Maurizio Porro per “La Lettura – Corriere della Sera”
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Raffaella Carrà è stata regina della tv e icona gay e santona del grande Almodóvar («È uno stile di vita»), ma pochi l'avevano finora accostata a Gandhi, Erasmo, Aristotele, Confucio e persino Sant' Agostino. Adesso, merito della filosofa-pop-giallista Marina Visentin, Carrà ha un nuovo posto nel gioco dell'oca della felicità: lo rivela Raffasofia (Libreria Pienogiorno). È l'eudemonìa il segreto, quel demone buono che segnala felicità. Se sentendo cantare Com' è bello far l'amore da Trieste in giù o A far l'amore comincia tu , vengono le farfalle nello stomaco ad Almodóvar, bisogna allargare il raggio emozionale. La scrittrice scruta la soubrette dei fagioli, senza dimenticare le lacrime versate per i Carramba! , cioè 625.416 litri (battuti Oliver Twist , Traviata e Incompreso ; conto elaborato dal programma tv di Canale 5 Target ), ma chi piange ha gli angeli vicino...
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Sfogliando la storia della filosofia, il libro crea una summa con citazioni: è operazione che deve molto a quelle che, ai primi furori massmediologici, furono le fenomenologie di Mike Bongiorno di Eco e gli studi su Bond. Visentin si diverte - verbo fondamentale - a intrecciare le canzoni della showgirl, fuori dal comune sentimento del pudore ma eccezionali nel sembrare dentro, accostandole, a rischio vertigini, a pensatori del passato prossimo e remoto: non a caso Visentin ha scritto Finalmente ho capito la filosofia .
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Alla base, la diffusione mondiale dello stile Carrà, per cui si può costruire un decalogo della Raffasofia sul sentirsi liberi e la leggerezza, che non è superficialità. Non compare Mosè, ma è certo che Carrà ha ricevuto le tavole dello showbiz. Partì con il cinema, fece un provino con De Sica per la figlia della Ciociara, sempre col nome di Raffaella Maria Roberta Pelloni, noto al Caffè Centrale di Bellaria, Rimini, gestito dalla nonna.
Nei favolosi Sessanta lo cambiò non badando a spese: Raffaella come Raffaello (Sanzio) e Carrà come Carrà, diciamo due noti pittori. Perciò il libro mira alto, cita Nietzsche e Kant come autori di un varietà del sabato di una volta, quando si sapeva chi erano. Prima delle Milleluci (paradiso perduto la coppia con Mina), Canzonissime e Fantastici , Raffa ha recitato con Ricci (Pirandello, altro filosofo), poi con Cervi, con Macario (Lucia in una parodia dei Promessi sposi ), mentre nel film I compagni mollava uno storico ceffone a Mastroianni, lo stesso Marcello che tre anni dopo, nel 1966, sgambettava con lei in Ciao, Rudy.
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L'artista non dovrebbe mai provare ad essere popolare, è il pubblico che dovrebbe tentare di essere più artistico. Carrà rovescia il paradosso wildiano: mostra l'ombelico come stesse cucinando i tortellini e balla fino a svenire come i dervisci. La sua è una rivoluzione senza spargimento di idee ma solo di intenzioni, e cita la femminista Emma Goldman, Che Guevara e Terzani. A questo punto Carrà è già in una botte di ferro, ma la scrittrice vuole l'en plein ed ecco il Mahatma Gandhi e la voglia di cambiamento: Raffaella, nell'Italia che non poteva divorziare né abortire, figuriamoci omo-amoreggiare, inizia la rivoluzione gaya.
Essere liberi di muscoli e sentimenti in top corto e pantaloni a zampa di elefante. Ma il magic moment fu il Tuca Tuca , motivo maliziosamente infantile, ma di bambini che hanno appena smesso di giocare al dottore. Per l'allusione al palpeggio diventa inno nazionalpopolare dopo che lo balla con lei il devoto Alberto Sordi, evitando lo scandalo vaticano.
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Nelle sue canzoni Carrà ribadisce la gioia di vivere e trovare un cuore gemello, come le aveva confidato e sperava anche Platone; è d'accordo con Oscar Wilde quando dice che la serietà è il peccato originale. Il disordine dionisiaco della danza, dice la scrittrice, è quello di Nietzsche, ma aggiunge la metafora di Hesse dell'uomo cipolla da sbucciare e, citando Alda Merini, sigilla che la superficialità inquieta, la profondità uccide.
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Ma il jolly di Raffa era la simpatia che esercitava sul pubblico anche nel gioco dei fagioli all'ora di pranzo: irritò Craxi ma divertì De Mita. Col telefono cominciò lei. Visentin cita il mistico persiano Rumi, mentre sulla tolleranza usa la pietra d'inciampo Voltaire. Carrà ripete con Simone de Beauvoir (su cui Visentin ha scritto la tesi di laurea) che non si nasce donne, lo si diventa.
E giù citazioni: Raffaella insegnava (allieva di Erasmo) che bisogna volersi bene, che ci vogliono pazienza e rispetto di sé, come le confidò Erich Fromm. Se si sbaglia, bisogna riprovare, le diceva il mistico indiano Paramahansa Yogananda. Così Raffa ha seguito Boncompagni e Confucio, Don Lurio e Beckett, Renato Zero e Sant' Agostino. Raffaella aveva il cielo stellato sopra di sé e una legge morale dentro, leggera come un angelo: la morte improvvisa, il 5 luglio, è stata l'ultima carrambata.
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