''¿Yo me puedo considerar afortunado o desgraciado? Yo me considero afortunado, muy afortunado. Mi hija Xana vino a vivir con nosotros 9 años maravillosos''. #LuisEnrique pic.twitter.com/rlb6pXCXnU
— Fútbol en Movistar Plus+ (@MovistarFutbol) October 14, 2024
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El Paìs analizza la docuserie su Luis Enrique, concentrandosj sull’aspetto più intimo che vien fuori. Un’opera che lo stesso Manuel Jabois definisce “tesa e felice fino dai suoi minuti finali”. Trasmette un “Luis Enrique che è oggi fatto, come tutti, delle sue esperienze”. Ma il pugno nello stomaco è quel finale dedicato alla morte della figlia. Xana morì a nove anni nel 2019, di osteosarcoma, un tumore osseo aggressivo e raro. “Rimise tutto in prospettiva: il calcio, che è un gioco, prima di tutto; la vita, che fondamentalmente non lo è”.
“C’è un messaggio profondo che Luis Enrique Sr. dà nei minuti finali del documentario e che ha a che fare con una filosofia che può essere condivisa o meno, ma quanto è bello poterlo fare. È un modo di affrontare la morte, come una disgrazia – così è inevitabile – o come una disgrazia che finisce per aiutarci; una disgrazia, anche se lo è, da cui trarre lezioni di vita. C’è sempre un’alternativa per non subire la morte di un figlio: non averne uno. I nove anni di Xana, gli X anni di ogni ragazzo morto tra le sofferenze dei suoi genitori e dei suoi amici, sono in qualche modo un dono”.
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“La morte è merda (scusate: merda), e la morte di un bambino è quella merda presentata nel modo più crudele e stupido, la sofferenza più dura e inutile del mondo concentrata sulle persone più deboli e vulnerabili. Realizzare, attraverso il dolore e le lacrime, che la morte di Xana sia una fonte di energia in più, un modo di essere al mondo che implica che che Xana è passata di qui, a partire dalla Fondazione Xana e passando per i suoi genitori e fratelli, è una lezione bella e vibrante non solo per i sopravvissuti ma per coloro che hanno imparato a gestire il dolore capovolgendolo, e da lì la figura e il documentario di Luis Enrique vengono compresi meglio, completamente compresi. Immagini qualcuno – difficile – che vuole farti del male, o qualcuno in una redazione che pensa “domani faremo un pasticcio”, e questo produce solo tenerezza. Non ne abbiamo davvero la minima idea, e spero che non lo avremo mai”.
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