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Adriana Logroscino per il “Corriere della Sera”
Nel giro di una settimana arriverà una proposta unica europea relativa alla somministrazione della quarta dose di vaccino anti Covid, a partire dai più anziani. Lo riferisce Roberto Speranza al termine del Consiglio dei ministri della Sanità che si è svolto ieri a Bruxelles. «Abbiamo bisogno di scelte condivise, unitarie sia sui tempi che sulle fasce generazionali per cui immaginare la somministrazione della quarta dose. La commissaria alla Sanità e il presidente francese hanno assunto l'impegno di fare, nel giro di una settimana, una proposta per una procedura univoca, europea sui criteri».
LA QUARTA DOSE - VIGNETTA BY BUCCHI
Quella che si profila non è però una chiamata al secondo booster generalizzato. «In questo momento - assicura Speranza - in nessun Paese si parla di una quarta dose per tutti. La priorità è proteggere le persone più fragili». Proprio di ieri è anche la decisione dell'Fda, l'agenzia che regolamenta i farmaci negli Stati Uniti, di autorizzare la quarta dose di Pfizer e Moderna a tutti gli ultracinquantenni. Finora era prevista per gli immunodepressi. Le somministrazioni per il resto della popolazione adulta dovrebbero iniziare il prossimo autunno e ad almeno quattro mesi dalla terza dose. «Le evidenze che emergono - è scritto nella nota dell'Fda - suggeriscono che una seconda dose booster migliora la protezione contro Covid grave».
Mentre l'agenzia europea per il farmaco, Ema, avvia una valutazione sul vaccino spagnolo Hipra, efficace anche contro Omicron, che potrebbe essere utilizzato come richiamo da chi ha già completato il ciclo vaccinale, per i Paesi dell'Unione una strategia comune sulla quarta dose non c'è ancora. Nelle ultime settimane la Gran Bretagna aveva annunciato l'intenzione di estenderla agli ultra 75enni, in Francia si parla di over 80, in Germania si pensa di proporla a chi ha più di 70 anni. «Non credo vada bene che gli Stati scelgano da soli e in modo differenziato - dice Speranza - perché le opinioni pubbliche dei nostri Paesi sono connesse e scelte diverse non sarebbero comprese.
La campagna di vaccinazione è importante, ci sta consentendo di aprire una fase diversa. Dobbiamo essere all'altezza della sfida». Che la fase diversa sia riconducibile ai vaccini è dimostrato dall'andamento della pandemia in Italia. Il numero di contagiati ieri è tornato a sfiorare quota 100 mila: 99.457, il numero più alto dall'8 febbraio, quando furono 101.864, e tremila in più di otto giorni fa (96.365 il 22 marzo). Tante le vittime, 177, mentre resta al 15% il tasso di positività. Ma soprattutto le manifestazioni più gravi rispetto a quanti si contagiano sono numericamente marginali e non paragonabili a un anno fa, quando la campagna vaccinale era appena all'inizio.
In questo momento, secondo i dati di Agenas, solo lo 0,8% dei positivi ricorre all'ospedale, e solo il 4,9% di essi finisce in terapia intensiva.
Un anno fa si rilevavano meno contagi (circa 20 mila al giorno) ma i ricoverati erano oltre 30 mila, 3.500 dei quali in rianimazione. Anche dal punto di vista della tenuta del sistema sanitario, un anno fa la percentuale di occupazione dei letti a causa dell'emergenza pandemica era ben oltre tutti i livelli di guardia: 41% in terapia intensiva e 44% nei reparti ordinari erano occupati da malati di Covid. Oggi la situazione è del tutto diversa.
Nonostante negli ultimi giorni i ricoveri siano tornati a crescere in area medica in 9 regioni, e in 7 (Calabria, Umbria, Basilicata, Sicilia, Marche, Puglia e Abruzzo) il tasso di occupazione sia oltre il 20%, il valore medio nazionale è al 15%. Nelle rianimazioni, poi, la percentuale di letti destinati a malati di Covid è ferma al 5%, a livello nazionale, e sotto il 10% in tutte le regioni, tranne la Calabria che è al 12% dei suoi 202 posti letto già assegnati. Una situazione sostenibile.
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