Riccardo Crivelli per la Gazzetta dello Sport
nadal
Il Re Sole. C' è una luce lassù, irraggiungibile e di incomparabile bellezza. Rossa come il cuore.
Rossa come il sangue.
Rossa come la passione. Nadal è ancora e sempre al centro della terra, un eroe senza tempo che vinceva da ragazzo, meravigliando il mondo con quel dritto mai visto prima e le tenute colorate, e trionfa adesso che è uomo, come recitano le rughe attorno agli occhi e i segni di mille battaglie e mille ammaccature.
Conquistare uno Slam è un traguardo per il quale tutti sarebbero disposti a dare la vita sportiva: senza contare gli altri titoli lui, al Roland Garros, il più difficile e dispendioso, ci è già riuscito 11 volte. Solo Margaret Court mise 11 sigilli su un Major, gli Australian Open: ma stiamo parlando di un' altra epoca e di un altro tennis. La preistoria.
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DIVANO Questo è l' evo di Rafa, cominciato nel 2005 con il successo in quattro set su Puerta e ancora vivo e fremente, con l' eternità che si avvicina e nessuno che possa sottrarlo dal suo regno di ocra e sudore.
Thiem non aveva ancora 12 anni, allora, e come tutti i bambini appassionati della racchetta si emozionò davanti alla tv: «Però avrei faticato di meno se avessi continuato anche stavolta a rimanere sul divano». Già, se l' immaginava diversa, Dominator, la prima finale Slam in carriera, forte e baldanzoso del ruolo di unico eversore sul rosso del diavolo mancino nelle ultime due stagioni. Non c' è stata partita. Nadal, nella quotidianità, ha paura dei tuoni ma sullo Chatrier, casa sua, è una tempesta che ti avvolge e travolge, soprattutto se non lo tieni lontano dalla riga di fondo cominciando dal servizio.
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E l' austriaco batte con percentuali troppo povere nel primo set (45%) per non finire scosso dalle angolazioni maiorchine, concede troppe palle break (alla fine ben 17) per resistere alla marea montante di Rafa, non trova mai un antidoto alla sua ferale risposta che non gli consente di prendere il controllo. Sotto di due set, spossato da scambi pesantissimi che premiano sempre le cannonate dell' altro e malgrado la fasciatura del polso troppo stretta provochi una lieve perdita di sensibilità alla mano sinistra dell' avversario nel terzo set, Dominic si inchina al suo destino da sconfitto: «Non credo neppure di aver giocato male, ma quello che sta facendo Nadal a Parigi è una delle imprese più grandi della storia dello sport».
IN MARE E pensare che dopo il primo successo di 13 anni fa, il teenager Rafael si ritrovò a immaginare per sé un futuro di medio respiro: «Cosa farò quando avrò 30 anni? Sarò a pescare nella mia Maiorca».
Domenica scorsa ne ha fatti 32 e per Soderling, uno dei due eletti capaci di sconfiggerlo sulla terra parigina (nel 2009, l' altro è Djokovic nel 2015) e certo non l' amico del cuore, il romanzo è ben lontano dal vedere un epilogo: «Ha una fame che non vedo negli occhi degli altri e si muove meglio di quando era giovane: se rimane in salute, può tornare qui per altri tre o quattro anni e macinare tutti gli avversari».
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Perfino l' inesorabile trascorrere delle stagioni, perciò, si è arreso alla ferocia di un guerriero inimitabile: «Non è vero - si schernisce Rafa - contro il tempo devo farci i conti e non posso fermarlo.
Per questo mi godo il presente e assaporo questo trionfo, che mi lascia senza parole. Perché sembra tutto così naturale e invece arriva dopo momenti difficili, prima di Montecarlo non giocavo una partita da gennaio. Per questo non sono agitato per il mio futuro, mi preoccuperò quando non sarò più felice di alzarmi al mattino per il tennis».
ALLENAMENTI E' vero, nemmeno gli sfregi di un fisico lacerato da cento e cento sfide senza ritorno sono stati capaci di piegarlo, Rafa non si è mai arreso all' idea che la fine sarebbe arrivata per consunzione. Si lotta fino all' ultima stilla di energia, si cede solo quando scema la passione, perché il coraggio di guardare in faccia il dolore non morirà mai. Proprio vent' anni fa, Parigi festeggiava il successo di un altro figlio dell' isola di Maiorca, Carlos Moya, che adesso è all' angolo di Nadal come coach dopo il distacco da zio Toni (ieri in tribuna).
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Basta qualche parola di colui che fu il primo spagnolo numero uno del mondo per comprendere da dove sta germinando l' immortalità del pupillo: «Non gli ho mai sentito dire "sono stanco, per oggi basta così". Si allenerebbe ancora con l' intensità che ci metteva quando aveva 18 anni, a volte sono io a doverlo tenere a freno. Vederlo durante la preparazione è qualcosa di sconvolgente».
MILIONARIO Una vita dedicata al proprio sport, scandita nelle ore libere dal legame profondissimo con la famiglia e dai rapporti con gli amici d' infanzia. Se chiedete a chi lo conosce bene e perfino agli avversari che continua a torturare in campo di descrivervi l' uomo-Nadal, vi dipingeranno un ritratto di enorme rispetto e di profonda umiltà. Anche e soprattutto adesso che è entrato nel ristretto club dei tennisti che hanno guadagnato più di 100 milioni di dollari in carriera di soli premi (grazie ai 2.200.000 euro del trionfo di ieri), perché i soldi non sono mai stati un' ossessione e vengono per la maggior parte investiti nella Fondazione e nell' Accademia.
Si è concesso solo un paio di svaghi: l' ormai celebre barca per dormire in mezzo al mare cullato dalle onde e un' Aston Martin di cui si era invaghito nel 2008 a Londra, prima di Wimbledon. Il padre promise che lo avrebbe accompagnato a comprarla se avesse vinto il torneo: non immaginava che due settimane dopo il figliolo sarebbe stato capace di far piangere Federer sui prati più amati.
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FORTUNA Quel Roger con cui sta marchiando un avvio di secolo irripetibile, con il quale si è spartito equamente gli ultimi sei Slam dagli Australian Open 2017 e da cui lo separano adesso solo tre Major (17 a 20), prima che la rivalità rifiorisca sull' erba e, più che altrove, sul cemento americano. Rafa intanto mantiene il numero uno del mondo, che l' arcirivale può sottrargli già questa settimana a Stoccarda se raggiungerà la finale. Un duello che ha fermato la storia, ma che nei numeri non lo appassiona: «Ancora una volta, lasciatemi godere questa coppa. Certo, sono ambizioso, voglio sempre fare al meglio il mio lavoro, ma non sono il tipo di persona che invidia gli altri se hanno di più: perché c' è sempre qualcuno che possiede più cose di te e se ci pensi finisci per diventare frustrato. Ovviamente, 17 è un numero favoloso, ma perché significa solo che devo continuare a lottare a ogni torneo, che sia uno Slam oppure un 250».
Senza perdere di vista l' essenza pura dell' esistere di Rafa Nadal: «Al mondo ci sono tante persone che si impegnano come faccio io o magari anche di più, e semplicemente non hanno avuto la mia stessa fortuna.
Perciò posso solo ringraziare la vita per le opportunità che mi ha concesso: vincere 11 volte lo stesso torneo è qualcosa di unico, che non potevo nemmeno lontanamente sognare quando ho deciso che sarei diventato un tennista». Sia benedetto quel giorno.
NADAL THIEM