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    QUESTA VITA È UNA CATENA - L'ALTRA FIORELLO PUNGE IL FRATELLO E RACCONTA IL SUO NOME: ''ERA QUELLO DI MIA NONNA, MODERNISSIMA, GIRAVA CON LA BANDANA, FUMAVA IL SIGARO, NEL 1931 RIMASE INCINTA DI UN UOMO SPOSATO E…'' - PUNGE IL FESTIVAL: ''ROSARIO HA PARTECIPATO A UNA FESTA PER CELEBRARE IL SUO AMICO AMADEUS. POI, LA VERA MODERNITÀ SARÀ QUANDO NOI DONNE NON SAREMO COSTRETTE A FARE I MONOLOGHI PER DIRE: GUARDATE CHE CI SIAMO ANCHE NOI''


     
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    CATENA FIORELLO MASSIMO GILETTI CATENA FIORELLO MASSIMO GILETTI

    Valerio Cappelli per il ''Corriere della Sera''

     

    L’ «altra» Fiorello si chiama Catena e porta quel nome perché la nonna paterna si chiamava così. Nel film «Picciridda» (tratto dal suo romanzo, in uscita il 5 marzo) di cui lei è sceneggiatrice e Paolo Licata regista, rivive nel personaggio di Nonna Maria (l’attrice è Lucia Sardo).

     

    «Era una donna modernissima, viveva in Sicilia ad Augusta, girava con la bandana, fumava il sigaro, nel 1931 rimase incinta di un uomo sposato e suo figlio, mio padre, non l’ha cresciuto nell’odio dell’uomo che la abbandonò. Ma la vera protagonista del film è un’altra».

    catena fiorello catena fiorello

     

    Chi?

    «Lucia (impersonata da Marta Castiglia), che vive un’emigrazione passiva, come la definisco io. I genitori alla fine degli anni Sessanta partono in cerca di fortuna, e ciò che rimane a lei, una bambina di undici anni, è di aspettare, non ha più il concetto del tempo. Sono bambini segnati, crescono molto timidi o diventano bulli, mai normali, marchiati dal distacco coi genitori. Vive (a parte la nonna) tra parenti porci, il compare che palpa, tocca, molesta, stupra. Ne conosco tanti di racconti così».

     

    Ma è una storia vera?

    «No, ma ne raccoglie tante ascoltate negli anni. Da ragazzina in estate vedevo gli emigranti che tornavano dalla Svizzera e dalla Germania con l’auto carica, gli sterzi foderati con pellicce di leopardo, i portafortuna che pendevano dagli specchietti. Avevano il loro mondo. E i figli spesso li lasciavano in Sicilia».

     

    Ora parliamo di lei.

    catena fiorello e paolo catena fiorello e paolo

    «Ho condotto dignitosamente programmi, ma non ho fatto niente per fare tv, consapevole che era pericoloso perché domani avrebbero detto che sono raccomandata dai due fratelli famosi. Rosario mi consigliò di usare lo pseudonimo, gli risposi: il nostro cognome ce l’ha dato papà. I libri mica me li scrive Fiorello, né lo porto alle presentazioni. In Italia si vive sulle raccomandazioni, non si può credere che uno possa andare per la sua strada. Ci ho messo otto anni a fare questo film, perché è cinema d’autore e non una commedia ridanciana. Oliver Stone al Festival di Taormina mi disse: mi porterò dietro l’intensità dello sguardo della Picciridda».

     

    Lei cominciò accanto a Rosario.

    catena fiorello catena fiorello

    «Vent’anni insieme. Si creò un vuoto, lui “lasciò” Cecchetto, mi chiese di dargli una mano come assistente. Andavo in banca per lui, gli facevo la spesa e da avvocato... Eravamo come una ditta. Mi sono divertita, ho imparato tutto da mio fratello. Ero specializzata nei “no”. Mike Bongiorno voleva fare un programma negli Stati Uniti con Rosario, che ha la fobia degli aerei, non sapevo come dirglielo. Mike fu comprensivo».

     

    Cosa pensa di suo fratello a Sanremo?

    «Ha partecipato a una festa per celebrare il suo amico Amadeus. Poi, la vera modernità sarà quando noi donne non saremo costrette a fare i monologhi per dire: guardate che ci siamo anche noi. Se Rula Jebreal deve raccontare quella bella storia drammatica per attirare l’attenzione, tutta questa parità non c’è. E se Diletta Leotta dice che la bellezza è un dono, non aggiunge qualcosa alla buona causa delle donne. Quanto al Festival, ci ricorderemo del look di Achille Lauro e amo il vincitore Diodato, ma le canzoni eterne sono quelle di De André e di Mina».

     

    Lei è competitiva?

    catena fiorello 4 catena fiorello 4

    «No, non ce l’ho ‘sta cosa, lascio tutto al destino. Una cosa rimprovero a tanti critici: se i miei fratelli gli stanno antipatici, senza nemmeno sapere cosa c’è scritto stroncano i miei libri. Si fanno le recensioni tra di loro, si autocelebrano, non accettano che in famiglia tre persone facciano lavori diversi nello spettacolo. E allora i figli di Ugo Tognazzi? Io sono felice di essere una outsider».

     

    Ha detto che i suoi fratelli sono maschilisti.

    «No, hanno frainteso. Dico che la società è maschilista. Beppe si infastidisce se parliamo di noi tre e blocca in partenza le domande. Io rispondo: vuoi sapere cosa facevamo da ragazzi? Quello che facevi tu, con tuo fratello e tua sorella. Ma io sono quella di mezzo, poi c’è mia sorella Anna che ha un negozio di ceramiche siciliane a Roma, ed è una artista a suo modo».

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