DAGOREPORT - L’ASSOLUZIONE NEL PROCESSO “OPEN ARMS” HA TOLTO A SALVINI LA POSSIBILITA’ DI FARE IL…
Estratto dell’articolo di Valerio Palmieri per “Chi”
gege telesforo renzo arbore appresso alla musica
Se il 26 gennaio del 1926 l’ingegnere scozzese John Logie Baird inventò la televisione, possiamo dire che Renzo Arbore, alcuni anni dopo, l’ha reinventata. Lo ha fatto unendo musica, cinema, improvvisazione, lanciando personaggi, giocando con i meccanismi della tv per ribaltarli. Prima si è “allenato” con la radio, insieme all’amico Gianni Boncompagni, con Bandiera gialla, Per voi giovani e Alto gradimento, e poi ha portato il suo spirito, la sua goliardia, la sua cultura in tv.
renzo arbore appresso alla musica
Nel 1976 ha tracciato il solco con L’altra domenica, un contenitore del pomeriggio “alternativo”, stralunato, che spezzava la liturgia delle trasmissioni istituzionali facendone la parodia e avendo nel cast, fra gli altri, gente come Roberto Benigni, Milly Carlucci e Isabella Rossellini. Pochi anni dopo nacquero due titoli che rivoluzionarono l’intrattenimento e ispirarono la seconda serata: Quelli della notte e Indietro tutta. Programmi di atmosfera, che giocavano con l’alto e il basso […]
gege telesforo renzo arbore appresso alla musica 2
L’Arbore The Original o, come direbbe lui, “doc”, è tornato in tv su Raidue, nella seconda serata del giovedì, con Appresso alla musica. Premiata bottega di antiquariato musicale, uno show in venti puntate che ripercorre la storia del conduttore, dei suoi incontri con i grandi dello spettacolo e, di conseguenza, ricorda anche gli anni d’oro della Rai, che compie 70 anni. […]
La prima puntata di Appresso alla musica ha sfiorato l’8% di share (7,8%), con 653 mila spettatori, numeri da prime time di Raidue. «Gli ascolti sono importanti, ma anche la risonanza che ha avuto il programma è importante», ci dice Arbore. «Ho sempre cercato di fare trasmissioni di “alto gradimento” e sono al telefono ininterrottamente da giorni: questo mi fa piacere, è la risposta delle persone che hanno gradito. […]».
renzo arbore lega del filo d'oro
Domanda. La musica è stata il filo conduttore della sua vita e dei suoi programmi, che sono delle vere e proprie jam session di talenti: perché è così importante per lei?
Risposta. «La musica è un’arte straordinaria perché ti fa godere, ti rende nobile, ti astrae dai problemi, ma allo stesso tempo te li fa vivere con un suono diverso. Mio padre era medico ed era appassionato di musica classica, cosa che poi ha trasmesso anche a me e mi ha portato a vivere la musica come la grande consolazione della vita. […]».
D. Come Mina e Battisti lei ha lasciato la tv all’apice del successo, dopo Quelli della notte e Indietro tutta, e ha iniziato a girare il mondo con l’Orchestra Italiana. Come mai?
renzo arbore sulla terrazza della sua casa di roma
R. «Io da grande volevo fare l’artista. Ho fatto tante imprese artistiche, i successi sono stati quelli che ha citato, prima c’era stata L’altra domenica, e poi anche dopo con Speciale per me, ovvero meno siamo meglio stiamo. Ma volevo fare l’artista e volevo continuare a fare la musica, così ho fatto 30 anni di Orchestra Italiana, girando il mondo. […] I successi della tv si mangiano quelli della musica, ma ho avuto un grande successo con più di 1.500 concerti, 60-70 all’anno per rilanciare la canzone napoletana e i vecchi brani del dopoguerra».
D. Con i suoi programmi ha cambiato il linguaggio, penso all’“edonismo reaganiano” di cui parlava Roberto D’Agostino, e ci sono stati conduttori che si sono ispirati al suo swing, penso a Chiambretti, Fiorello, De Martino: si rivede in qualcosa di loro?
