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1. ZERO, ORCHESTRA SINFONICA PER I 50 ANNI DI CARRIERA
Laura Martellini per il Corriere della Sera
«Con genitori comunisti, ho sempre subìto il fascino della Russia. Per questo ho chiamato il mio nuovo tour Zerovskij... solo per amore»: così Renato Zero festeggia i 50 anni di carriera. Come un «Don Chisciotte che non smette di sognare. Rivedendo me stesso negli anni 70 provo tenerezza e la sensazione di esser stato premonitore». Il primo luglio partiranno dal Centrale live del Foro Italico di Roma concerti sinfonici con un' orchestra di 61 elementi, trenta coristi e sette attori (biglietti Vivaticket dal 28 marzo).
il maestro renato serio photo andrea arriga
Spiega: «Non mi piace essere imbalsamato come artista pop, i miei miti sono Morricone e Sinopoli». Una scaletta con tanti inediti, raccolti in un concept album che uscirà a maggio: «Un viaggio con Adamo e Eva, sfiorando l' eutanasia e i movimenti dei popoli. Nonostante Salvini e Trump». In gran forma, redingote blu notte, osserva: «C' è una musica che arriva dall' estero e ci offende.
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Accendi la radio, ed è un copia e incolla. Noi italiani facciamo la nostra parte. Si è visto anche con il terremoto. Ma lo Stato non può essere un fantasma». Fonopoli? «Davanti allo strapotere degli sponsor mi sono fermato. Ma non rinuncio». Appena un anno da Alt: «Scrivo sempre. Zerovskij sarà pieno di brani che pesano. Ma non andrà in tv: trovo sia troppo inquinata dalle finalità commerciali». Renato dopo Renato, al netto dei sosia e con gli scongiuri del caso: «Mi farò seppellire alla Piramide con i miei costumi. E ciao core».
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2. BASTA CON LA MUSICA POP
Marco Molendini per il Messaggero
L' ultimo Renato come cognome ha scelto Zerovskij.
«Dostoievsij, Ciaikovskij, Maiakovskij, Baudovskij, Vesposkij, perché non io che faccio cinquant' anni di carriera?» esordisce ridendo e andando a leggere l' elenco che ha appuntato sul cellulare.
Ma la Russia che c' entra?
«Vengo da una famiglia di comunisti, quel paese mi ha sempre affascinato. Questa è una nuova declinazione di Zero, nome usato per tanti viaggi, cominciati con Zerolandia, il mio tendone che qualcuno chiuse per fare carriera».
La locandina recita: Zerovskij, tour 2017. Che ci dobbiamo aspettare?
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«Non un semplice concerto. E' un lavoro dove si racconta di tutto, dall' eutanasia alle migrazioni dei popoli, di Salvini e Trump che muovono le coscienze verso l' isolamento. Sul palco siamo più di cento: ci sono io, ma ci sono sette giovani attori che cantano, ballano e recitano. C' è un coro e c' è un' orchestra sinfonica diretta da Renato Serio».
E ci saranno le canzoni di Renato Zero. O no?
«Niente più pop, non mi va. Oggi si fa musica offensiva, copia e incolla, dove il primo che si alza si veste, come diceva mia madre per definire i furbi. Ci saranno soprattutto inediti che, a maggio, usciranno in un nuovo disco, più qualche brano della mia carriera che si adatta allo spettacolo come Marciapiedi. Il marciapiede non guarda se sei dei Parioli o di Pietralata. Se pia tutto».
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Sembrerebbe un musical.
«No, il musical classico può essere svilente. A me piacciono le cose alla Bob Fosse. All that jazz era insieme pittura, scultura, colore. Voglio dimostrare che si può dare di più, come dicevano i miei tre colleghi a Sanremo».
Lei sul colore non si è mai risparmiato.
«Stavolta lo spettacolo sarà scarno. Ci vuole poco a svaccare. Un po' mi dispiace perché avrei tanto materiale da riciclare. Ho ancora tutti i miei costumi. Conservo tutto, voglio portare le mie cose con me nel mio sarcofago come Tutankhamen».
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Una sorta di Zeronkamen.
«Proprio così. Ora filmo anche tutti i miei concerti,».
Ci sarà la tv per questo spettacolo?
«No, la tv mi ha scoraggiato. Ricordo quando, nel 54, a casa arrivò un Admiral di legno con i monopoloni. Sullo schermo c' era la nebbia tutto il giorno poi, a una certa ora, una signorina annunciava: prove tecniche di trasmissione. Oggi la tv è piena di ragazzette che non sanno muovere un passo e neppure aprire la bocca. Non c' è voglia di qualità. Ci si accontenta dei panini rifatti».
Questo spettacolo girerà per le arene, a Roma lo Stadio del tennis per 5 giorni, l' Arena di Verona, quella di Taormina. Oggi la musica per i grandi eventi, però, punta sugli stadi.
«A me lo stadio fa paura, le persone diventano formichine. Non voglio trasformare i sorcini in formichine. Nello stadio ci si marmorizza e, infatti la musica pop, oggi è imbalsamata. E poi non è più tempo di jeans e chitarrine».
A proposito di progetti, lei ha presentato la sua Fonopoli a tutte le giunte romane. Ne ha parlato anche coi 5 stelle?
«No, mi sono arreso. L' ultima proposta era fare 27 mila metri di esercizi commerciali e 5 mila di Fonopoli. La farò a mie spese, anche firmando cambiali. Tanto sono single e non ho vincoli testamentari».
Sul terremoto si era parlato di un grande raduno stile Live Aid del pop italiano. Perché è saltato?
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«E' meglio che ognuno faccia il proprio dovere in segreto. Io, poi, ho un legame particolare con quelle terre, una parentela con quelle zolle: mio padre era l' undicesimo figlio di una famiglia di contadini marchigiani. Ma lo Stato dovrebbe fare la sua parte e bisognerebbe che questo governo non fosse troppo fantasma».
Prima parlava di mezzo secolo della sua carriera. Da quando comincia a contare, dal primo 45 giri Non basta sai?
«Da domani. Per me potrebbero essere pure 18».
«Zerovskij- Solo per amore» debutta il primo luglio allo Stadio del Tennis con repliche il 2,4,5,6. Poi date a Lajatico, nel Teatro del Silenzio che Bocelli («per amicizia») ha messo a disposizione, a Verona e Taormina. Lo spettacolo, che sa tanto di Zerofollia, è il racconto sceneggiato da Renato di due viaggiatori nel tempo, Adamo e Eva, che si confrontano con Amore, Odio, Tempo, Morte e Vita e Zero-Zerovskij occupa il ruolo di una sorta di Virgilio.
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