1 - RECOVERY MISSIONE COMPIUTA
Alessandro Barbera e Fabrizio Goria per "la Stampa"
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Nonostante le tensioni, un'italianissima struttura burocratica, nonostante la corsa contro il tempo per raggiungere l'obiettivo, il governo di Mario Draghi riuscirà a centrare gli impegni fissati con l'Europa nel 2021 per il piano nazionale di riforme. O meglio, il 22 dicembre, nella conferenza stampa (anticipata) di fine anno, rivendicherà di averli raggiunti.
Lo farà con l'approvazione di una relazione, che verrà subito dopo votata dal Parlamento e trasmessa agli uffici competenti della Commissione europea. Se non ci saranno obiezioni, verrà riconosciuta la seconda tranche degli aiuti previsti dall'accordo firmato lo scorso luglio: sono circa ventuno miliardi di euro fra contributi a fondo perduto e prestiti.
MARIO DRAGHI RECOVERY PLAN
E' solo il primo traguardo di una maratona che finirà nel 2026. La parte più difficile della corsa sarà l'anno prossimo, in particolare fra aprile e giugno. Il piano sottoscritto con l'Unione prevede l'approvazione di tutta la riforma della concorrenza, dell'amministrazione fiscale, nuove assunzioni nei tribunali civili, penali e amministrativi, una vera infrastruttura statale per l'archivio e la protezione dei dati digitali, nuove norme per rendere più efficiente la macchina degli appalti pubblici.
RENATO BRUNETTA MARIO DRAGHI DANIELE FRANCO - PRIMA PAGINA IL FATTO QUOTIDIANO 8 DICEMBRE 2021
La somma di tutti questi impegni nel 2022 vale quaranta miliardi di euro, da suddividere più o meno equamente in due rate, una per semestre. Se il voto sul Quirinale dovesse produrre una crisi di governo e il voto anticipato, sarà improbabile sperare di raggiungere gli obiettivi. Per chi l'avesse dimenticato, di qui al 2026 il piano vale per l'Italia più di 190 miliardi di euro. Detta diversamente, la Banca d'Italia stima una crescita aggiuntiva del cinque per cento sul Pil di qui al 2024.
E' per questo che qui mercati e in molte cancellerie europee c'è allarme sull'ipotesi Draghi al Quirinale: se si andasse al voto, addio crescita aggiuntiva e addio alla tenuta del debito italiano nel lungo periodo, quando verranno meno gli acquisti straordinari di titoli pubblici della Banca centrale europea.
MARIO DRAGHI DANIELE FRANCO
La scorsa settimana, in lunghe e faticose sedute notturne, la Commissione Bilancio della Camera ha approvato decine di emendamenti per centrare intanto gli obiettivi del 2021. Molte norme sono state approvate, su altre la struttura tecnica di Palazzo Chigi e Tesoro troverà soluzioni creative, soprattutto in materia di appalti.
Il calendario è deciso: una cabina di regia, quasi certamente domani, approverà la relazione, in tempo per essere esposta in conferenza stampa. Il voto del Parlamento, già oberato dalle scadenze della Finanziaria (in gravissimo ritardo) dovrebbe avvenire entro il 27. Nel frattempo, sempre domani, l'aula della Camera voterà la fiducia sul decreto 152 di attuazione del Recovery Plan.
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Al Senato ci sarà giusto il tempo per il voto, senza nessuna discussione. Entrare nel dettaglio di quanto fatto è a dir poco complicato. Per capire quanto il processo è faticoso e certosino, basterà qui elencare alcune delle norme approvate: sulla gestione delle risorse idriche, il turismo, la transizione digitale, la distribuzione delle risorse ai Comuni del Sud per la messa in sicurezza degli edifici e del territorio.
Durante l'iter c'è stato anche uno scontro fra governo e Parlamento. E' accaduto quando, fra le pieghe del decreto, il governo aveva introdotto poteri speciali di attuazione per il ministero del Tesoro. Si trattava dello stesso tentativo fatto dal secondo governo Conte due quando ministro era Roberto Gualtieri, e allora finito sulle prime pagine di tutti i giornali. I poteri erano previsti dai commi sei e dodici dell'articolo nove del decreto. Quando la Commissione Affari costituzionali e il comitato per la legislazione della Camera hanno notato il dettaglio, è stato chiesto al governo di cambiare la norma.
DANIELE FRANCO MARIO DRAGHI
Tutti i decreti di attuazione del Tesoro, prima di essere emanati, ora devono passare dal parere del Parlamento. La scorsa settimana, durante le comunicazioni prima del Consiglio europeo, Draghi ha dato per scontato che il traguardo del 2021 è tagliato: «I cinquantuno obiettivi del piano sono in larga parte già acquisiti e siamo certi di raggiungerli nei tempi previsti».