R. «Fiorello è un personaggio che viene dalla musica, improvvisa molto. Ma guardo con simpatia anche De Martino, che mi cita sempre, e dico che farà una carriera strepitosa perché ha talento.
renzo arbore con gianni boncompagni
In radio mi piacciono Lillo e Greg, che seguivano le nostre cose come Alto gradimento e fanno programmi che le ricordano. Di Chiambretti sono un ammiratore e spero che ritorni in Rai perché lui è figlio di una bellissima stagione di successo - la Raitre di Angelo Guglielmi - e ha inventato belle cose. Siamo la famiglia dei jazzisti, della tv di parola d’autore».
D. La Rai compie 70 anni, che cosa ci ha insegnato la tv?
R. «Innanzitutto ci ha unificato, ero “terrone” e sono diventato “nordista” e “isolista”, appassionato di tutto il Paese. Poi penso che oggi, per creare, si debba fare riferimento proprio all’intrattenimento della Rai, alla sua storia, che ci fa capire il passato e quello che si può riprendere dal passato per riportarlo nel presente».
D. È cresciuto con il mito dell’America. È vero che, quando disse a sua madre che sarebbe andato in America, le rispose: “Mi raccomando, vai piano”?
R. «Eh sì (ride, ndr) perché andare in America era una cosa insolita. Sono nato artisticamente nel dopoguerra ascoltando le canzoni americane e quelle napoletane».
D. Da grande ha comprato tutti i giocattoli che non poteva comprare da piccolo perché è nato durante la guerra, in periodo di povertà: a quali è più affezionato?
R. «Certamente al juke box. Lo guardavo da bambino con desiderio perché magari non avevo le cinquanta lire o le cento lire da inserire per ascoltare le canzoni. Poterlo avere a casa, con i pezzi dell’epoca, è stata una grande conquista. Sto preparando una mostra a Foggia con gli stessi architetti che progettarono lo studio di Indietro tutta con tutti i miei ricordi e sarà una mostra permanente che servirà alla città per fare cultura».
roberto d'agostino dago renzo arbore
D. Lei è un grande seduttore, ma non ha ceduto alla corte di Silvio Berlusconi che voleva portarla a Mediaset, come mai?
R. «Io sono entrato in Rai per concorso, sono arrivato primo e volevo mantenere la mia indipendenza anche dai famosi “indici di ascolto”. Ho pensato che la tv pubblica me lo potesse permettere più di quella commerciale. Ci sono stati molti incontri con Berlusconi, eravamo coetanei. Ricordo una cena a Milano durante la quale abbiamo fatto una gara di barzellette, ma non ricordo chi vinse (ride, ndr)». […]
D. Lei è un signore della tv ma con i suoi film, Il pap’occhio, nel quale si immagina di ringiovanire l’immagine del Pontefice fondando una tv per i giovani, e FFSS-Federico Fellini Sud Story, in cui si immagina di scrivere un film raccogliendo gli appunti del grande regista, ha fatto arrabbiare il Vaticano e poi Fellini.
R. «Il Vaticano non si è arrabbiato, anzi, ha gradito perché il film era molto rispettoso ed è stato sdoganato nel tempo. E anche Federico Fellini, che agli inizi era un po’ turbato dal fatto che il film lo citasse in modo curioso, poi mi ha perdonato, abbiamo fatto pace e c’è stata tra noi una bellissima amicizia».
D. Da anni è testimonial per la Lega del Filo d’oro: che cosa pensa dell’affaire Ferragni, il “pandorogate”, quell’iniziativa in cui non erano chiari i confini fra beneficenza e profitto?
R. «Quello dei social è un mondo che chiaramente non mi appartiene, non capisco molto gli influencer, ma intuisco che sia un mondo dove la parola “commerciale” è importante. Leggo che sponsorizzano molte cose, ma quella storia del pandoro è stata grave, ognuno è libero di fare come crede, ma penso sia stato uno sbaglio».
D. Cosa le fa paura del tempo che passa?
R. «Mi fa paura soffrire, far soffrire e vedere soffrire. È una cosa che mi tocca. Viviamo in un’epoca dura che non mi aspettavo, fatta di lutti, malattie, guerre. Per me, che ho vissuto, seppure da piccolo, i lutti della guerra, le tragedie, le macerie, vedere questo periodo così turbolento e rissoso mi addolora». […]
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