Fabio Cavalera per il “Corriere della Sera”
BREXIT
Senza leader, senza Europa, senza Brexit. Con la bocciatura nella pagella dell' economia e la famosa tripla A dell' eccellenza ormai perduta. Con la Scozia minacciosa. E il Nord Irlanda pure. Un governo in uscita. E persino un governo ombra (quello laburista) a pezzi. Un quadretto da incubo.
Qualche settimana fa David Cameron poteva vantarsi di guidare un Paese con i migliori indici della crescita, con la maggiore stabilità politica, con la certezza di restare a Downing Street fino al 2020 e addirittura di scegliersi il successore, in pratica di governare anche dopo la fine del suo mandato ma mettendosi comodamente dietro le quinte. Il referendum ha fatto saltare tutto e adesso il primo ministro britannico è un primo ministro né carne né pesce perché alle spalle ha macerie politiche o quasi.
brexit 5
Che al consesso dei capi di Stato e di governo europei si presentasse un «fantasma» a rappresentare un Paese «fantasma» non era mai accaduto. A David Cameron è toccato. E bene o male questa giornata entrerà nella storia come lo è stata il 23 giugno. Per Cameron sarà probabilmente l' ultima volta.
brexit 1
Però gli andrà riservato il record di avere portato (ieri) nel continente la rappresentanza di un Regno Unito che non ha bussola, con la maggioranza dei conservatori che si scanna per trovare il prossimo inquilino di Downing Street e con l' opposizione dei moribondi laburisti che non sa come licenziare il debolissimo Jeremy Corbyn, europeo di facciata ma antieuropeo nel cuore, abbandonato dai suoi parlamentari (172 contro e 40 a favore).
«Voglio che il processo sia il più costruttivo possibile». David Cameron avrà le migliori intenzioni ma che sia lui a dettare l' agenda del divorzio è per ora scritto nel libro dei sogni.
L' interessato stesso lo esclude.
Anche se una promessa fatta oggi non vale più domani.
david cameron brexit
Comunque l' imbarazzante calvario a Bruxelles è d' obbligo. E il primo ministro britannico ormai «fantasma» di un governo «fantasma» vi ha ben poco da portare e da dire. Ha da prendere atto che le porte della riunione plenaria gli saranno chiuse in faccia e che al massimo gli sarà riservato l' onore delle armi di cene e saluti: lui, accompagnato da errori tattici e strategici imperdonabili, si è speso contro la Brexit.
CAMERON JUNCKER
Poi ha da prendere atto che le manfrine del partito conservatore (aspettiamo, vediamo) irritano gli ex partner d' Europa. I quali avranno mille colpe ma su una cosa non hanno torto: non può essere un partito, quello dei Tory, a tenere la rivoltella puntata contro l' Europa. La melina marcia in direzione opposta a ciò che lo stesso Cameron dice e cioè che «il processo deve essere costruttivo». Così le premesse di un divorzio «costruttivo» non ci sono.
david and samantha cameron 2
Il nodo rimane lì. A Londra. Chi ha guidato il fronte del «Remain» (Cameron) si chiama fuori. E chi ha vinto, un po' preoccupato e forse in cerca di una rassicurante via d' uscita, cerca di capire che cosa combinare. Nell' immediato c' è da risolvere la questione post Cameron. Entro giovedì notte i candidati usciranno allo scoperto e partirà la corsa.
theresa may
Di sicuro ci saranno Boris Johnson, che ha costruito sulla Brexit la sua scalata a Downing Street, e Theresa May, la ministra dell' Interno che è la più euroscettica fra gli europeisti. Nel futuro c' è da preparasi a terapie dolorose. Il cancelliere dello Scacchiere, George Osborne, intervistato dalla Bbc ha spedito questo regalo al successore di Cameron: «È molto chiaro che il Paese diventerà più povero. È il risultato di ciò che sta avvenendo». Tagli e tasse. Se lo dice chi controlla le leve dei conti pubblici, il Regno Unito non ha da brindare.