Simone Fanti per oggi.it
Alda Merini
Dietro la porta di una villetta dimessa si apre una wunderkammer, una camera delle meraviglie, di ricordi dove aleggia lo spirito di Alda Merini. È la sede della casa editrice PulcinoElefante. Il copyright è della Merini, amica e musa dell’editore-poeta, già liutaio, scenografo, violinista e tipografo Alberto Casiraghy (la y è un vezzo).
Corporatura minuta, barba incolta, cappelli stravaganti, ci introduce al suo laboratorio tra pile di fogli, libri, ninnoli in equilibrio precario, e ancora quadretti, foto, dediche, schizzi, antichi strumenti, animali antropomorfi e un violino. In mezzo, quasi sommersa, la vecchia “ragazza”, una macchina da stampa a caratteri mobili. Qui Alda dei Navigli ha messo il piede due volte, mentre lui, Alberto, stampatore alla Gutenberg, era di casa dalla poetessa. È stato l’editore dei suoi aforismi per quasi 20 anni fino al primo novembre del 2009, data della scomparsa.
LAURA MORANTE ALDA MERINI
Come l’ha conosciuta?
«Mi interessa più la poesia delle poesie. Le poesie vanno, la poesia della vita resta. E la vita-poesia di quella donna mi attraeva. Un giorno mi imbatto in un suo aforisma: “Il poeta ostinato a essere felice, chiama gli Unni a distruggergli la casa”. Lo stampo su una carta tedesca fatta a mano e mi presento a casa sua. Le sono piaciuto... così così».
In che senso?
«Lavoravo a Milano come scenografo. E ho iniziato a frequentare casa sua. Lei per capire se si poteva fidare, metteva 5 mila lire sul comodino per vedere se gliele rubavo».
LAURA MORANTE ALDA MERINI
(...)
Ma chi era Alda Merini?
«Era anche una donna difficile. Per starle accanto bisognava volerle bene. Era piena di abissi. Era Mozart, aveva una velocità di pensiero che le permetteva di dettare una poesia di getto. E dopo cinque minuti la vedevi su tutte le furie perché il portinaio aveva spostato di un millimetro la pattumiera».
Che rapporto avevate?
«Mi chiamava 80 volte al giorno. Dalle 6 della mattina fino alle 8 o 9 di sera. Prima di tutto mi sgridava subito anche senza motivo e in pochi secondi cambiava registro e diceva cose affettuosissime. Poi iniziava a dettare con una creatività senza confini. Un giorno un amico mi chiese se poteva chiedere ad Alda una poesia su suo padre che faceva il falegname. Gli chiesi dei dettagli e li riportai alla Merini che seduta stante mi declamò la poesia. Riusciva a entrare dentro le persone attraverso i racconti».
lucio dalla e alda merini
Ha pubblicato 1.300 titoli firmati dalla Merini.
«E altrettanti potrei pubblicarne. Ogni tanto da una catasta di libri spunta un foglietto con un suo pensiero appuntato a mano. Recentemente ne ho trovato uno che diceva: “A volte invoco un elettroshock per dimenticare i cretini”».
Il mondo di Alda era nella realtà?
«Era uno di quegli esseri fuori dal tempo. Quando l’ho conosciuta, c’era stato l’attentato a Falcone e lei era rimasta sconvolta. Pensava che fosse stato il portinaio a ucciderlo per punire lei. Vaneggiava. Poi mi ha dettato una poesia su Giovanni Falcone. Meravigliosa. Idem quando è sparita la figlia di Al Bano, Ylenia Carrisi. Pensava che fosse colpa sua».
Si ricorda gli ultimi giorni prima della morte?
«Ero uno delle 5 o 6 persone che poteva andare a trovarla in ospedale. Era serena. Non aveva paura né della morte né del dolore. Non si lamentava mai».
Stampa 30 copie di ogni libro e un terzo va all’autore. Dove sono quelli della Merini?
alda merini by guido harari
«Li usava come oggetti di piccolo baratto. Il suo farmacista ne aveva 405. Dava un libretto con dedica in cambio anche del cappuccino. Dopo la morte mi chiamò il barista del Charlie: “Ho 500 libri della Merini però adesso sono vecchio e vado in una casa di riposo, li vuole?”. Alla fin fine eravamo simili».
In che senso?
«Ho stampato 11.300 titoli in 45 anni sulla “mia ragazza”(la macchina a caratteri mobili, ndr) Ma conta poco perché la stampa è solo il risultato di un’esperienza antropologica. I libri nascono da un incontro. Come accadeva per le poesie di Alda Merini».
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