1. DONALD, BORIS E LE PREVISIONI SBAGLIATE DEGLI ECONOMISTI
Federico Rampini per “la Repubblica - Affari & Finanza”
federico rampini foto di bacco (2)
Il 2019 è stato un altro anno nero per gli economisti. È una categoria dalle responsabilità enormi. Se nel mondo intero soffia il vento del populismo, la colpa è anche loro. Avendo sbagliato ogni sorta di previsione, diagnosi, prognosi e ricette prima della crisi del 2008, hanno contribuito molto a generare diffidenza verso gli esperti. E quando i tecnocrati vengono sfiduciati, il passo è breve per consegnare il governo agli incompetenti.
Ma anziché gridare allo scandalo perché il popolo è becero, bisogna prendersela con chi lo ha ingannato prima. Nel 2019 dove hanno sbagliato? Praticamente su tutto. Un coro unanime aveva pronosticato disastri immani se Donald Trump avesse osato mettere dazi sui prodotti cinesi; o se Boris Johnson fosse andato al governo nel Regno Unito. Io non simpatizzo né per Trump né per il suo amico inglese. Però mi corre l' obbligo di constatare che i disastri non sono avvenuti. L' economia Usa ha ripreso a correre e a generare posti di lavoro.
I salari operai crescono più adesso che sotto Obama. E dov' è l' Apocalisse generata dai dazi? La stragrande maggioranza degli economisti concordava sul fatto che le tasse doganali le avrebbe pagate il consumatore americano. Cioè che sarebbero state scaricate sui prezzi finali. Ma l' inflazione al consumo negli Stati Uniti resta ostinatamente inchiodata al 2% annuo o anche meno, cioè esattamente dov' era prima dei dazi. Eppure molte tasse doganali sono ormai in vigore da quasi due anni (si cominciò con acciaio, alluminio, elettrodomestici). Anche a Londra non è accaduta l' Apocalisse nei mesi di governo di Boris Johnson.
federico rampini foto di bacco (1)
Naturalmente gli "esperti" hanno la risposta pronta: l' Apocalisse è dietro l' angolo, non c' è stata ma sta per arrivare. Il trucco è semplice, basta spostare le lancette dell' orologio, le previsioni fallite nel 2016 (anche allora si disse che una vittoria Brexit avrebbe portato al collasso economico) sono state spostate al 2017, 2018, 2019, 2020. Idem sui dazi, la rovina non c' è stata ma solo perché tre giorni fa Trump si è pentito e ha raggiunto una tregua. Già, ma le previsioni dicevano che i dazi dovevano rovinarci già un anno fa.
È troppo comodo aggiornarle modificando il calendario. Il peggio è l' arroganza degli economisti. Dove sono le autocritiche per aver sbagliato sistematicamente tutto da molti anni a questa parte? Ci fu - è vero - un momento di sincerità e di onestà intellettuale. Ricordo quando la Regina d' Inghilterra fece la domanda semplice e scomoda agli economisti del suo Paese: perché non avete previsto la grande crisi del 2008?
Dall' associazione degli economisti arrivò qualche risposta seria, che accennava a una spiegazione imbarazzante: conflitto d' interessi. Troppi economisti vivono di emolumenti legati alle grande imprese, alle banche o alla finanza, che viziano la loro visione del mondo. Poco è cambiato da allora.
2. I DEM USA A LEZIONE DA BORIS
Federico Rampini per “la Repubblica”
BORIS JOHNSON DONALD TRUMP
Congratulazioni a Boris Johnson per la sua grande VITTORIA!". Quando Donald Trump passa ai caratteri maiuscoli su Twitter, è come se urlasse. Il trionfo del suo amico e sodale lo entusiasma. Nel 2016 la vittoria di Brexit nel Regno Unito fu il preludio e il presagio dell' inattesa elezione di Trump, meno di cinque mesi dopo. Nei due casi i sondaggi fecero un flop clamoroso. Nei due casi una costante fu la rivolta della classe operaia contro l' establishment. Nazionalismo e sovranismo, protezionismo contro la concorrenza dai Paesi emergenti, resistenza all' immigrazione: l' elenco dei punti comuni fra le insurrezioni populiste anglo-americane è lungo.
