1. IL MATRIMONIO FRA MPS E UNICREDIT COSTEREBBE 4 MILIARDI AL TESORO
Camilla Conti per “la Verità”
«Orsù figlioli dolcissimi, correte questo palio e fate che solo sia uno quello che l'abbia», scriveva nelle sue lettere Santa Caterina da Siena. Un appello che oggi potrebbe essere lanciato anche al Tesoro, azionista di controllo del Monte dei paschi che, terminata la partita elettorale, deve riaccendere i motori verso l'uscita dal capitale di Rocca Salimbeni entro il 2021 come chiesto dalle autorità europee tre anni fa in cambio del via libera alla ricapitalizzazione precauzionale della banca. Il decreto che dovrebbe avviare la privatizzazione di Siena ancora non si vede, sospeso in un limbo di bollini tra ministeri e Consiglio dei ministri.
Mustier
Nel frattempo l'esito del voto è destinato ad aumentare lo scontro tra il Pd e i grillini, che auspicano l'intervento della bad bank controllata dal Mef per lasciare il Monte nelle mani dello Stato e farlo diventare il polo aggregato di crediti deteriorati. In una nota il sottosegretario al Tesoro, Alessio Villarosa, ieri ha ribadito che l'obiettivo del M5s è quello di «valorizzare la partecipazione dello Stato e ridurre ogni potenziale perdita». Ma i tempi della Bce non sono quelli della politica e anche Bankitalia ha già messo una pietra sopra alla banca pubblica invocata dai 5 stelle. Non solo.
giampiero bergami
A interessarsi del dossier per conto di Roberto Gualtieri (che ha dribblato il tema Mps per tutta la campagna elettorale) finora è stato il sottosegretario al ministero dell'Economia, Pier Paolo Baretta, che ha appena perso la sfida al Comune di Venezia dove è stato riconfermato sindaco Luigi Brugnaro. Più che il mossiere, dunque, Gualtieri pare uno dei fantini fermi al canape in attesa delle indicazioni dalla politica, dalle autorità di Vigilanza e anche dal mercato. Perché davanti a Rocca Salimbeni non c'è la fila per comprarsi la banca, né nelle stanze di Via XX Settembre. Mps non è un boccone leggero da digerire soprattutto se il suo destino andrà intrecciato con la nascita di un terzo polo del credito alternativo a Intesa-Ubi e a Unicredit.
Proprio quest' ultima è protagonista di forti rumors rilanciati dall'agenzia Bloomberg (lunedì sera) e ieri da Repubblica: fonti anonime sostengono che il governo Conte avrebbe avviato consultazioni con i vertici della banca guidata da Jean Pierre Mustier per sondare la possibilità che possa rilevare la quota in mano al Tesoro. Secondo i rumors, Unicredit avrebbe però posto condizioni all'acquisto simili a quelle ricevute da Intesa all'epoca dell`acquisizione delle banche venete, ovvero un contributo cash tale da rendere l'acquisizione neutrale sul capitale e tale da coprire i rischi legali.Da Piazza Gae Aulenti arriva, come da prassi, un secco no comment.
MPS
Ma Mustier ripete da mesi in maniera categorica di non essere interessato a fusioni o acquisizioni. L'operazione Intesa-Ubi potrebbe aver imposto un cambio di prospettiva, ma l'ipotesi pare alquanto improbabile, al netto dei sondaggi di Palazzo Chigi. E soprattutto non piace al mercato. A Piazza Affari il titolo Mps ieri ha segnato un +3,8%, mentre Unicredit ha ceduto l'1,8%. Assumendo che l'acquisizione possa richiedere 2 miliardi di costi di integrazione, gli analisti di Equita stimano che «per essere neutrale a livello patrimoniale» serva un aumento «di circa 4 miliardi».
E questo «senza considerare la copertura dei rischi legali», che ammontano a circa 10 miliardi e sui quali sono stati montati accantonamenti per circa 600 milioni. Gli 1,5 miliardi già stanziati dal Mef sono ritenuti sufficienti per procedere con lo spin off dei crediti deteriorati ad Amco (il cosiddetto piano Hydra) ma «potrebbero risultare non sufficienti per rendere ancora più appetibile la banca - anche ipotizzando un intervento da parte di Unicredit.
Pier Paolo Baretta
L'operazione, quindi, appare «più come un desiderata del governo» che come un processo guidato da Mustier, affermano gli esperti di Goldman Sachs che ritengono «difficile che Unicredit possa essere coinvolta solo per spirito di servizio». Intanto, le indiscrezioni ieri hanno scaldato l'audizione dell'ad di Mps, Guido Bastianini, davanti alla commissione Banche presieduta da Carla Ruocco (M5s) . «Se il ministero dell'Economia, che è l'attuale azionista di riferimento, decide se e quando vendere la banca, questo fa parte di una trattativa in cui evidentemente il management ragionevolmente non è coinvolto. Non ho idea di come escano certi articoli sui giornali», ha detto Bastianini.
In merito alla richiesta danni da 3,8 miliardi di euro della Fondazione Mps «la riteniamo una causa su cui abbiamo ottimi argomenti per contrastare le loro richieste», ha aggiunto l'ad. Ricordando anche che la banca ha cominciato a lavorare da settembre a una revisione del piano industriale.
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MONTE DEI PACCHI DI SIENA - SILEONI DELLA FABI VUOLE CHE IL TESORO CHIEDA LA PROROGA A BRUXELLES DI UN ANNO PER L'USCITA DELLO STATO DAL CAPITALE E CHIAMA IN CAUSA IL NEOGOVERNATORE DELLA TOSCANA: "GIANI HA DETTO PUBBLICAMENTE CHE DEVE PROSEGUIRE L'AZIONE PUBBLICA"
(ANSA) - "E' opportuno e auspicabile che il governo italiano chieda alle autorita' europee, sia all'Unione europea sia alla Commissione di vigilanza della Bce, la proroga di un anno del termine per l'uscita dello Stato dall'azionariato del Monte dei Paschi di Siena, dal 2021 al 2022, affinche' si possano valutare o costruire soluzioni non penalizzanti per il territorio, per i lavoratori e per la banca".
Lo afferma il segretario generale della Fabi, Lando Maria Sileoni, a proposito della vendita delle quote di Mps detenute dal Tesoro. "Una decisione in tal senso - osserva Sileoni - sarebbe in linea, peraltro, con quanto dichiarato pubblicamente dal neopresidente della regione Toscana, Eugenio Giani, favorevole a continuare l'azione pubblica.
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I grandi gruppi bancari, peraltro, difficilmente potranno interessarsi all'acquisto del Montepaschi sia perche' hanno obiettivi diversi sia perche' stanno portando avanti altre strategie. Qualunque soluzione che implichi un taglio del personale irresponsabile e socialmente insostenibile vedrebbe contrario il movimento sindacale.
Consideriamo la soluzione 'pubblica' quanto mai opportuna, in quanto limiterebbe ogni tipo di danno permettendo alla banca di programmare seriamente il prossimo futuro". Secondo il segretario generale della Fabi "l'amministratore delegato Guido Bastianini, professionista serio e preparato, deve essere messo nelle condizioni di operare senza 'pistole puntate alla tempia' da parte di ambienti che rincorrono soltanto interessi di parte e non della collettivita'. In ogni caso, qualunque sia la decisione, non tollereremo alcun tipo di macelleria sociale e contrasteremo ogni iniziativa che possa ripercuotersi sulle lavoratrici e i lavoratori dell'istituto", conclude Sileoni.