Matteo Macor per “la Repubblica” - Estratti
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Sono le scosse di assestamento, nella Liguria terremotata dalla sua Tangentopoli vista porto, a lasciare intravedere che ne sarà dell’assetto politico che per otto anni ha deciso ogni cosa, persino (almeno secondo le accuse della Procura a Giovanni Toti) gli imprenditori da aiutare negli affari.
Nel silenzio del governatore sospeso agli arresti domiciliari, a parlare sono così altri silenzi e le prime scelte di chi è rimasto a reggere la Regione nella tempesta.
C’è l’ulteriore slittamento dell’interrogatorio di Toti, che cambia i piani di legali e alleati («Sarà ascoltato la settimana del 27 maggio, lui avrebbe fatto prima ma aspettiamo », conferma l’avvocato Stefano Savi), e con ogni probabilità sarà preceduto da quello del sindaco di Genova Marco Bucci, testimone prezioso per definire le domande a cui dovrà rispondere il presidente.
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E ci sono le quattro righe di nota con cui il vicepresidente facente funzione, il leghista Alessandro Piana, ha invitato a prendere dieci giorni di ferie forzate i componenti dello staff della comunicazione del presidente, per otto anni la macchina da guerra della propaganda del governatore venuto dalla tv. Una sorta di “commissariamento” di uno dei simboli stessi del potere totiano, che pare già un’anteprima della guerra attesa dentro il centrodestra per la successione del capo.
Se lo slittamento dell’interrogatorio di Toti a fine mese pare poter congelare fino alle Europee dimissioni che sembravano imminenti, del resto, la caccia al candidato presidente in Liguria è già iniziata, a sinistra come a destra.
GIOVANNI TOTI - GIORGIA MELONI
Le segreterie locali dei partiti iniziano a lavorare sul campo, quelle nazionali a gestire i rapporti (tesi) tra alleati. In particolare nel centrodestra, nonostante tutte le cautele di rito e le difese d’ufficio, il problema di fatto non è più da tempo conoscere il destino di Toti — «Difficile pensare di governare due anni in assenza del presidente», osserva persino Edoardo Rixi, il leghista genovese viceministro del Mit, tra gli alleati il più legato al governatore e il primo ad ammettere di doverlo scaricare, a prescindere dalla sentenze che verranno — ma la difficoltà nel trovare un nome adeguato a una futura sfida elettorale che si preannuncia difficilissima.
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«Non ho reali alternative da proporre », ammetteva lo stesso coordinatore ligure di Fratelli d’Italia, il deputato Matteo Rosso, nei giorni di inizio anno in cui si discuteva ancora dell’ipotesi di un terzo mandato di Toti, e da Roma anche tra i più vicini alla premier si rivendicava il diritto di pescare il candidato in FdI.
Ecco perché i nomi usciti dal partito (l’assessora regionale Simona Ferro, o l’ex vicesindaco di Genova Massimo Nicolò) al momento sono solo diversivi. Ecco soprattutto perché in area moderata si è ritentato (invano, per ora) un sondaggio con il rettore dell’Università di Genova Federico Delfino.
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Solo una proposta l’idea Claudio Scajola, ex ministro e intramontabile sindaco di Imperia, ambizione infinita ma anche 76 anni sulle spalle. Solo una suggestione (soprattutto in questi giorni tesi) quella di un salto in Regione del sindaco Bucci. L’unica altra ipotesi di un certo spessore sui tavoli romani della discussione, di fatto, rimane quella dello stesso Rixi. «La realtà è che ci vorrebbe un nuovo Toti, uno da prendere dalla società civile, a effetto sorpresa», era formula condivisa al tavolo dei partiti prima del terremoto. Ora non si può più.
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