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    "NON SARANNO GLI OLIGARCHI A ROVESCIARE PUTIN. MENO ANCORA I SERVIZI SEGRETI. RESTANO SOLO I GENERALI" - DOMENICO QUIRICO: "DISPONGONO DELL'UNICO ARNESE DAVVERO INDISPENSABILE PER ROVESCIARE GOVERNI E TIRANNI, OVVERO I CARRI ARMATI. IL GOLPISTA PERFETTO, EFFICIENTE NON HA UNA IDEOLOGIA O DEI SOGNI POLITICI. SEMPLICEMENTE LO MUOVONO O IL RANCORE O LA PAURA. MA PER AMMUTINARSI OCCORRONO TRUPPE FEDELI E FORSE I SOLDATI RUSSI ODIANO PIU' I GENERALI, CORROTTI E INCAPACI, CHE PUTIN..."


     
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    Domenico Quirico per “la Stampa”

     

    alexander dvornikov 4 alexander dvornikov 4

    Chissà se nell'ufficio di Putin al Cremlino, dopo l'avvio della operazione speciale Ucraina, è stato collocato un enorme tabellone come quello che campeggiava al comando supremo di Cadorna ad Udine, fino a quando i tedeschi non lo fecero traslocare di alcune centinaia di chilometri.

     

    C'erano impilati i nomi dei generali e dei colonnelli impegnati nella operazione speciale carsica e anti-austrungarica. I nomi erano scritti a matita, come raccontavano tremebondi quelli che erano ammessi alla scrivania del Capo. Il capoufficio della anagrafe ufficialesca spiegava che così era più facile eliminare quelli che erano sottoposti al frenetico movimento quotidiano del «siluramento».

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    Nell'elenco putiniano l'ultimo nome defunto amministrativamente al servizio della patria è di gran peso, Dvornikov, il normalizzatore, a cannonate della Siria. Gli era stata affidata, due mesi fa, l'operazione Donbass con la raccomandazione di tornare ai cari vecchi metodi delle armate russe, annientare tutto e poi occupare i susseguenti deserti. Metodo in cui lo si voleva giustamente maestro. Rimosso, silurato si dice senza nemmeno due parole, senza spiegazioni. Mosca tace. Brutto segno. Strano.

     

    vladimir putin vladimir putin

    Al contrario dei colleghi di cui aveva preso il posto, poteva vantare risultati: avanzate frutto di bestiali spallate, resa di Mariupol, esercito ucraino messo alle strette con le cannonate tanto da dover ammettere dopo mesi di propaganda all'insegna di «abbiamo vinto» di essere in serie difficoltà. Il suo marchio di fabbrica, distruggere tutto compresi i civili perché le macerie non oppongono resistenza funzionava, c'era abbastanza materiale in ruderi per soddisfare gli appetiti di vittoria del suo comandante supremo. E invece...

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    Non si è prestato al siluramento dell'uomo che conquistò Aleppo riducendola in briciole con l'aviazione, il giusto peso. E se fosse l'anticamera di quello scricchiolio che, a orecchie tese, l'Occidente da più di cento giorni spera di avvertire nell'aria primaverile di Mosca, ovvero il tintinnar di sciabole, i mugugni degli alti comandi, ebbene sì il golpe aggiusta tutto?

     

    Perché questo ci resta, dopo sanzioni e presunte aspirazioni alla rivolta della società civile e malattie a decorso assai lento. A rovesciare lo zar non saranno certo i cosiddetti oligarchi, una minutaglia troppo pavida e interessata per alzar la testa contro il padrone. Meno ancora i servizi di sicurezza, che, da vecchia spia, Putin maneggia come se fossero coltello e forchetta. Restano loro, i generali, che dispongono dell'unico arnese davvero indispensabile per rovesciare governi e tiranni, ovvero i carri armati.

     

    vladimir putin darth vader vladimir putin darth vader

    È stato un errore imbastire delle iliadi sui generali russi uccisi in combattimento, traendone vaticini di collasso militare. Diciamo la verità: se i generali cadono in battaglia è un buon segno per la salute dei rispettivi eserciti. Vuol dire che non erano burocrati da scrivania, collezionisti di decorazioni e gradi a sbafo, frequentatori, più che di trincee, di anticamere ministeriali. A mieter vittime in questi stati di servizio sono apoplessie e implacabili tassi di colesterolo.

