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    REGENI TRADITO DA UN'AMICA: E’ LA TESI DEI CARABINIERI DEL ROS RIGUARDO NOURA WAHBY, COMPAGNA DI STUDI A CAMBRIDGE - A INCASTARLA TELEFONATE SOSPETTE E RAPPORTI CON I SERVIZI SEGRETI EGIZIANI  - LA RAGAZZA SI NEGA ALLE AUTORITA’ ITALIANE MA I SUOI RACCONTI SAREBBERO PIENI DI CONTRADDIZIONI


     
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    Floriana Bulfon per L’Espresso.it

     

    Giulio Regeni Giulio Regeni

    «Sappiamo, ed è dolorosissimo, che per paura o per varie forme di meschinità anche molti amici egiziani di Giulio lo hanno tradito o venduto». Con queste parole, più di un mese fa, l’avvocato della famiglia Regeni ha lasciato attonita la sala del Senato.

     

    Oggi uno di questi amici traditori, secondo l’analisi elaborata dagli investigatori italiani, potrebbe avere un nome: Noura Wahby. Egiziana, compagna di studi a Cambridge, da subito ha rivelato: «Giulio è il mio miglior amico». È lei a lanciare l’allarme su Twitter quel 25 gennaio ad appena cinque ore dalla scomparsa. Ma ora qualcosa nel suo comportamento desta perplessità.

     

    Il 13 ottobre, quando Giulio incontra per la prima volta Mohamed Abdallah , il sindacalista che poi l’ha tradito e consegnato nelle mani dei carnefici, Noura fa una telefonata. Meno di trenta secondi e la persona contattata chiama il quartier generale della National security. Una coincidenza? Accade una quindicina di volte. In alcuni casi è l’uomo a cercare Noura e lei subito dopo a telefonare a Giulio.

    NOURA WAHBY NOURA WAHBY

     

    Chi parla con la ragazza ha un filo diretto con i servizi segreti egiziani ed è persino in contatto con uno degli ufficiali che ha seguito il giovane ricercatore a gennaio. A svelarlo sono le comparazioni incrociate dal Ros dei Carabinieri. La procura di Roma ha da tempo presentato una rogatoria a Cambridge per sentire Noura, ma non ha avuto risposte.

     

    Il pm Sergio Colaiocco si è rivolto poi all’Fbi, vorrebbe chiarimenti in merito al contenuto e al perché di quelle conversazioni. Noura, che di recente è stata negli States, anche questa volta ha deciso di non parlare con le autorità italiane. Ha rilasciato solo qualche dichiarazione all’Fbi, con non poche contraddizioni.

     

    Le chiamate ci sono, avrebbe riferito, ma si tratta di pura casualità e quell’uomo è solo un suo amico. Nulla di più da spiegare. E dire che s’era dimostrata attiva nel chiedere aiuto e sostegno. Dal suo profilo Facebook accorata implorava: «Trovatelo, per favore». Era il 1 febbraio. Poche ore dopo Giulio, torturato e seviziato da giorni, veniva ucciso.

     

    NOURA WAHBY NOURA WAHBY

    L’unica volta che la ragazza parla alle autorità egiziane è il 18 febbraio 2016. Viene convocata proprio a Nasr City, il quartier generale della National security, dove sono presenti anche gli investigatori italiani. Possono solo assistere, è vietato fare domande. Conferma quanto scritto sui social, ma fornisce alcuni particolari. Giulio le ha confidato che un tassista l’ha additato come “spia” quando lui gli ha rivelato di essere uno studente.

     

    Questo, a suo avviso, è l’unico episodio che abbia destato timore. Poi parla della scheda sim egiziana utilizzata dal ricercatore italiano. È intestata a lei. Poteva quindi ottenere l’elenco delle chiamate effettuate e dei messaggi inviati. Ed è stata lei anche ad aiutarlo a trovare l’appartamento da condividere con l’avvocato Mohamed El Sayed, colui che durante le vacanze di Natale aveva ricevuto la visita di un ufficiale dei servizi permettendogli di entrare nella stanza di Giulio.

     

    Quando gli egiziani l’hanno sentito, alla presenza del team investigativo italiano, s’è guardato bene dal raccontare l’episodio. E nulla ha detto delle sue chiamate. Perché anche il coinquilino, proprio come Noura, in più occasioni ha telefonato a una persona che subito dopo s’è messa in contatto con Nasr City. A scoprirlo sono stati i nostri Carabinieri, che hanno meticolosamente analizzato e comparato il suo traffico telefonico. Anche da lui, la procura di Roma vorrebbe chiarimenti. Dal Cairo per ora non sono arrivate risposte.

     

    giulio regeni paola regeni giulio regeni paola regeni

    Qualche settimana fa, per l’ennesima volta, il procuratore Sadek ha assicurato la massima collaborazione; silenzio, invece, sulla possibilità di interrogare una decina tra generali, colonnelli, capitani della National security e del Dipartimento di polizia coinvolti a vario titolo nella vicenda. Tra loro i cinque referenti dei servizi segreti che hanno arruolato Abdallah per incastrare Regeni, come il colonnello Osam Helmy, lo stesso ufficiale che un anno prima aveva accolto la squadra investigativa italiana negando che l’intelligence egiziana avesse mai avuto a che fare con Giulio.

     

    GIULIO REGENI GIULIO REGENI

    C’è il maggiore Sharif Magdi Ibrqaim Abdlaal che ha coordinato l’operazione di spionaggio ed è lo stesso che ha falsamente accusato e arrestato Ahmed Abdallah, il capo dei consulenti della famiglia Regeni al Cairo. Ci sono i responsabili della cruenta messa in scena che ha portato all’uccisione di cinque innocenti. Nell’abitazione del presunto capo della banda sono stati trovati i documenti di Giulio, quei documenti che, secondo una testimonianza, sono stati estratti dalla tasca dell’ufficiale Mahmud Hendy e messi lì per fornire l’ennesima non verità. Hendy che era in contatto con uno degli uomini della Polizia chiamato da Mohamed Abdallah per riprendersi il video in cui registrava di nascosto Giulio.

     

    La procura di Roma e i nostri investigatori continuano ad incalzare e a imporre, per quanto possibile, il proprio ritmo investigativo per trovare i responsabili. «Non vogliamo una verità, ma la verità», spiega il generale Giuseppe Governale, a capo dei Ros. «La dobbiamo alla famiglia e a Giulio, un giovane italiano da cui tanti ragazzi dovrebbero prendere esempio per la straordinaria attitudine all’approfondimento e per la correttezza adamantina».

    GIULIO REGENI E AMICI GIULIO REGENI E AMICI

     

    Un giovane pulito tradito dalla “miseria umana” Abdallah, ma forse anche da chi si diceva amico. Come Noura, che ha pianto a due passi dai genitori, nella cappella dell’ospedale italiano Umberto I al Cairo, mentre la mamma teneva a lungo le mani sopra a quel sacco bianco che copriva il corpo martoriato e il volto sfigurato. E che poi, nonostante le dichiarazioni di vicinanza alla famiglia, ha scelto di rimanere nell’ombra.

    giulio regeni giulio regeni GIULIO REGENI CON LA FAMIGLIA GIULIO REGENI CON LA FAMIGLIA

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