Le élite tradizionali (compresi i capitalisti, i top manager delle multinazionali, i repubblicani e i Tories di vecchio stampo) odiano o disprezzano i "gemelli" Donald e Boris, qualche volta scambiando i propri desideri per realtà. Gli economisti prevedono da due anni cataclismi nelle economie americana e britannica, mai avvenuti. Intellettuali e giovani universitari hanno avuto innamoramenti per Jeremy Corbyn, la riscoperta del marxismo è stata celebrata, ma il verdetto delle urne è deludente su quel fronte.
bilaterale donald trump boris johnson al g7 di biarritz
Perciò, subito dopo l' euforia di Trump, è interessante l' impatto dell' elezione britannica sulla sinistra americana a meno di 11 mesi da un altro voto di portata mondiale. La tv Cnbc apre i suoi servizi con "Le lezioni della vittoria di Johnson per i democratici Usa". Non c' è giornale, rivista, sito o talkshow televisivo che non affronti questo argomento sul versante Ovest dell' Atlantico. Lo scenario è abbastanza simile a quello inglese, con l' aggiunta dell' impeachment (anche questa si presta a paragoni interessanti).
Esistono almeno due versioni americane di Corbyn.
Bernie Sanders, il senatore del Vermont che si proclama socialista e già sfidò Hillary Clinton per la nomination nel 2016, è il più simile. Si può applicare a Sanders la battuta che il Financial Times coniò per Corbyn: reduci di una sinistra "vetero" secondo la quale la Guerra fredda fu vinta dalla parte sbagliata. Simpatizzanti del castrismo cubano, dei vari Chávez Maduro Morales, nonostante i fallimenti ripetuti. Piacciono, non a caso, a tanti giovani che della Guerra fredda o dell' Urss non sanno nulla.
elizabeth warren
L' altra simil-Corbyn in America è la senatrice del Massachusetts Elizabeth Warren, la cui carriera politica ebbe inizio con il movimento Occupy Wall Street e la protesta contro i salvataggi delle grandi banche, le diseguaglianze sociali, l' economia al servizio dell' un per cento di privilegiati. La Warren è più moderna di Sanders e Corbyn, non ha nostalgie di Che Guevara o t-shirt con la faccia di Mao. Insieme, la Warren e Sanders hanno un seguito che sfiora la metà della base democratica nei sondaggi.
Di recente però l' ascesa della Warren - che aveva sorpassato il moderato Joe Biden, ex vice di Obama - si è arrestata e ha dato segni di flessione. È accaduto che, per onestà intellettuale o ingenuità, lei ha scoperto le carte sulla sua riforma sanitaria. Porterebbe in America un sistema uguale a quello italiano, un servizio sanitario nazionale, gratuito o quasi. Il costo della transizione, che sposterebbe dal privato al pubblico l' intera sanità, lei stessa lo ha calcolato in ventimila miliardi di dollari per un decennio. Se a questo si aggiungono altre proposte simili per Warren e Sanders come il Green New Deal e l' università gratuita, la ricetta è chiara: trasformare gli Stati Uniti in una grande socialdemocrazia nordeuropea. Con una pressione fiscale molto più elevata di quella attuale, ma un modello più equo e solidale, meno diseguaglianze, più redistribuzione, più servizi sociali per tutti.
bernie sanders joe biden
È un' idea suggestiva, affascinante, però spaventa anche metà degli elettori democratici, inclusa una parte di classe operaia: vedono l' Europa come un continente stagnante, senza crescita. Forse sono smemorati, perché l' America fu una specie di grande Svezia nel periodo incluso tra Franklin Roosevelt e John Kennedy, l' era delle grandi riforme sociali, quando l' aliquota marginale più elevata sugli straricchi raggiunse il 70%. Quel modello però s' incagliò negli anni Settanta. Poi arrivò la rivoluzione neoliberista, guidata da un' altra coppia anglo-americana: Ronald Reagan e Margaret Thatcher.
Disprezzati e odiati dalle élite anche loro. La Thatcher venne "riabilitata" a sinistra solo da Tony Blair.
Reagan, che gli intellettuali europei trattavano come un rozzo cowboy, è stato rivalutato da Barack Obama.
Un' altra lezione che viene meditata dopo la vittoria di Johnson: guai a disprezzare gli elettori. Chi votò Brexit nel 2016 si è sentito preso in giro dai tre anni di rinvii che tentavano di svuotare quel referendum. Una parte degli americani prova irritazione di fronte all' impeachment: se Trump è indegno, se è un pericolo per la democrazia, molti cittadini pensano che la via maestra per cacciarlo è il suffragio universale. La sinistra radicale ha voluto l' impeachment, forzando la mano a moderati come Nancy Pelosi, presidente della Camera. Un altro caso in cui radicali alla Corbyn rischiano di essere i migliori alleati della destra?