incidenti san siro
Andrea Galli e Cesare Giuzzi per corriere.it
Indossano giubbotti scuri, cappucci e sciarpe, in un tratto poco coperto dalle telecamere e non presidiato dalle forze dell’ordine. Cento-venti tifosi di Inter, Varese e Nizza, uniti dalla militanza nell’estrema destra, sono schierati come plotoni, pronti all’assalto. Il campo scelto per la battaglia è l’incrocio tra via Novara e via Fratelli Zoia, a due chilometri dal Meazza dove tra un’ora si giocherà Inter-Napoli.
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È un attacco pianificato: fra le armi, ci sono punte da muratore, roncole, mazzette e martelli acquistati prima di Natale, quando i negozi erano aperti. Bottiglie, pietre e bastoni di legno completano l’arsenale, nascosto insieme a tondini di ferro e bottiglie in un parco in mezzo ai palazzi. A pochi metri dal luogo dell’attacco contro i tifosi napoletani che provocherà un morto e quattro feriti, e dimostrerà ancora una volta l’incapacità del calcio di liberarsi dalla sanguinaria prigionia degli ultrà.
Le violenze e il pirata
Le 19.20 di mercoledì, giorno di Santo Stefano. Gli abitanti del civico 7 di via Fratelli Zoia vedono dalle finestre la «formazione» in movimento. Non fanno in tempo a dare l’allarme. Il gruppo si raduna e accelera il passo verso via Novara, un viale a quattro corsie su una doppia carreggiata che porta allo stadio. Il fumo rosso delle torce si mischia alla nebbia. Qui viene bloccata la carovana di pullmini dei napoletani: una settantina di ultrà che scendono per respingere l’assalto. Ed è qui che Daniele Belardinelli, 39enne capo del gruppo di estrema destra «Blood Honour» del Varese calcio gemellato con la curva interista, viene investito da un Suv.
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Belardinelli è parte attiva del commando. Non è chiaro se su quel fuoristrada viaggino altri tifosi napoletani o se chi è alla guida si sia trovato circondato e nel panico abbia accelerato per scappare. Le violenze durano più di dieci minuti. Sono gli ultrà napoletani, non quelli interisti, ad accorgersi di quell’uomo a terra, il corpo quasi diviso in due parti. I partenopei avvisano gli interisti che trascinano Belardinelli su una station wagon. La macchina raggiunge il vicino pronto soccorso dell’ospedale San Carlo. Il lungo intervento chirurgico d’emergenza è inutile. Il referto parla di lesioni alla milza e all’aorta toracica, di fratture alle gambe e di ossa del bacino frantumate dal peso del fuoristrada. Belardinelli muore alle 4.30. L’automobilista del Suv è ricercato. Forse soltanto i testimoni potranno aiutare la polizia nella caccia al pirata.
Daniele Belardinelli
Il grande depistaggio
Alle 19.20, quando scatta l’offensiva, i capi e i pezzi grossi degli ultrà interisti sono al chiuso del «Baretto», il ritrovo della tifoseria organizzata alle spalle del secondo anello verde del Meazza. Fingono disinteresse, sanno di essere osservati speciali della Digos perché Inter-Napoli è da sempre una partita ad altissimo rischio. Specie dopo i precedenti del 14 gennaio 2015, del 9 gennaio 2016 e del 21 ottobre 2017. Ma quando via radio arrivano le notizie del blitz militare di via Novara, la Questura, che schiera trecento agenti in azione fin dal primo pomeriggio, capisce che la calma apparente copre in realtà una trappola perfetta nella sua azione devastante. Un’«internazionale» degli ultrà studiata, premeditata. Vedette lungo il percorso di avvicinamento a Milano, che hanno segnalato i tragitti della carovana dei napoletani. L’arsenale e il suo allestimento (c’erano martelli appena acquistati con ancora le etichette). E la trentina di tifosi francesi del gruppo «Ultras populaire sud» del Nizza e altrettanti varesini. Tutti arrivati senza «preavviso».
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Il summit operativo
Il sospetto della Digos è che l’azione sia stata organizzata attraverso sistemi instant messenger come TorChat. Ma potrebbe esserci stato un incontro operativo fra i capi, forse il giorno di Natale. Nella notte tra mercoledì e ieri sono stati fermati tre tifosi interisti: due ultrà degli Irriducibili e uno dei Boys, tutti con precedenti da stadio ma mai sottoposti a «Daspo». Altri sei, tra i quali chi ha accompagnato Belardinelli in ospedale, sono indagati. Il bilancio è provvisorio. Si procede velocemente in avanti, ma restano sospese delle domande, che il Corriere ha rivolto al questore Marcello Cardona. Una prima delle altre: perché in quel preciso punto i tifosi non erano scortati? «Non possiamo seguire ogni singolo spettatore.
daniele belardinelli
I napoletani sono arrivati da decine di città e sono entrati a Milano da differenti ingressi. Non appena sono esplosi gli scontri siamo intervenuti». Un altro interrogativo: l’agguato poteva essere previsto? «Ormai esistono chat difficili da intercettare... Noi abbiamo fatto il possibile. Forse di più. Piangiamo un morto e potevano essercene molti altri. Ho preso in considerazione l’ipotesi di annullare la partita, ma in curva già girava la notizia del ferimento di Belardinelli. Non giocare, avrebbe trasformato Milano in uno scenario di guerra».
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