Dm per il “Fatto quotidiano”
Quasi un anno e mezzo di ingiusta detenzione con l’accusa (falsa) di stupro. Ieri, a distanza di oltre due anni dai fatti del 3 dicembre 2021, i due presunti responsabili delle violenze a due ragazze, avvenute in due episodi differenti, sono stati assolti per non aver commesso il fatto. Sono Hamza Elayar e il 22enne italiano Anthony Gregory Fusi Mantegazza.
MANETTE
La decisione del Tribunale di Varese è arrivata dopo una tortuosa fase istruttoria e solo grazie alle indagini di Mauro Straini, Eugenio Losco e Monica Andretti, legali di Mantegazza. Le violenze, per come testimoniato dalle vittime, sono avvenute, la prima su un convoglio Trenord della tratta Milano-Varese, la seconda all’interno della stazione di Venegono Inferiore. Due uomini con bici e una stampella.
Nelle ore successive ai fatti i carabinieri, su segnalazione dei vicini, si recheranno nell’appartamento dove vive Fusi Mantegazza con il padre il quale affitta alcuni posti letto. Qui vengono ritrovati elementi importanti: la bici e una stampella in possesso degli stupratori e anche un cappello (colbacco) indossato, secondo le vittime, da uno dei violentatori. Mantegazza viene fermato. In un primo momento, anche a causa di stress, ammetterà di essere stato sul treno alle 21:49 del 3 dicembre.
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Salvo subito ritrattare davanti al gip. L’analisi difensiva ribalterà la storia. In particolare in quel giorno sul cellulare di Mantegazza era attiva la geolocalizzazione. Un dato rilevantissimo che infatti lo colloca, durante l’ora delle violenze, in un bar del vicino comune di Tradate.
Di più: Mantegazza risulterà presente nella stazione di Venegono ma molte ore prima delle 21:49. Su questa base già nell’aprile scorso i legali avevano chiesto la scarcerazione, negata dal gip. Ancora: sul cappellino tipo colbacco, sempre grazie alle indagini difensive, non è stato rinvenuto il Dna di Mantegazza, mentre è stato censito materiale genetico di un ceppo nordafricano. Per i due l’accusa aveva chiesto fino a nove anni.