Francesco Verderami per il "Corriere della Sera"
berlusconi salvini meloni
Appuntamento tra la Quarta e la Settima: è l'incrocio delle votazioni dove i leader politici scommettono terminerà la corsa per il Colle. Oggi invece i partiti sceglieranno la scheda bianca, che è il modo migliore per non contarsi e non mostrarsi come sono. Divisi. E se sono divisi i partiti, figurarsi le coalizioni. Nel centrodestra del «dopo Berlusconi», Salvini e Meloni sono davanti a un bivio esistenziale: senza il Cavaliere a far da mastice e da ammortizzatore dell'alleanza, devono gestirsi un rapporto personale difficile e un passaggio politico che potrebbe segnare le loro sorti e quelle del rassemblement.
ANDREA RICCARDI
Forza Italia è fuori dai giochi, esposta ai rischi di un'Opa ostile da destra e dal centro: è per tutelare il suo partito che l'altra sera Berlusconi aveva detto no a Draghi per il Quirinale. Il capo della Lega non ha terne per prevalere nel ruolo di kingmaker. La presidente di FdI vuole evitare di restare esclusa dalla partita. Entrambi non hanno margini di manovra e sanno che dovranno infine accettare una soluzione «condivisa»: Casini o Draghi. Nel primo caso il centrodestra si spaccherebbe sul voto per il nuovo presidente della Repubblica. Nel secondo si spaccherebbe sul voto per il governo.
MARIO DRAGHI
Nel centrosinistra l'idea di votare subito Riccardi è rientrata, perché avrebbe scatenato i franchi tiratori del Movimento e del Pd, affondando immediatamente la coalizione e il candidato che ieri aveva cambiato i profili facebook, postando le sue foto insieme a Mattarella e Merkel. È tale la preoccupazione per un agguato a scrutinio segreto che Letta chiesto ai grandi elettori dem di non fare «come i ragazzini di una scuola materna».
Pier Ferdinando Casini
E siccome non vede vie d'uscita, stretto com' è dai capi delle correnti interne, dopo essersi barcamenato tra Draghi, Casini e Amato è tornato a chiedere il bis di Mattarella. Sarebbe clamoroso se il leader del Pd non avesse informato il capo dello Stato prima di citarlo pubblicamente, il fatto è che Conte dentro M5S è tagliato fuori: il trio Di Maio-Fico-Grillo ha deciso di sostenere il premier in opposizione all'ex presidente della Camera, ritenuto il candidato del «patto di sindacato dei partiti in crisi». Come se loro non lo fossero. Quanto a Renzi, si trova tra la Quarta e la Settima, tra la votazione che potrebbe eleggere Casini e quella che potrebbe eleggere Draghi.
giuliano amato
Sul primo pensa di arrivare all'accordo con Salvini, perché - come disse mesi fa Giorgetti a un dirigente del Pd - «i due Matteo» avrebbero un patto di mutua assistenza già siglato. Infatti ieri il capo della Lega non ha bocciato Casini, ha solo specificato che «non è una proposta del centrodestra».
Il fondatore dell'Udc appare sulla carta favorito rispetto all'ex presidente della Bce, alla vigilia di una corsa che mette alla prova i nervi di chi dovrà deciderla. Per allentare la tensione, da ieri il centrista Quagliariello risponde al telefono ai suoi interlocutori con la più classica delle espressioni casiniane: «Fratello nella fede, come va?». Va che Renzi non è convinto dei numeri e come se avvertisse una sorta di ineluttabilità delle cose, continua ad andare avanti e indietro dalla Settima, dove immagina di trovare Draghi.
GIUSEPPE CONTE CON ENRICO LETTA
Tutti chiedono al premier di «intestarsi un'iniziativa politica», se vuole essere votato al Colle. Il leader di Iv lo spiega chiaro e tondo, Salvini lo fa capire quando parla di quanto sarebbe «pericoloso» se Draghi lasciasse Palazzo Chigi, mentre Letta cela la richiesta dietro una citazione sul «ruolo fondamentale del presidente del Consiglio in Italia e nel mondo». La traduzione dal politichese la offre un gustoso siparietto tra due deputati della maggioranza.
Il primo dice: «Draghi non può fare il marchese del Grillo con i partiti. Deve sedersi al tavolo e chiudere l'intesa sul suo successore e sull'assetto di governo». Il secondo gli risponde: «E pensi che Draghi si siederebbe mai a questo tavolo da gioco, sapendo di avere a che fare con due professionisti di poker come Renzi e Casini?».
salvini renzi verdini
Appuntamento tra la Quarta e la Settima: i leader sperano di non sbagliarsi. E tanto basta per capire che l'impasse è la rappresentazione plastica della crisi di sistema nella sua fase terminale. Perciò un membro della segreteria pd affida all'incontro di oggi tra Letta e Salvini un «ruolo decisivo, perché sono a capo degli ultimi due partiti rimasti». A patto che i loro partiti li seguano a scrutinio segreto.
letta renzi