Quirino Conti per Dagospia
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Intanto che la Moda, capendone praticamente niente, si riempiva la bocca di Metaverso, un po’ come fu con Postmodern e Concettuale (…che ci sia ciascun lo dice, cosa sia nessun lo sa), e guai a incappare in un azzimatissimo manager – nell’ambiente, un argomento da maschi maschi – senza avere almeno due o tre ovvietà da sparare nebulosamente in proposito; proprio mentre la più succulenta delle parole chiave stava persino esplodendo nei cuoricini delle “belle di pomeriggio” genere Ferragni-Fedez o Zendaya-Holland, a Putin venne la maligna idea di far saltare il tavolo (naturalmente non il suo, quello chilometrico realizzato in stile a Cantù).
QUIRINO CONTI
Ma con scarsi risultati, dal momento che, come fu già per Chanel (poi persino incarcerata per collaborazionismo), si fece di tutto per tenere in piedi la stagione – che, va detto, nonostante l’ombra del Metamondo si è rivelata piena di senso e forse perfino più pensosa del solito; e (nonostante i carri armati) leggerissima: per Fendi come per Prada (nonostante Simons), un po’ meno per Gucci e con allestimenti faraonici per Versace e Dolce&Gabbana.
L’argomento principe? Lo stesso di quando Mademoiselle Coco dovette chiudere il suo atelier: comunque restare in piedi, resistendo alla violenza e al male. Con il lavoro e la qualità della bellezza, e persino con il sacrosanto diritto alla superficialità. E comunque, con quel dannato Metaverso tra i piedi che in ogni caso andava sempre citato. Puntando con decisione su un mondo parallelo, quello della realtà virtuale del genere che Marck Zuckerberg ha annunciato nello scorso ottobre con un nuovo nome per Facebook: Meta. Subito seguito a rimorchio dall’interesse di aziende come Microsoft e Apple.
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E la Moda? La nostra cara, coraggiosa Moda?
Moda e Metaverso si annusavano già da qualche tempo: Balenciaga (Demna Gvasalia) è stato il primo marchio del lusso a “comunicare” con un videogioco; analogamente Burberry, Dolce&Gabbana, Louis Vuitton, Dior, Gucci e Moncler, tra gli altri, hanno poi avviato, gelosissimi l’uno dell’altro, significative collaborazioni interattive; mentre Adidas andava realizzando la collezione “Into the Metaverse” con l’intenzione di creare un cyber club molto esclusivo per i propri clienti e Nike acquistava di recente un'azienda di calzature virtuali che produce sneakers per il Metaverso.
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Moda e Metaverso erano, dunque, inesorabilmente destinati a incontrarsi una volta che Putin avesse tolto al mondo la poca gioia di vivere sopravvissuta alla pandemia? A cominciare, infatti, dalle entusiastiche dichiarazioni espresse in questi mesi dai due monopolistici grandi gruppi del lusso (Kering di François Pinault e LVMH di Bernard Arnault), tutti sembrano convinti che il futuro dei consumi sia in questa nuova dimensione, nella quale la propria identità digitale è importante quanto quella della vita reale (ora seriamente a rischio).
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Ma sarà davvero la Meta-Moda il nuovo Eldorado in grado di ridefinire i confini del desiderio e di dare una svolta all’instabilità del marketing?
Nelle previsioni (a cominciare da Morgan Stanley), entro il 2030 i giochi e le elaborazioni forniti dal Metaverso costituiranno il 10-12% del mercato dei beni di lusso, con ampie opportunità di utili. Ma al momento soltanto i grandi gruppi potrebbero impegnarsi in forti investimenti con ritorni a lunga scadenza (se i venti di guerra non li spazzeranno via insieme a tutto il resto).
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Nei tempi del suo massimo splendore, ciarliera e corsara, la Moda – la Vecchia Moda – correva all’arrembaggio di ogni prospettiva di mercato, più veloce delle sue stesse previsioni. La forza era nella esattezza delle intuizioni (i Maestri dello Stile del secolo scorso) e nella perfezione delle realizzazioni (i laboratori artigianali e le agguerrite aziende del settore). Macinando idee, consensi e guadagni.
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La Moda – la Vecchia Moda – era davvero “lo specchio del Mondo” e, spesso in anticipo, ne rifletteva l’immagine. Ora, sarà davvero la Meta-Moda a eccitare il terrorizzato “panel” dei consumi? Cosa si aspettano i grandi satrapi del lusso dal nuovo mondo digitale? E quale sarà, realisticamente, il consumo effettivo di Meta-Moda? Quanto durerà questa nuova ossessione che fa fremere tutto il settore? Ma di cosa? …”nessun lo sa”. Dal momento che, con le stesse prospettive virtuali, per il sesso tutto si è poi risolto con grandiose manipolazioni in solitaria.
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