gigi proietti
Fulvia Caprara per “La Stampa”
Il primo applauso, racconta la sorella Anna Maria, «lo ha preso a 3 anni, quando, nella notte di Natale, ha recitato una poesia sui gradini dell'altare. La gente applaudiva, lui prese coraggio, e continuava a ringraziare».
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In casa Proietti, prima a Via Giulia, nel cuore antico di Roma, e poi nel quartiere popolare del Tufello, l'umorismo era pane quotidiano, ma per suo figlio, il capofamiglia Romano aveva sognato un futuro diverso, da avvocato: «Mio padre voleva che studiasse, lo ostacolava, Gigi non diceva che avrebbe fatto tutt' altro, ma di fatto lo faceva». A un anno dalla scomparsa, quel 2 novembre della morte e della nascita («l'ultima mandrakata», era stato scritto), Gigi Proietti è presente come se non se ne fosse mai andato.
luigi proietti detto gigi
Ogni sua entrata in scena provoca interesse e annuncia successo, che si tratti del documentario di Edoardo Leo Luigi Proietti detto Gigi, presentato alla Festa di Roma, o del film di Edoardo Falcone Io sono Babbo Natale, da mercoledì in sala. Merito di quella che Leo definisce «innata e coltivata capacità di parlare a tutti, realisti e surrealisti, colti e ignoranti». Nutrita dalla consapevolezza che «la comicità nasca dal conflitto degli opposti».
gigi proietti
Lui, Proietti, quegli opposti li aveva percorsi in lungo e in largo, dal teatro d'avanguardia ai night-club, dal doppiaggio (Gatto Silvestro, ma anche Donald Sutherland e Marlon Brando) alla collaborazione con Tinto Brass che lo volle per L'urlo e Drop out, dalla presa in giro dei cantanti country all'incontro con Fellini con cui, dice lui stesso, «ci siamo abbastanza capiti».
gigi proietti io sono babbo natale
Indagare il fenomeno di A me gli occhi, please, spiega Edoardo Leo, era il punto di partenza del documentario, poi la sua morte ha cambiato tutto: «Mi sono ritrovato in un film dove era necessario non solo ripercorrere la vita di Gigi, ma scoprire il segreto di un eroe dello spettacolo che, per più di mezzo secolo, ha unito comicità e poesia, alto e basso, pancia e sperimentazione».
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Una capacità che era stata oggetto di critiche e crucci inevitabili. Capitò a Proietti, e come lui ad altri, spiega Nicola Piovani, di «soffrire per non essere abbastanza riconosciuti e stimati dall'intellighenzia. Questo equivoco per me ha un connotato lessicale preciso: risale al momento in cui, al posto della parola arte, si è messa la parola cultura, due cose importanti, ma distinte».
L'exploit in Alleluia brava gente, il passaggio dal teatro di ricerca alla commedia musicale, provoca reazioni scandalizzate: «Mi trovai spiazzato - ricorda Gigi - come un pesce fuor d'acqua. Da una parte il successo clamoroso la sera in teatro, dall'altra i miei vecchi amici e compagni di strada che mi guardavano con sarcasmo e sospetto, come si guarda un traditore, come se fossi Coriolano, uno che era passato al nemico».
gigi proietti
Su quel dualismo, sulla scelta di superarlo andando incontro all'amore degli spettatori, Proietti ha costruito il suo monumento: «Ha accontentato - dice Arbore - tutti i tipi di pubblico». E ha creato una schiera di seguaci, ammiratori, amici: «Avevo 5-6 anni - ricorda Paola Cortellesi - quando in macchina con mio padre ascoltavamo l'audiocassetta di A me gli occhi, please».
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Per Alessandro Gassmann, che lo ha diretto nel Premio, Proietti è un pezzo di famiglia: «Mio padre lo definiva una macchina teatrale perfetta». Il personaggio del Premio rievoca quello di Vittorio Gassmann: «Quando gliel'ho affidato, gli ho detto "fai mio padre, perché tu sai chi era e perché solo tu per me puoi fare quel ruolo veramente, come io lo immagino. E poi perché quel personaggio sei anche un po' tu».
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Tra gli ultimi a parlare di Proietti c'è Marco Giallini, che lo affianca in Io sono Babbo Natale: «Stiamo parlando di un atleta che ha recitato con un prostetico in faccia che ci vogliono 3 ore e mezzo per metterlo, con addosso una palandrana da 20 chili. Sul set ci siamo fatti un sacco di risate, quelle vere». Fino alla fine, quasi annunciata nel finale, quando Proietti-Babbo Natale dà le dimissioni, lasciando a Giallini il compito di prenderne il posto. Senza fare rumore, con un trolley e l'aria sollevata, Proietti chiude una storia che è destinata a continuare ancora, per chissà quanto tempo.-
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