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    “NOI ABBIAMO CREATO PUTIN E PER SBARAZZARCENE DOVREMO CAMBIARE NOI STESSI” - QUIRICO INFILA LA PENNA NELL’IPOCRISIA DELL'OCCIDENTE: “DOPO IL CROLLO DELL'UNIONE SOVIETICA CERCAVAMO COMPLICI SERVILI, NON DEMOCRATICI ORGOGLIOSI. ECCO QUA LA STAGIONE DI PUTIN. BASTAVA LA SUA ECONOMIA ELEMENTARE PORTASSE QUALCHE PENNELLATA DI MERCATO E OPLÀ: GAS E BUONI AFFARI, PETROLIO E CONTRATTI. E QUANDO NEL NOSTRO BEL MONDO ORDINATO IRROMPEVANO GLI ISLAMISTI, IL CARO PUTIN, CHE PURE SI RIVELAVA SEMPRE PIÙ SIMILE A UN DITTATORE SENZA FRENI, ERA UTILE A FARE IL LAVORO SPORCO, IN CECENIA, IN SIRIA…”  


     
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    Domenico Quirico per “la Stampa”

     

    DOMENICO QUIRICO DOMENICO QUIRICO

    E se Putin, e la truce avventura in cui ci ha trascinato giorno dopo giorno, fosse colpa nostra? Intendo della mia generazione, di quella che aveva il potere negli anni in cui la Storia ha regalato un'occasione unica e forse irripetibile. Parlo degli Anni 90 del secolo scorso. Il mondo in cui da decenni sempre più stancamente ci tenevamo in piedi con il Nemico, l'Unione Sovietica, sorreggendoci l'un l'altro come due lottatori esausti che non crollano solo perché si avvinghiano per puntellarsi. Un soffio e il Nemico si era dissolto. Senza sparare un colpo, per eutanasia storica.

     

    ELTSIN PUTIN ELTSIN PUTIN

    Conclusione memorabile e perfetta. Perché non era stato sconfitto in guerra, che porta con sé sempre la rancorosa voglia di una inevitabile rivincita. Ebbene: quella generazione non ha capito niente, ha sprecato tutto. Per questo dico che Putin lo riconosciamo in un album di famiglia. Noi lo abbiamo creato, accettato, lusingato perché eravamo consapevoli, fino a cinque mesi fa, che non ci era estraneo. Anzi. Pensavamo che al momento giusto, quando ha iniziato ad alzare la voce, avremmo saputo parlargli, addomesticarlo.

     

    PUTIN E ELTSIN PUTIN E ELTSIN

    Aleggiava solo una vaga angoscia, parlavamo la stessa lingua e ci avrebbe ascoltato perché non poteva in fondo negare di assomigliarci. Altro che democrazie contro autocrazia. Ci disprezza ma solo perché è certo di averci superato in cinismo e brutalità.

    Oggi tentiamo di cancellarlo, molto più freneticamente di quanto abbiamo fatto ad esempio con il totalitarismo islamico. E con grandi sacrifici (degli ucraini soprattutto).

     

    Lo facciamo perché, dopo che ha scatenato la guerra e per il modo sistematicamente feroce e implacabile con cui la conduce, ci siamo visti riflessi nel suo specchio e abbiamo avuto orrore. Cerchiamo di mandare in frantumi lo specchio sperando che con l'immagine sparisca anche ogni traccia di quella somiglianza.

     

    VLADIMIR PUTIN E BORIS ELTSIN VLADIMIR PUTIN E BORIS ELTSIN

    La vita non disillude, la vita ha una sola parola e la mantiene. Gli uomini, solo gli uomini deludono. Ricordo bene gli Anni 90, la loro morbosa tranquillità, sembravano una quieta insenatura dove ogni tempesta ormai si era risolta, la democrazia trionfava, i Muri cadevano, il libero mercato si estendeva a macchia d'olio e quindi rendeva sempre più inutili e anacronistiche le guerre. Erano invece quegli anni l'ultimo rifugio di una epoca morente.

     

    Sì è vero. Conficcato come una lama insanguinata a metà del decennio c'era il Ruanda, il suo milione di morti, la sua parola maledetta e mille volte meritata: genocidio. Ma in fondo che cosa era quella tragedia? Un frammento staccato che nasceva da sommessa povertà e primitivo tribalismo. E poi che contava? Niente. Poiché laddove era stato per mezzo secolo il centro della sfida, la capitale dell'impero del male, Mosca, lì proprio lì la Storia ci aveva dato ragione.

