Maria Teresa Meli per il “Corriere della Sera”
È ovvio che in una giornata come quella di oggi Matteo Renzi faccia fatica a trattenere l’entusiasmo. Anche se non vuole dare l’impressione di aver stravinto perché intende portare a casa altri provvedimenti.
MATTEO RENZI E DENIS VERDINI
Sull’Italicum, però, la minoranza del suo partito ha già annunciato battaglia. Per farla breve ha già detto che voterà contro. Eppure a Palazzo Chigi, numeri alla mano, sono convinti che se anche i dissidenti dovessero essere veramente tutti quelli che adesso fanno fuoco e fiamme, cioè una cinquantina, la riforma elettorale passerebbe ugualmente, con una maggioranza che può oscillare dai 330 ai 350 voti. E a quel punto diventerebbe legge dello Stato.
Il presidente del Consiglio ha fatto il punto con i suoi più volte nella giornata di ieri: «Ci confronteremo di nuovo con la minoranza, del resto, mi pare che nel nostro partito i luoghi di discussione non siano mai mancati, ma non possiamo certo ricominciare daccapo ogni volta. Insomma, l’Italicum si farà, a tempo debito, senza cambiare una virgola del testo attuale, ora ci occupiamo della scuola e della Rai». A tempo debito, cioè dopo le Regionali e le Amministrative, che potrebbero slittare dal 10 al 31 maggio.
MATTEO RENZI E DENIS VERDINI
Questo perché il secondo turno delle Amministrative, se le elezioni si tenessero il 10, coinciderebbe con la Pentecoste ebraica. Ma così la Consulta avrebbe anche più tempo per risolvere il problema della candidatura di Vincenzo De Luca, esprimendosi sulla legge Severino.
Dopo quella tornata elettorale, che vedrà Berlusconi scendere in campo insieme al leader leghista Salvini, secondo molti renziani e a giudizio dello stesso segretario del Partito democratico, Forza Italia «potrebbe cambiare idea» sull’Italicum. Magari di fronte alla minaccia di togliere i capilista bloccati (minaccia solo ventilata, ma che non verrebbe in realtà mai attuata).
bersani renzi
E se anche così non fosse, FI, ha spiegato il premier ai fedelissimi, «è un partito destinato a esplodere ed è quindi fisiologico che se vi fossero dei problemi una parte di loro voterebbe con noi». Il che non vuol dire che vi siano degli accordi sotto banco con i verdiniani, come sembra insinuare l’ex segretario Pier Luigi Bersani: «Voi — dice il presidente del Consiglio ai suoi — sapete bene che la storia dei patti segreti è una colossale sciocchezza. Semplicemente, l’Italicum non si tocca».
Ma gli stessi che vorrebbero toccarlo desidererebbero aprire anche un altro tipo di trattativa con Renzi, come spiega Davide Zoggia alla buvette della Camera dei deputati: «È chiaro — spiega il deputato bersaniano — che poi all’interno del partito dovremo trattare su quanti capilista spettano alle minoranze».
zoggia
Insomma, gli oppositori interni del segretario, vorrebbero le preferenze, contestano i capilista bloccati, fanno le pulci all’Italicum, però parlano già delle quote di seggi sicuri che dovrebbero spettare loro. Eppure sanno che difficilmente il presidente del Consiglio potrebbe perdonare uno strappo sulla riforma elettorale e poi fare finta di niente e rimettere in lista nei posti inamovibili coloro che gli hanno votato contro.
L’aria non è proprio quella. Anzi. Pur essendo certo che la «maggioranza alla fine sarà blindata» anche in questo passaggio, il premier-segretario ha lasciato intendere più volte che in caso di incidenti il rischio di scivolare verso il voto anticipato potrebbe farsi molto «concreto» anche se è sua intenzione arrivare «fino alla fine della legislatura».
montecitorio rissa tra onorevoli pd e sel 6
Però è ovvio che con un Parlamento ingovernabile andare avanti diventa complicato. Comunque, per sua natura, Renzi è malato di ottimismo cronico e anche sul versante più difficile, quello del Senato, dove la maggioranza sembra perennemente appesa a un filo, non sembra vedere tutto nero. «A Palazzo Madama — spiegava l’altro giorno — ci sono dei movimenti costanti anche tra i senatori dei 5 Stelle e in Forza Italia».