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    I generali italiani dei tempi delle guerre mondiali, ad esempio, erano celebri tra gli stati maggiori stranieri soprattutto per l'altissima qualità dei loro cuochi. Gli eserciti in cui muoiono solo dai colonnelli in giù non sono in genere efficienti. Quando i marescialli di Napoleone non risultarono più negli elenchi degli eroi caduti in battaglia accanto ai «grognard» ma solo in quelli di contee e marchesati l'orizzonte del poverino si restrinse rapidamente all'Elba e a Sant' Elena.

     

    I generali di Putin muoiono perché si arrabattano a comandare reggimenti e battaglioni per gli acciuffamenti quotidiani: già, scarseggiano gli ufficiali intermedi o non sono all'altezza, e quindi con fregi e medaglie devono avanzare anche loro in prima linea a controllare che i macelli si facciano a puntino.

    vladimir putin vladimir putin

    Storia più ricca di seguiti importanti invece è quella dei liquidati, caduti sotto il fuoco implacabile dell'equivalente russo del nostro collocamento a riposo. Che sono ormai un bel gruppo.

     

    Prendiamo Dvornikov, biografia e faccia interessante, significativa. Un classico militare non inceppato da sentimenti morali, un sinfoniarca del cannone e del plotone di esecuzione, il volto di quei re assiri scolpiti nei bassorilievi di Ninive per cui soldati e civili non erano altro che materiale da gettare nella fornace. A guardarlo in fotografia l'uomo fa paura, ha nello sguardo una specie di vibrazione fredda che mette la tremarella perfino a collaboratori e sottoposti. Sulla «libretta rossa» di questo sessantenne sta scritto un abc tattico in poche parole: annientiamoli tutti.

    Aleksandr Dvornikov Aleksandr Dvornikov

     

     Un tipo così lo immaginate, ora, a spasso per i vialetti di San Pietroburgo o del parco Gorki a spettegolare con qualche altro incartapecorito pensionato e rinvangare i bei tempi della Siria? Laggiù ha lavorato soprattutto con le forze speciali e i finti mercenari tipo Wagner. Negli anni passati a eliminare gli oppositori di Bashar assai più che i jihadisti deve aver saldato fedeltà personali con questi centurioni fracassatori e dai mediocri scrupoli. Li può chiamare a raccolta per afferrare il potere. E la Russia di oggi non più quella sovietica dove era il partito che controllava i fucili.

     

    MURALES DI PUTIN A BUCAREST MURALES DI PUTIN A BUCAREST

    Ci ammaestrano Malaparte che compilò un prontuario per il colpo di stato che, pare, affascinò anche Lenin, e i sudamericani che ne hanno fatto quasi una scienza esatta: il golpista perfetto, efficiente non ha una ideologia o dei sogni politici. Semplicemente lo muovono o il rancore o la paura.

    Putin ha commesso forse un errore, non ha applicato la lezione di un maestro forse insuperato in tirannide, Stalin. Il georgiano i generali, anche solo per un sospetto, non li mandava in pensione, li consegnava agli artigli dell'Nkvd e ai sotterranei della Lubianka. Con le «purghe» in un colpo solo furono eternamente collocati a riposo tre marescialli si cinque, tutti gli ammiragli, l'80 per cento dei generali di corpo d'armata e di divisione. Così mancava la materia prima per aspirare a un golpe. Inaridita alle radici.

     

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    A vincere la guerra, poi, bastarono qualche superstite e raccomandato come Zukov e Rokossovskij (ammaestrato da galera e percosse). Un colpo di stato è una operazione complicata, soprattutto in un posto come la Russia putiniana, se fallisci l'unica via di uscita è la morte. Il sospettoso Putin, oltre che sul suo fiuto nello scovare i traditori, può puntare su una constatazione: per ammutinarsi occorrono truppe fedeli, i generali da soli non bastano. E forse i soldati russi odiano più i generali, corrotti e incapaci, che lui.

    vladimir putin al vertice del csto patto sulla difesa collettiva vladimir putin al vertice del csto patto sulla difesa collettiva vladimir putin vladimir putin PUTIN COL GENERALE MURADOV PUTIN COL GENERALE MURADOV VLADIMIR PUTIN E LA NATO MEME VLADIMIR PUTIN E LA NATO MEME VLADIMIR PUTIN BY CARLI VLADIMIR PUTIN BY CARLI VLADIMIR PUTIN - MARIUPOL - VIGNETTA DI CARLI VLADIMIR PUTIN - MARIUPOL - VIGNETTA DI CARLI putin gerasimov putin gerasimov

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