Dario Del Porto per “la Repubblica”
Gli italiani scomparsi in Messico
La svolta è arrivata dieci minuti prima della mezzanotte ora italiana: il procuratore generale Raul Sanchez ha reso noto che quattro poliziotti messicani, fra i quali una donna, sono stati arrestati con l' accusa di aver venduto a una banda della criminalità organizzata i tre ambulanti napoletani spariti nel nulla il 25 giorni fa nello Stato di Jalisco. Comincia tutto nel pomeriggio del 31 gennaio. "Ci hanno fermato le guardie. Hanno due motociclette e una moto. Ci hanno detto di seguirli".
Antonio Russo, 25 anni, ha da poco lasciato l' hotel Fuerte Real di Ciudad Guzman insieme al cugino Vincenzo Cimmino, 29 anni, per andare a cercare il padre Raffaele, 60 anni, che da alcune ore non dà più notizie di sé. I due ragazzi stanno facendo benzina nel territorio di Tecalitlan quando li blocca la polizia locale. Antonio riesce ad avvisare il fratello Daniele, che è rimasto in albergo assieme a un altro fratello, Francesco. Quel messaggio vocale, adesso, è l' ultima traccia dei tre venditori ambulanti napoletani spariti nel nulla da 24 giorni.
RAFFAELE RUSSO SCOMPARSO IN MESSICO
"Desaparecidos", come in un giallo degno di un best seller Don Wislow. Siamo nel Messico più profondo, dove i boss della droga e gli uomini delle istituzioni talvolta giocano la stessa partita. Questa è la regione dove detta legge il Cartel Jalisco Nueva Generation, una delle organizzazioni criminali emergenti più violente e potenti. E proprio sulle complicità fra polizia locale e narcos si addensano i sospetti degli investigatori.
«Le autorità ci hanno abbandonato.Chiedo alla Farnesina di farci avere notizie certe su quello che è successo. Ci devono dire se davvero, come hanno riportato i media locali, sono stati arrestati poliziotti. Vogliamo sapere chi sono, che faccia hanno e soprattutto che cosa hanno raccontato negli interrogatori», protesta Francesco Russo, rientrato ieri in Italia dal Messico.
Italiani scomparsi in Messico - Antonio Russo - suo padre Raffaele e il cugino Vincenzo Cimmino
Nel Paese americano, la famiglia di ambulanti napoletani era arrivata, nel solco della tradizione dei "magliari" giramondo, per vendere generatori elettrici di fabbricazione cinese, ma anche profumi, fazzoletti e merce di ogni genere.
Quel giorno però qualcosa è andato storto. Già, ma cosa? Un affare finito male, un incontro con le persone sbagliate, un sequestro di persona, addirittura un falso arresto inscenato da agenti collusi per "cedere" i nostri connazionali a un clan della zona? Quando Francesco, ascoltato il messaggio di Antonio, prende contatto con la polizia della città di Tecalitlan, 700 chilometri da Città del Messico, riceve risposte contraddittorie. Prima gli viene confermato che due italiani sono stati condotti in ufficio. Una decina di minuti più tardi questa stessa circostanza gli viene smentita dalla centralinista.
Gli italiani scomparsi in Messico - Raffaele Russo Antonio Russo Vicenzo Cimmino
"Aveva un atteggiamento omertoso", accusa Francesco. Le indagini ipotizzano subito che qualche appartenente alla polizia municipale di Tecalitlan abbia giocato sporco. «La Farnesina ci ha confermato che 33 agenti sono finiti sotto inchiesta, mentre il comandante avrebbe addirittura fatto perdere le proprie tracce, non facendosi trovare a casa né in ufficio», dice Fortuna Russo, sorella di Raffaele. Queste stesse informazioni sono sul tavolo della Procura di Roma, che segue il caso con la supervisione del procuratore Giuseppe Pignatone.
raffaele russo scomparso in messico
Ieri sera, dal Messivo, la notizia dell' arresto di tre poliziotti accusati di aver "venduto" i tre napoletani a un gruppo di civili armati. Le indagini hanno rintracciato il gps dell' auto di Raffaele nella zona di Jilotlan de los Dolores, un' area dove è forte l' influenza del "cartello". Non troppo lontano sarà individuato anche il satellitare dell' auto sulla quale viaggiavano il figlio e il nipote, ma con un vuoto temporale di un paio d' ore.
antonio russo scomparso in messico
Un altro mistero. I media messicani, citando fonti della Procura di Jalisco, sostengono che Raffaele Russo avrebbe utilizzato una identità falsa, facendosi chiamare Carlos Lopez. «È falso - replica Francesco - mio padre è entrato in Messico sempre con il suo passaporto. Negli alberghi non chiedono i documenti, ci si registra su semplici fogli di carta e per motivi di sicurezza non vengono indicate le generalità». Per le ricerche si è mossa la Procura generale messicana. Vengono impiegati anche cani molecolari. Ora gli arresti. Ma dei desaparecidos italiani, ancora nessuna traccia.
giallo messico