Gianluca Baldini per “la Verità”
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Il coprifuoco che imporrà in Lombardia la chiusura delle attività dalle 23 alle 5, rappresenterà una nuova batosta per l'economia, già fiaccata dalla prima fase pandemica. A lanciare l'allarme sono le associazioni di commercianti. Marco Barbieri, segretario generale di Confcommercio Milano, ieri non ha usato mezzi termini parlando al sito Imprese e Lavoro, che si occupa di economia lombarda: «Il provvedimento del quale abbiamo avuto notizia comporta danni notevoli per le attività dei pubblici esercizi, da quelle della ristorazione ai bar serali. In più comporta un danno notevole per le strutture di vendita di medie dimensioni del settore non alimentare».
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I numeri snocciolati da Barbieri non lasciano presagire nulla di buono. «A Milano ci sono circa 9.000 attività di somministrazione, quelle serali fino alle 3 di notte (i classici locali della movida) sono circa 2.000 e la chiusura alle 23 comporterebbe una perdita mensile di 31 milioni di euro solo a Milano. Mentre per le attività di ristorazione, che sono circa 2.000, la chiusura alle 23 farebbe un danno di 10,4 milioni di euro.
La chiusura delle grandi strutture non alimentari il sabato e la domenica - a Milano sono 19 - cuba il 40% del volume d'affari mensile, cioè meno 13 milioni. Nelle medie strutture di vendita non alimentari, che a Milano sono circa 760, la perdita è di 59 milioni di euro mensili».
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Come sottolinea Barbieri, «se si pensa di risolvere l'emergenza chiudendo tutto bisogna sapere che l'economia milanese vale il 10% del Pil nazionale, mentre quella lombarda pesa il 22%». Insieme a Confcommercio, sono sul piede di guerra le imprese associate al Consiglio nazionale centri commerciali, Confimprese, Federdistribuzione e Fipe.
Secondo la Federazione italiana pubblici esercizi si tratta di un provvedimento che su scala regionale «da un punto di vista meramente contabile manderebbe in fumo 44 milioni di euro al giorno e 1,3 miliardi in un solo mese. Una perdita enorme che andrebbe ad appesantire un bilancio già abbastanza tragico, se consideriamo che le stime di perdita di fatturato sul 2020 vedono un calo di ben 26 miliardi di euro».
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Naturalmente, alla perdita di fatturato segue anche la preoccupazione per il mantenimento dei posti di lavoro. Come spiega Roberto Zoia, presidente del Consiglio nazionale dei centri commerciali, «una nuova chiusura dei centri commerciali in Lombardia durante i weekend, che rappresentano il maggior introito - ossia circa il 20-30% del fatturato settimanale - e vedono il maggior livello di occupati, rischierebbe di porre un brusco freno a questo graduale percorso di recupero e mettere definitivamente in ginocchio un numero importante di attività in affanno ormai da mesi, generando una situazione drammatica dal punto di vista occupazionale».
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E prosegue: «Si tratta di una proposta che ci preoccupa enormemente, considerato che proprio la Lombardia rappresenta almeno il 20% dei circa 140 miliardi di euro di fatturato che l'intero settore dei centri commerciali, incluso l'indotto, realizza annualmente nel territorio nazionale con 783.000 posti di lavoro». Il problema è che, almeno per il momento, si parla solo di coprifuoco senza che nessuno discuta di eventuali aiuti per le imprese, i cui bilanci verranno ancora una volta danneggiati.
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Con la chiusura notturna delle attività gli imprenditori del turismo, della ristorazione, dei centri commerciali chiedono a gran voce un aiuto concreto da parte delle istituzioni.«Invece di studiare nuove misure restrittive per impedire solo alle imprese del nostro settore di lavorare», recita una nota della Fipe, «il governo si impegni a garantire i contributi a fondo perduto promessi ai pubblici esercizi, che nel 2020 faranno registrare una flessione complessiva dei fatturati di oltre 26 miliardi di euro.
Non possiamo accettare nuove inutili restrizioni e, come federazione, siamo pronti a intraprendere ogni iniziativa necessaria a tutelare 1,3 milioni di lavoratori e 340.000 imprenditori di un settore che genera ogni anno 46 miliardi di valore aggiunto, di cui 20 di acquisti di prodotti agroalimentari».
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Con questi numeri, il Fondo ristorazione (del valore di 600 milioni di euro) messo in piedi con il dl agosto servirà a poco o nulla. In attesa che il provvedimento venga emanato dal ministero del Tesoro stabilendo criteri, i requisiti e le modalità di erogazione del contributo, le aziende lombarde aumentano ancora di più le loro difficoltà e i 600 milioni potrebbero non bastare a venire incontro alle richieste dei ristoratori lombardi - da domani messi ancora sotto torchio - e italiani, che hanno già dovuto dire addio al fatturato di febbraio, marzo e aprile.
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Il contributo per ciascun beneficiario potrà variare da un minimo di 1.000 euro fino a un massimo di 10.000 euro, al netto dell'Iva. Ben poca cosa rispetto ai danni che le aziende di molti settori subiranno ancora a partire da giovedì 22 fino al prossimo 13 novembre.
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