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    QUANDO TI CHIEDEVANO: "CHE FAI?" E RISPONDEVI "LA TV", FACEVANO SPALLUCCE” – LA GRANDE VITTORIA DI STEFANO SOLLIMA, IL PIONIERE CHE NON HA MAI SNOBBATO LA TV E SI È PORTATO A CASA IL NASTRO D'ARGENTO PER “ZEROZEROZERO”: “HO INIZIATO COME CAMERAMAN SUI SET DI MIO PADRE. MI PAGAVO L'AFFITTO. POI HO FATTO PUBBLICITÀ E CORTOMETRAGGI" - "QUANDO PENSAVAMO ALLA SERIE CI GUARDAVANO COME MATTI. HO FATTO PARTE DI UNA PICCOLA RIVOLUZIONE E…" - VIDEO


     
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    Silvia Fumarola per “la Repubblica”

     

    stefano sollima stefano sollima

    Stefano Sollima è stato un pioniere: non ha mai snobbato la tv. Vincitore del Nastro d'argento per la serialità internazionale con ZeroZeroZero , la serie di Sky dal libro di Roberto Saviano, è uno dei protagonisti dei premi assegnati a Napoli dal Sindacato dei giornalisti cinematografici con la Film commission Campania: con lui Saverio Costanzo ( L'amica geniale ), Luca Guadagnino ( We are who we are) , Paolo Sorrentino ( The new Pope ) e Marco D'Amore ( Gomorra ).

     

    Titoli che hanno conquistato il mondo e hanno fatto conoscere lo stile italiano del racconto. «Era ora che ci fosse un premio anche per le serie», dice Sollima che ringrazia il "padre putativo", il produttore Riccardo Tozzi, «abbastanza matto e perseverante».

     

    zerozerozero sollima zerozerozero sollima

    Cinquantacinque anni, innamorato fin da ragazzino dei set - dove seguiva il padre Sergio, mitico regista di Sandokan - ha firmato la serie Romanzo criminale , costruito il fenomeno tv Gomorra , diretto il film Suburra (da cui è stata tratta la serie).

     

    Che significa questo Nastro?

    «Significa molto, è importante che venga riconosciuto il lavoro che stiamo facendo per portare all'estero un po' della nostra cultura e del nostro artigianato. Siamo usciti dall'angolo».

     

    Come ha cominciato?

    stefano sollima stefano sollima

    «Come cameraman sui set di mio padre. Mi pagavo l'affitto. Poi ho fatto la pubblicità e i cortometraggi, ma andavo a Venezia e a Cannes. Ero colpito dai lavori televisivi americani che avevano una visione cinematografica, una cura estrema nella messinscena, si azzerava la differenza tra grande e piccolo schermo. La nostra serialità era molto raccontata nei personaggi, ristretta sui primi piani».

     

    La differenza era il modo di raccontare?

    «In Italia tendevano a edulcorare e semplificare, ma sentivo che la tv sarebbe diventata rilevante nel nostro mondo. Quindi sono andato a imparare dove si faceva a livello industrialmente elevatissimo, il set di Un posto al sole . Mi sono avvicinato alla tv senza snobismo».

    zerozerozero zerozerozero

     

    C'era una divisione netta tra chi lavorava per la tv e per il cinema?

    «Chi faceva tv era figlio di un figlio di minore. Quando ti chiedevano: "Che fai?" e rispondevi "la tv", facevano spallucce. Da regista ho provato ad applicare quello che avevo imparato da spettatore guardando le grandi serie americane, a trasporre una visione. Non mi considero un pioniere ma ho seguito un obiettivo: fare le cose col nostro stile, non dando per scontato il prodotto televisivo».

     

    La differenza è la cura?

    stefano sollima stefano sollima

    «Sempre. Quando Michele Placido, bravissimo, ha diretto Romanzo criminale , ha riunito i migliori attori in circolazione. Quando pensavamo alla serie ci guardavano come matti. Invece abbiamo cercato nuovi talenti, approfondito i personaggi, cosa impossibile da fare al cinema. Sono stati bravi Cattleya e Sky a darmi la libertà di mettere insieme un cast che era una scommessa. Sono fortunato, ho fatto parte di una piccola rivoluzione che era in atto anche dal punto di vista industriale».

     

    Il salto è stato creare un'industria competitiva?

    «Certo, ti devono dare i mezzi per poter fare le cose: non basta il talento del singolo. I talenti creativi del nostro Paese sono meritevoli di attenzione anche all'estero, non devono ripiegarsi su se stessi ma avere gli strumenti per dire la loro. Non abbiamo ancora fatto tutto quello che sappiamo di poter fare, servono progetti internazionali per attirare risorse. Nessuno inventa nulla, è quello che facevano i nostri padri negli anni 70 e 80».

    STEFANO SOLLIMA SUL SET DI GOMORRA LA SERIE STEFANO SOLLIMA SUL SET DI GOMORRA LA SERIE

     

    In "Gomorra - La serie" la lingua ha segnato il cambiamento?

    «Siamo andati contro i cliché autoimposti, era un prodotto destinato al "largo pubblico" sempre immaginato come un'entità astratta, non in grado di leggere il dettaglio. Non è così. Abbiamo fatto scelte che andavano contro il buonsenso: il realismo estremo prevedeva il dialetto, anche se meno comprensibile ai più. Poi andava raccontato un mondo così com' è, senza un personaggio positivo che facesse da filtro. Il successo ci ha confortato. Ma serve onestà intellettuale».

     

    michael b jordan stefano sollima senza rimorso michael b jordan stefano sollima senza rimorso

    La sua serie preferita, tra quelle che ha diretto?

    «Sono tutte diverse, fanno parte di un processo di evoluzione e affinamento, con l'occhio di oggi è difficilissimo valutare. La migliore sarà la prossima che faccio».

     

     Ha già un progetto?

    «Diversi, ma è prematuro parlarne».

    SUBURRA - STEFANO SOLLIMA SUBURRA - STEFANO SOLLIMA

     

    Riaprono i cinema: è ottimista?

    «Penso che la prima parte dell'inverno bisognerà tenere duro, usciranno tanti film nelle sale con capacità dimezzata. Però è come il dopoguerra, da qualche parte si deve cominciare. Non bisogna farsi scoraggiare dai risultati dei singoli titoli. Ho fatto la tv e girato film, il cinema è cinema, le sale devono tornare a vivere».

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