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    REAL IN BARÇA - CLASICO DA BRIVIDI: UNA MAGIA DI "HANNIBAL" SUAREZ FA VOLARE I BLAUGRANA A +4 NELLA LIGA - ESPLODE LA RABBIA DEI TIFOSI DEL REAL, PRESE A CALCI LE AUTO DI JESÈ E BALE - A BARCELLONA NESSUNO CRITICA PIÙ LUIS ENRIQUE


     
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    1. REAL CONTESTATO - VIDEO

    Da "corriere.it"

     

     

    2. SUAREZ SPINGE IL REAL LONTANO DAL BARÇA

    jese?? contestato jese?? contestato

    Gigi Garanzini per “la Stampa”

     

    Non il migliore dei clasici. Ma pur sempre uno spettacolo, stavolta di emozioni più che di giocate. L’ha vinto il Barcellona meritandolo nel finale, dopo un’ora di sofferenze assortite e di oggettiva inferiorità.
     

    BARCELLONA REAL BARCELLONA REAL

    Primo gol di Mathieu
    Certo, per un tempo almeno assai più che alle magie dei due attacchi stellari si è assistito a nefandezze assortite delle difese. Ha cominciato quella del Real, ma ben presto quella del Barca l’ha emulata e superata. Impresentabile Dani Alves, quasi sempre infilato Jordi Alba, a reggere la baracca è stata la coppia centrale che pure se li vedeva sbucare da ogni dove. Colpa degli esterni, di un centrocampo che poco filtrava e ancor meno rilanciava, colpa anche dei tre là davanti dove Messi è incappato in una serata da minimo sindacale, Neymar usava il fioretto in una partita da clava, e il solo Suarez ci provava seriamente, sia pur alla sua farraginosa maniera, prima di riuscirci con un colpo da fenomeno.

     

    mathieu mathieu

    Ma colpa soprattutto di un pronostico troppo sbilanciato che, sommato al gol del vantaggio di Mathieu, aveva troppo presto fatto pensare a una formalità. Invece il Real era ben vivo. E quando, dopo la sofferenza iniziale, ha cominciato a tranciare il campo con le sue combinazioni in velocità ha creato un nugolo di occasioni che ha avuto il solo torto di non concludere per il meglio. Gran regia mobile di Modric, movimento incessante e giocate d’autore di Benzema, brillante Marcelo anche per via che da quella parte si trattava d’infilare la vecchia gloria Dani Alves. E poi Ronaldo, si capisce, puntuale all’appuntamento con il gol del pari dopo averne schiantato sulla traversa in avvio uno assai più comodo.
     

    luis enrique ancelotti luis enrique ancelotti

    Sconfitta non meritata
    A proposito di vecchie glorie, quando Iniesta cammina come succede ormai abbastanza spesso tanto varrebbe far camminare Xavi, che anche al suo passo almeno rispetta i canoni geometrici. Ma non c’è tempo di approfondire perché con tutti quei campioni in campo tutto cambia in una frazione di secondo. Quella che serve a Suarez per controllare in corsa con l’esterno del destro un pallone da spedire nell’angolo lontano. C’entra ben poco con quel che è successo sin lì.

     

    suarez suarez

    Ma torna davanti il Barca, ed è una mazzata che il Real non meritava. Così come gli uni e gli altri meritavano sì e no la metà dei cartellini che Mateu Lahoz ha sventolato per tenere in pugno una partita dura ma non particolarmente cattiva. Fatto sta che il copione torna fatalmente a cambiare. Il Barça ritrova la serenità e le distanze, grazie anche all’ingresso di Xavi e Busquests. Il Real poco per volta le perde. Grazie a Casillas e a qualche errore di mira blaugrana mantiene il vantaggio nel confronto diretto (3-1 e 1-2). Ma i punti di distacco adesso sono quattro, se non ancora troppi certamente tanti.

     

    3. LA RIVINCITA DEL “CICLISTA” LUIS ENRIQUE: DA “SOR ZICHICHI” A “HOMBRE VERTICAL” - LA RABBIA DEI TIFOSI DEL REAL

    Francesco Persili per “Dagospia”

     

    ramos tifosi real ramos tifosi real

    Tormento Real ed estasi Barcellona. Il “Clàsico” finisce con il Camp Nou in delirio e la rabbia dei tifosi del Real che insultano e prendono a calci le auto di Bale e Jesè. I catalani volano a più quattro in classifica sui “blancos”. È la grande rivincita del “ciclista” Luis Enrique, che ha scalato la vetta della Liga e ora può centrare il triplete: il Barça è nei quarti di Champions dove se la vedrà con il Psg, è in finale di Coppa del Re e in campionato in tre mesi ha preso otto punti alla Casa Blanca.

     

    Sembrano dimenticati i conflitti con Messi e la ridda di polemiche e (presunti) ultimatum. Dopo la sconfitta all’Anoeta di Sen Sebastian con Leo e Neymar lasciati in panchina, sembrava finita per Luis Enrique: Messi, “l’uomo che è più di un club”, saltava l’allenamento e la spaccatura nello spogliatoio era così evidente che la stampa spagnola scommetteva sull’imminente cambio in panchina. Il tecnico asturiano veniva contestato per l’intransigenza delle sue idee e per il suo carattere spigoloso.

    luis enrique luis enrique

     

    Una critica non dissimile lo aveva accompagnato anche durante la sua esperienza sulla panchina della Roma. Bastarono pochi mesi per veder naufragare il “Progetto” di trasferire in riva al Tevere il tiki taka di Guardiola. Non gli venne perdonato nulla: i continui cambi di formazione, il possesso palla assimilabile a una pratica di onanismo pallonaro, l’integralismo nella gestione dello spogliatoio che lo portò ad escludere De Rossi per un ritardo di pochi minuti a una riunione tecnica, il mental coach, le metodologie di allenamento. Arrivederci e grazie. A fine stagione, “sor Zichichi” come venne ribattezzato dalle parti di Trigoria, sbatté la porta e se ne tornò in Spagna.

     

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    Appassionato di bici, maratone estreme e triathtlon, Luis Enrique è abituato a non mollare nei momenti di difficoltà. Roma è riuscito a metterlo ko, Barcellona no. Il tecnico ha saputo uscire indenne da una tempesta di veleni, punture di spillo e colpi bassi. Non gli hanno risparmiato nulla. Dopo la sconfitta col Malaga i giornali spagnoli scrivevano di giocatori in confusione tattica “che in campo non sapevano cosa fare”. Poche mosse sono bastate all’asturiano per mettere le cose a posto.

     

    Fiducia ai tre tenori, Suarez, Neymar e Messi, che è partito sempre titolare e non è stato più sostituito. Meno tiki taka e più sostanza in mezzo al campo. Il lancio di Dani Alves e il colpo di Suarez nell’azione del secondo gol al Real spiegano in una istantanea fulminante il cambio di paradigma rispetto al guardiolismo. Dieci vittorie nelle ultime undici partite non mutano la filosofia pratica e quaresimale del tecnico di Gijon che al termine del Clàsico esala la sua felicità in poche parole: «Siamo stati bravi a saper soffrire». Etica del lavoro, sacrificio, impegno. Testa bassa e pedalare.

     

    Nessuna concessione all’esaltazione, tanto meno al godimento. Nella rutilante Barcellona Luis Enrique passa per essere un’anomalia, una “pecora verde”. Ma ora che i blaugrana hanno preso qualche metro in vista della volata finale in Liga e Champions, nessuno scherza più sul “ciclista” Luis Enrique. Con l’hombre vertical in panchina, il Barcellona è tornato a far paura.

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