     

    putin berlusconi bush pratica di mare putin berlusconi bush pratica di mare

    Abbiamo passato quei dieci anni gustando una sorta di condizione perfetta in cui, tutti i nostri voti essendo esauditi, non avevamo più nulla da dirci, ci sentivamo, come cittadini dell'Occidente, puri, dritti, luminosi, dominati dal sentimento della certezza, di una certezza molto orgogliosa. Eravamo, noi non tutto il mondo, pienamente in pace, ben installati al riparo del disordine in una civiltà ricca e definitiva. Perfino le guerre che continuavano, il primo scontro con Saddam che aveva invaso il Kuwait ad esempio, ormai le combattevamo tutti insieme, il mondo degli ex nemici veniva a affollarsi, pieno di buona volontà, sotto le nostre bandiere. Il mondo era zeppo di autocrati e canaglie. Ma erano nostre, ci appartenevano, non avevano più nessuno con cui tradirci. Dovevano scimmiottarci e obbedire.

     

    saddam hussein saddam hussein

    E il vecchio nemico, il russo, l'ormai ex sovietico? Sguazzava nella miseria, il proletario, si muoveva tra rovine ancor più stremanti e sfigurate perché apparentemente città e fabbriche erano intatte. Ma era dentro di loro che non c'era più nulla in piedi, la angoscia della tabula rasa, il niente che è peggio che sentirsi vinti, che aver piegato il ginocchio in segno di resa. Avevano bisogno di noi, di qualcuno che rispettasse quel loro pellegrinaggio di fuoco.

     

    Erano stanchi di Muri, di ideologie, di modelli. Non volevano discolparsi, perorare, dar prova di sé. I russi son stati i migranti della storia della fine del Novecento. Accettavano di farsi interrogare ma come si interroga il viandante con il suo bisogno di esser riconosciuto, accolto per come è, non per come vien giudicato.

     

    È il contrario di quello che abbiamo concesso non solo ai russi ma a tutto quello che era terzo mondo, e per noi era terzo modo tutto ciò che non ci assomigliava. Abbiamo vinto, non vi resta altro che copiarci in versioni più misere. Andavamo a guardarli come si va allo zoo a guardare i sopravvissuti di una specie estinta.

     

    Ramzan Kadyrov Vladimir Putin Ramzan Kadyrov Vladimir Putin

    Orde di banditi si affollavano attorno alle casseforti spalancate della nuova Russia: libero mercato privatizzazioni urlavano i furbi mentre si spartivano il bottino. E noi ridevamo soddisfatti per gli eccessi grotteschi degli "oligarchi''. Beh! Che c'è di male, in fondo all'inizio del capitalismo c'è sempre un po' di talento da gangster.

     

    E allora che è comparso Putin. Non a caso alla fine di quel decennio e al debutto del millennio nuovo. Aveva assorbito tutto quello che noi avevamo insegnato, intendeva sfruttare fino in fondo quello che avevamo permesso e la nostra avidità. Ci aveva osservato con attenzione: sapeva che per ingannarci bastava indossare le vesti di scena per lo spettacolo che ci convinceva.

     

    vladimir potanin 3 vladimir potanin 3

    Cercavamo complici servili, non democratici orgogliosi. Ecco qua la stagione di Putin, l'amico, l'alleato, l'ottavo Grande. Bastava la sua economia elementare portasse qualche pennellata di Mercato e oplà: gas e buoni affari, petrolio e contratti per fornire tecnologia. Come le vecchie care colonie di un tempo che fu.

     

    Nel nostro bel mondo ordinato irrompevano dei disturbatori, gli islamisti. Nella lotta al terrorismo universale il caro Putin, che pure si rivelava sempre più simile a un dittatore senza freni, come era utile, faceva il lavoro sporco, in Cecenia, in Siria. A lamentarsi per la barbarie dei metodi erano le solite quattro comari intellettuali, i professionisti della misericordia. Noi lo abbiamo creato. Per sbarazzarcene dovremo innanzitutto cambiare noi stessi.

    oligarchi russi assassinati oligarchi russi assassinati

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