Estratto dell’articolo di Francesco Verderami per il Corriere della Sera
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Se il telefono di Arcore squilla ancora è perché lì si è fermato Gianni Letta. Non è mai stato un ospite assiduo della residenza berlusconiana: quando la villa era la capitale dell’impero, sostava giusto il necessario per parlare con il Cavaliere. Poi tornava a Roma. Pensava che il rito si sarebbe protratto nel tempo, «almeno fino all’anno prossimo», perché così avevano detto i dottori spiegando il decorso della malattia di Silvio Berlusconi: «Invece è successo quello che nessuno di noi si aspettava».
Perciò ha deciso di restare ad Arcore, per condividere «questo grande dolore» con i figli del patriarca e aiutarli in un passaggio che si preannuncia complicato. In tutti i sensi. Così ha partecipato con loro alla messa privata di suffragio. Ha osservato il modo in cui Pier Silvio si è rivolto al fratello e alle sorelle. E ha ascoltato la loro promessa di «proseguire uniti il lavoro di papà per rendere omaggio alla sua memoria». Poi, insieme a Fedele Confalonieri, si è adoperato per le esequie: uno ha presidiato per un giorno intero la prefettura di Milano, l’altro si è adoperato nei contatti con il Quirinale per il funerale di Stato.
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«Chiamo io», ha detto Letta, con un tono che ha rassicurato i familiari, travolti dall’emozione. Da giorni quel «chiamo io» si ripete, perché ci sono da disbrigare anche altre faccende. «La vecchia guardia è un bastone al quale i figli di Berlusconi sanno di potersi appoggiare», raccontano dai vertici del Biscione: «E Gianni riveste un ruolo centrale. In lui è riposta grande fiducia». Quello che faceva per il padre continuerà a farlo per i figli, sfruttando le sue relazioni nei palazzi del potere capitolino. Aprendo porte che nessuno di loro a Roma ha mai varcato.
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Inoltre, l’uomo che non ha mai avuto la tessera di Forza Italia da oggi dovrà occuparsi più direttamente anche della creatura politica di Berlusconi, garantendo un atterraggio morbido quando verrà il momento. Ieri si è sentito con Antonio Tajani: c’è da preparare la lunga marcia verso le Europee dell’anno prossimo e bisognerà decidere come affrontarle. Un paio di giorni prima di peggiorare, il Cavaliere aveva dettato la «carta valoriale» degli azzurri in vista delle elezioni e aveva chiamato «Gianni» per sollecitargli dei suggerimenti.
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Adesso nell’agenda di Letta la sua segretaria ha appuntato una serie di chiamate: sono i leader centristi che vorrebbero parlargli per capire se c’è l'intenzione di unire le forze in un’unica lista che si richiami al Partito popolare. «Sono momenti difficili», riconoscono esponenti forzisti.
A breve si capirà se gli eredi del Cavaliere decideranno di far presentare Forza Italia alle urne da sola. Giorgia Meloni ha assicurato che non intende lanciare un’Opa sul partito e nei territori ha dato ordine ai dirigenti di Fdi di non accogliere azzurri che volessero trasferirsi. Raccontano che in questi giorni i figli di Berlusconi si siano espressi sulle questioni politiche «in modo appropriato». Ma come dice una personalità del centrodestra, «tutti, anche i grandi leader, hanno bisogno di una personale Cassazione». Hanno bisogno cioè di qualcuno a cui affidarsi prima di dire l’ultima parola. Uno come Gianni Letta.
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