Lorenzo De Cicco e Matteo Pucciarelli per “la Repubblica”
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Il copione è quello classico: le faide grilline si combattono a colpi di «regole». Smaltite le bizze sul secondo mandato, ora nel Movimento ci si accapiglia sulle parlamentarie. Virginia Raggi, la più votata dei tre garanti del M5S, lo ha detto chiaro l'altro ieri: Giuseppe Conte non pensi di nominare i capilista bloccati, dribblando i clic della base.
Beppe Grillo stavolta è con l'ex sindaca. «In questa tornata - ragiona chi parla con l'ex comico - andranno in Parlamento solo i capilista: se li sceglie tutti Conte, che senso ha far votare gli attivisti? ».
VIRGINIA RAGGI GIUSEPPE CONTE
Raggi è uscita allo scoperto via Facebook, dopo settimane di insistenze private, in chat e al telefono, con l'ex premier. Che però non ne vuol sapere: «Le liste le firmo io - ribatte Conte - quindi la parola finale spetta a me». Di mezzo c'è un regolamento che va sfornato entro martedì, quando è previsto il voto online. Tocca a Conte proporlo. E a Raggi approvarlo, con Roberto Fico e Laura Bottici, gli altri due garanti.
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L'ex sindaca si sente all'angolo. Sperava nel seggio a Montecitorio, in chat ha postato più volte il link del Blog delle Stelle, 13 agosto 2020, in cui veniva riformato per la seconda volta il criterio del "mandato zero". «Avrei potuto benissimo presentarmi». È vero? Anche chi non simpatizza con Conte, su questo ha dei dubbi, perlomeno a rigor di regolamento.
virginia raggi alessandro di battista
Comunque alla fine non l'ha fatto, dice, perché sospettosa che il Movimento, passate le elezioni, ricada nell'abbraccio dem. Raggi, che ormai si muove come una politica scafata, aspetta sulla riva di Campo Marzio. Se il M5S scivolasse sotto il 10 per cento, la leadership di Conte potrebbe essere rimessa in discussione in tempi brevi.
Per questo scalpita, non vuole che i gruppi di Camera e Senato siano composti solo da fedelissimi dell'avvocato. Grillo, che Conte non l'ha mai amato fino in fondo e fino all'ultimo ha resistito all'idea che sul simbolo dei 5 Stelle finisse anche il nome dell'ex presidente del Consiglio, potrebbe cambiare cavallo. E puntare su di lei, mai rinnegata al contrario di Alessandro Di Battista.
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Raggi aspetterà il voto, insomma, per capire se il Movimento sarà scalabile o no. Certo non ha intenzione di rimanere a fare la consigliera comunale semplice, come dice Conte nelle interviste. «Sta provando a mettermi all'angolo, come voleva che mi ritirassi nel 2021, per fare l'accordo col Pd a Roma», maligna lei con i suoi.
C'è comunque un piano B, nel caso in cui il Movimento diventasse un'inespugnabile ridotta di ultra- contiani. Strappare. L'amico Di Battista, che per Raggi proprio nel 2021 si è speso eccome - «molto più di Conte», fa notare lei a chi le parla - non aspetta altro. Ecco allora l'idea che circola tra i raggiani doc: Virginia in corsa alle Regionali del Lazio. Da sola. «Per prendere il 5 per cento e avere un seggio sicuro, anche con una lista indipendente, bastano 100mila voti. Quelli che nel 2021 hanno preso le civiche di Raggi, senza M5S». Come a dire: il brand elettorale c'è tutto.
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Dopodiché tutta la vicenda delle regole per le liste elettorali sta agitando i sonni soprattutto degli esclusi causa tetto dei due mandati. Per loro non c'è stata alcuna deroga, per gli altri invece sì: dal principio di territorialità alle pluricandidature, che Conte ha annunciato per sé. Al di là di proclami e rassicurazioni, le vecchia guardia non farà campagna elettorale. Né stanno piacendo i riferimenti dei vertici a presunti e possibili voti inquinati di dimaiani rimasti "loggati", che quindi potrebbero influenzare il voto. Da qui la promessa di rivedere le liste degli autocandidati, a piena discrezione del presidente del partito. In realtà la pratica non è nuova, e anzi nel 2017 Grillo stesse fece di peggio annullando il risultato di una votazione, quella per le "comunarie" di Genova. Corsi e ricorsi storici, solo che stavolta la corsa del Movimento non sembra più baciata dal vento.
beppe grillo luigi di maio alessandro di battista virginia raggi