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    "QUANDO TI METTERAI A LAVORARE?" - LA DONNA UCCISA A PUGNI IN BRIANZA VOLEVA SOLO SPINGERE IL FIGLIO FANNULLONE, 23 ANNI, A TROVARSI UN IMPIEGO INVECE DI VIVERE DELLA SUA MANCETTA: MA QUELLO HA PERSO LA TESTA E L'HA MASSACRATA DOPO UNA LITE FURIBONDA - POI HA CHIAMATO IL 112 CONFESSANDO IL DELITTO: "VENITE, HO FATTO DEL MALE A MIA MADRE"


     
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    Nino Materi per “il Giornale

     

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    La domanda, forse, era diventata un'ossessione: «Quando ti metterai a lavorare?». Ma dietro il punto interrogativo Davide sentiva la risposta, implicita, della madre: «Mai!». Con tanto di punto esclamativo.

     

    Una «certezza» che, per quel ragazzo di 23 anni «taciturno» e «introverso», era la «prova» della disistima che la madre provava nei suoi confronti. Ma non era così. Quella frase, detta e ripetuta, era solo la spia accesa dell'interessamento, a fin di bene, tipico dei genitori che vogliono vedere realizzati i propri ragazzi.

     

     

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    Ma Davide questo senso di affetto della madre lo aveva frainteso: si sentiva umiliato da una frase che, alle sue orecchie, risuonava come l'eco del fallimento. E allora Davide ha perso la testa.

     

    Ha colpito con un pugno la madre e poi non si è fermato più. Neppure quando la donna è caduta a terra, implorandolo di smettere. Ma ormai Davide era diventato un altro. Un mostro che nulla aveva più a che fare con il «bravo ragazzo» conosciuto da tutti.

     

    L'obiettivo di quell'«altro» Davide era solo uno: far tacere per sempre la madre; distruggendo lo specchio che rifletteva un «se stesso» che detestava: studi abbandonati, un lavoro cercato ma mai trovato, una paghetta mensile che aveva il gusto amaro di un'elemosina fatta da una madre a un bambino.

     

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    Ma quel «bambino» era ormai un uomo. E un a un uomo non può essere riservato il trattamento di un bimbo. Per questo Davide è «impazzito». Ha massacrato a calci e pugni la donna che lo aveva messo al mondo, e poi ha chiamato i carabinieri: «Venite, ho fatto del male a mia madre».

     

    L'aveva ammazzata, pur amandola. Perché un figlio ama sempre la madre, così come una madre ama sempre un figlio. È un sentimento incancellabile. Primordiale.

     

    Anche se può accadere che il tutto finisca in un omicidio. Esattamente ciò che è capitato a Davide Andrea Garzia, trasformatosi nell'assassino della madre, Fabiola Colnaghi, 58 anni.

     

    omicidio ad aicurzio omicidio ad aicurzio

    La tragedia alle le 12.30 di ieri al civico 6 del condominio di via della Vittoria ad Aicurzio, comune del Vimercatese in provincia di Monza. Il dramma riassunto nelle sei angoscianti parole del referto medico: «Uccisa a botte, calci e pugni»; i carabinieri aggiungono: «Il figlio ha continuato a infierire anche quando la madre era a terra».

     

    La causa dell'aggressione? Gli inquirenti la stanno cercando, interrogando parenti e conoscenti. Ovviamente nessuno poteva prevedere una sciagura di queste proporzioni; che un «rapporto complesso» madre-figlio finisse nel sangue era inimmaginabile.

     

    In questi casi si parla sempre di «segni premonitori», ma la situazione psicologica del 23enne non aveva mai dato imput allarmanti. Non faceva uso di droga.

    Portato in caserma, il 23enne non è stato ancora in grado di spiegare l'inspiegabile. È in una sorta di stato catatonico.

     

    aicurzio aicurzio

    Oggi il pm della Procura di Monza tenterà di interrogarlo, scontata la conferma dello stato di fermo con l'accusa di omicidio volontario.

     

    Quando Andrea ha chiamato il 112 è rimasto in linea con l'operatore fino all'arrivo dei militari. I carabinieri lo hanno trovato in silenzio, con gli occhi bassi a fissare il corpo della madre ormai senza vita. In pochi minuti l'appartamento si è riempito di uomini in tuta bianca per i rilievi.

     

    Andrea era il terzo di tre figli. Il padre morto anni fa. Una famiglia agiata, per bene, che in paese stimavano tutti. Fabiola Colnaghi, casalinga, viveva in via della Vittoria ad Aicurzio con il compagno e il più giovane dei suoi ragazzi, Davide: celibe, incensurato, disoccupato. «Un ragazzo schivo, litigava spesso con la madre per via del lavoro», ricordano i vicini.

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