Antonio Signorini per il Giornale
RENZI FRANCESCHINI
Le primarie Matteo Renzi le ha già vinte. C'è persino chi si è scomodato a fare sondaggi per rilevare percentuali bulgare a favore dell'ex premier.
Ma nel partitone gli umori contano e la candidatura di Orlando sta crescendo. Ieri si è parlato di Dario Franceschini, ministro della cultura e potente ex Dc confluito nel Partito democratico, tentato dal collega titolare della Giustizia. Qualche movimento nelle federazioni locali del Pd, voci di corridoio accreditavano uno schieramento dei franceschiniani a favore del candidato della sinistra interna.
Scelta che è distante dal Dna di Franceschini. Esponente del Partito popolare, poi renziano senza tentennamenti, anche perché l'alternativa interna incarnata da Massimo D'Alema e Pier Luigi Bersani non poteva rappresentarlo. Difficile anche interpretarla come una puntata sul cavallo vincente.
ANDREA ORLANDO
Solo ieri un sondaggio di ScenariPolitici per Huffington post dava il segretario uscente al 61%. A distanza, Michele Emiliano con il 21% e solo terzo Orlando con il 18%. Percentuale da candidato di bandiera, almeno per il momento.
Quindi la ragione di una ipotetica scelta di campo di Franceschini per Orlando, o anche solo la spiegazione delle voci che circolano a tale proposito, è un'altra. Sono le ambizioni personali del ministro, una tattica di medio periodo per conquistare un ruolo istituzionale di primo piano. Il presidente della Camera e poi, magari, a tempo debito, il Quirinale.
RENZI FRANCESCHINI E LE STATUE COPERTE AI MUSEI CAPITOLINI
Il ministro, spiegavano ieri ambienti della maggioranza, vuole essere della partita post elezioni. I personaggi di rilievo non potranno che essere Renzi e Paolo Gentiloni. Il primo, nel caso improbabile di una vittoria schiacciante del Pd, grazie al premio di maggioranza, non potrà che essere premier. Nello scenario più probabile di una maggioranza da comporre, l'attuale premier potrebbe giocare un ruolo importante. Capace di ottenere consensi, anche al di fuori del Partito democratico. Il ministro della Cultura vorrebbe entrare nella partita, schierando i suoi prima delle primarie a favore di Renzi, ma solo ottenendo una contropartita.
Una condizione che il segretario uscente del Pd potrebbe accettare. Anche se i consensi alle primarie sono al sicuro, soprattutto dopo la scissione del Movimento democratici e progressisti, Renzi ha la necessità di tenere buoni gli esponenti locali del partito e perdere un esponente democratico influente come Franceschini sarebbe controproducente.
andrea orlando maria elena boschi
Senza contare che il ministro della Cultura può contare su una pattuglia di parlamentari fedeli che sfiora le 90 unità. Un punto di forza, ma anche un rischio. Non a caso, spiegavano ieri esponenti democratici, una delle poste in gioco è proprio la riconferma nelle liste degli eletti che fanno capo a Franceschini. Facile restare esclusi quando il voto politico cade dopo un congresso o le primarie. Il sostegno delle componenti del partito ha un costo e il ministro teme di essere il solo a doverlo pagare, in termini di mancate candidature.
Ieri ha ufficialmente lasciato il Pd l'ex presidente dell'Emilia Romagna Vasco Errani. Scelta inevitabile per l'esponente ultra bersaniano e commissario alla ricostruzione delle zone terremotate del centro Italia, che si augura di rientrare un giorno nella «casa comune».
Dentro il Pd Orlando sta emergendo come la candidatura che tiene insieme il partito doc, senza sfasciare. «Mi sono candidato per diversi motivi, l'ultimo sono state le parole di Michele Emiliano quando ha invitato a votare in questo modo: di qualunque partito siate, venite a votare contro Renzi», ha spiegato ieri lo stesso Guardasigilli. Una garanzia per esponenti locali di peso, come il presidente della Regione Lazio Nicola Zingaretti. Ma una sua vittoria riporterebbe dentro il Pd anche i democratici che sono confluiti nel nuovo movimento della sinistra, a partire da D'Alema.
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