Un'autorevole fonte della struttura di Palazzo Chigi, sotto stretto anonimato, conferma le parole del premier: «A questo stato dell'arte, e vista l'autorevolezza di Draghi in Europa, escludo ci saranno problemi». Per averne conferma basterà attendere un mese o poco più. La Spagna, primo ed unico Paese ad aver già rispettato tutte le scadenze, ha avuto il via libera in due settimane. Per l'Italia, primo beneficiario dei fondi del Recovery, sarà necessario qualche giorno in più.
meme su Mario Draghi e il recovery plan
Per Draghi il lavoro sul Recovery è stato il più faticoso e meno raccontato. Ha avuto difficoltà prima a mettere in piedi la macchina, poi ad ottenere risultati dalle strutture tecniche dei ministri. Nel corso dell'estate, quando ha avuto la percezione dei ritardi, se ne è lamentato con molti: ha messo pressione soprattutto al sottosegretario alla presidenza Roberto Garofoli, al ministro della Transizione ecologica Roberto Cingolani, al responsabile delle Infrastrutture Enrico Giovannini.
Talvolta è stato complicato anche capire quali fossero gli impegni che la Commissione chiedeva di rispettare. E' accaduto ad esempio ad ottobre, quando gli uffici si sono imbattuti nella «milestone P4/2021». Il governo si era impegnato ad approvare norme per migliorare le condizioni dei disabili in Italia. A Palazzo Chigi avevano inteso fosse sufficiente far approvare una legge delega da parte del Consiglio dei ministri, e invece nei contatti con Bruxelles si è scoperto che la condizione era l'approvazione della delega da parte del Parlamento.
L'anno prossimo la delega dovrà trasformarsi in norme. Non c'è palazzo ministeriale che non sia stato coinvolto nello sforzo. Oltre a Garofoli, sono state aperte unità di missione in ciascun ministero. Per far funzionare la macchina Palazzo Chigi ha dovuto allargare gli uffici a Palazzo Wedekind.
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Lì ci sono gli uffici della struttura tecnica del piano, affidati ad un funzionario del Senato, Chiara Goretti. Nello stesso palazzo c'è l'unità per la semplificazione, affidata al costituzionalista Nicola Lupo, una sorta di Mister Wolf al quale è affidato il compito di risolvere i dubbi interpretativi e risolvere le grane giuridiche. All'ex ministro del Lavoro Tiziano Treu è affidato il «tavolo per il partenariato economico, sociale e territoriale». E' lì che Comuni, Regioni e sindacati tentano di dire la loro nell'attuazione del piano.
2 - L'UE PRONTA AL SÌ: PER L'ASSEGNO BISOGNA ASPETTARE 3 MESI
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Marco Bresolin per "la Stampa"
«Ormai ci siamo». Negli uffici della Commissione Ue che stanno lavorando sul Recovery Plan italiano si respira ottimismo. Prima di Natale il commissario Paolo Gentiloni firmerà il cosiddetto «accordo operativo», un documento composto da qualche centinaio di pagine che elenca tutte le procedure da seguire e i documenti da produrre per presentare la prima richiesta di finanziamento (se si esclude l'anticipo del 13%), attesa entro la fine dell'anno.
Ma i fondi - attorno ai 21 miliardi, di cui la metà in sovvenzioni a fondo perduto - dovrebbero arrivare soltanto tra marzo e aprile: «Entro Pasqua» confermano più fonti Ue. I tempi tecnici per l'analisi dei documenti prodotti dal governo saranno infatti piuttosto lunghi: gli esperti della Commissione avranno bisogno di almeno uno-due mesi per esaminare tutto il dossier, poi la valutazione dell'esecutivo Ue dovrà passare al vaglio del comitato economico finanziario.
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Serviranno altre 3-4 settimane e soltanto a quel punto ci sarà il via libera definitivo al pagamento. Ma chi sta seguendo da vicino il dossier assicura che non sono sorti particolari problemi e che «non ci sono grandi elementi di preoccupazione nel merito». I quasi due mesi di lavoro che serviranno per arrivare alla decisione della Commissione - che sarà positiva - si concentreranno più che altro sulla parte burocratico-amministrativa. Possibile che vengano chiesti chiarimenti e maggiori dettagli su alcuni documenti, ma si tratterà di scambi «dal punto di vista tecnico e non politico».
La Commissione è convinta che l'Italia riuscirà a raggiungere tutti i 51 obiettivi previsti dalla tabella di marcia. C'è ancora un po' di attesa per vedere come verranno finalizzate alcune misure, tra cui per esempio il concorso per l'assunzione dei tecnici che dovranno lavorare all'implementazione del Recovery.
mario draghi al consiglio europeo
«Ma non ci sono grandi elementi di sostanza» assicurano i funzionari della Commissione. Il passaggio al tavolo del Consiglio potrebbe - almeno in teoria - nascondere qualche insidia, ma fonti diplomatiche si dicono certe che «il clima è molto cambiato» e che anche tra i governi dei Paesi più esigenti c'è molta fiducia nell'esecutivo. Il problema, semmai, potrebbe sorgere per la prossima tranche di finanziamenti che verrà chiesta verso la metà del prossimo anno: gli obiettivi da raggiungere sono ambiziosi e «l'Italia deve correre».
prima pagina del financial times del 22 aprile 2021 sul recovery plan di draghi
Un cambio di governo - questa è la sensazione - potrebbe rivelarsi un inciampo in grado di compromettere notevolmente il ritmo di marcia. Al momento soltanto la Spagna (il 12 novembre) e la Francia (il 25 novembre) hanno presentato la prima richiesta di finanziamento. La Commissione si è già espressa positivamente sul dossier di Madrid il 3 dicembre scorso e a breve dovrebbe arrivare anche l'ok del Consiglio che darà il via libera al versamento di 10 miliardi di euro.