '93, quando fu archiviato dal referendum di Segni che introdusse il maggioritario. E tuttavia, pur di non dover più passare le loro giornate a trattare con gli alleati, non vedono l'ora di presentarsi singolarmente davanti agli elettori.
BERLUSCONI MELONI 3
I quali, almeno in una prima fase, si ritroverebbero a votare con il proporzionale per le elezioni politiche, tornando al maggioritario per le amministrative e le regionali. Un bel pasticcio. Motivato anche dalla diffidenza lasciata dalla lunga e sterile trattativa sulle candidature per il Colle. Esempi: Conte che tradisce Letta e cerca di recuperare l'asse gialloverde con Salvini. Berlusconi che si vendica dell'accantonamento del proprio nome e si rende disponibile per il nuovo agglomerato centrista aperto anche a Renzi e favorito, appunto, dal ritorno al proporzionale.
enrico letta
Ma l'obiettivo vero della cancellazione delle coalizioni è spingere Meloni, già sola o quasi sola all'opposizione, a restarci, anche se emarginarla, come s' è visto, costa molto in termini di voti. Resta ancora da capire quale sarebbe la maggioranza parlamentare destinata a reintrodurre il proporzionale in un Parlamento in cui - ed è l'altra lezione dell'avventurosa settimana quirinalizia - le maggioranze non esistono più. Si comincia a capire che toccherebbe al governo occuparsene, ponendo la fiducia. Chissà se Draghi ne ha voglia.