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    REPUBBLICA PARLA DI “SOGNO SCUDETTO SPEZZATO” PER LA ROMA. MA CHI AVEVA PARLATO DI TRICOLORE? MOURINHO AVEVA STOPPATO QUALSIASI FUGA IN AVANTI: “TANTA GENTE VENDE STORIE” -  LA ROSA DECIMATA, LA (NON) COPPIA MATIC-CRISTANTE IN MEZZO AL CAMPO, LA DYBALA-DIPENDENZA E GLI ESTERNI CHE NON VANNO: TUTTI I PROBLEMI DEI GIALLOROSSI - CASSANO AL VELENO: “LA ROMA NON RIESCE A FARE TRE PASSAGGI DI FILA. C’È TANTA CONFUSIONE” - VIDEO


     
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    Da romanews.eu

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    L’ex calciatore Antonio Cassano ha dato la sua visione sull’ultima giornata in campionato, soffermandosi anche sulla Roma di José Mourinho, nel suo nuovo format su Instagram intitolato “Habla Antonio”. Ecco le sue parole in merito al match disputato ieri sera alla Dacia Arena tra i giallorossi e l’Udinese.

     

    “Alla Roma non piace giocare. Ieri ha preso una svegliata, quattro gol a Udine. Non è che tu dici vai a Madrid contro il Real oppure contro il Barcellona e prendi quattro gol. Ha preso una rumba, non riescono a fare tre passaggi. Fanno grande confusione e non sanno cosa fare. Se vogliamo ogni volta giocare in contropiede, poi arrivano queste partite qua dove l’Udinese andava più forte di te, aveva più idee, più entusiasmo, più voglia e ha fatto quattro gol. Questa è la Roma che non mi esalta, questa è la realtà”.

     

     

     

    ROMA, L'AVVISO IN CODICE DI MOURINHO: COSÌ SI SPEZZA IL SOGNO SCUDETTO

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    Enrico Currò per repubblica.it

     

    Per vincere lo scudetto serve altro. È difficile spezzare già a inizio settembre i sogni di gloria dell'appassionato popolo romanista. Però la storia del campionato insegna che uno 0-4 alla quinta giornata è molto più di un inciampo, per chi vuole pensare in grande. Dopo la peggiore, inattesa disfatta della sua carriera italiana, Mourinho ha fabbricato uno dei suoi classici aforismi, stavolta sotto forma di ovvietà alla Catalano di arboriana memoria: meglio perdere una volta pesantemente che quattro volte di misura.

     

    Ma l'apparenza può più che mai ingannare. Non è che l'uomo della famosa arringa sugli "zero tituli", nata nel 2009 dalle disquisizioni su un rigore concesso all'Inter proprio contro la Roma e segnato da Balotelli, si sia improvvisamente piegato alla banalità.

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    È che ha voluto sottolineare, ricorrendo anche al sarcasmo verso Maresca e spostando l'attenzione sugli errori dell'arbitro da lui profetizzati (però l'ammonizione di Dybala e la spinta di Becao a Celik non cambiano la sostanza, Sottil ha vinto inconfutabilmente il duello tattico), come una sconfitta in cinque giornate non sia un dramma, ma anche come possa diventare già un allarme rosso.

     

    La rosa decimata

    Ridimensionando i quattro gol subiti dall'incerto Rui Patricio col concorso di una difesa pessima e di un centrocampo statico, il più abile tra i conferenzieri obbligati del dopo partita si è sforzato di evitare che venissero ridimensionate, di conseguenza, le tre vittorie con Salernitana, Cremonese e Monza, che avevano proiettato la Roma in cima alla classifica.

     

    Tuttavia la seconda parte del discorso di Mourinho, più legata all'andamento tattico della serata e in particolare al rendimento di Dybala, ha finito con l'alimentare i dubbi sulle effettive ambizioni della Roma, già seminati con le allusioni al nuovo fair-play finanziario, che secondo l'allenatore accentuerà il divario tecnico tra i club ricchissimi e gli altri. Cioè anche il divario tra le squadre ricchissime e la sua, già sanzionata dall'Uefa, nell'ultima sentenza del vecchio fair-play finanziario, col virtuale blocco del mercato per due stagioni.

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    La decimazione della rosa è stata fatale nella trasferta in Friuli. Le assenze di Zaniolo, El Shaarawy, Wijnaldum, Kumbulla e Darboe (ora si aggiunge il guaio alla spalla per Abraham) non sarebbero state semplici da affrontare per nessuno e il recupero a scaglioni degli infortunati sarà, di per sé, un rinforzo. Ma l'emergenza, nell'era del calendario ipertrofico, è per qualunque squadra un imprevisto costante: nello specifico diventa un punto debole.

     

     

    Se Dybala contro l'Udinese è stato il migliore in campo, come Mourinho ha voluto sottolineare a più riprese forzando un po' il concetto, significa innanzitutto che i compagni non sono stati all'altezza del fantasista argentino. E che la coda della campagna acquisti ha smascherato i limiti di una rosa con poche alternative, messa a nudo dagli infortuni.

     

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    Certo, il virtuale numero 10 romanista (anche se indossa la maglia numero 21), il meno blasfemo per i tifosi tra i presunti eredi di Totti, insegue il Mondiale e può dunque innalzare il livello della sua squadra di club, accelerando la corsa per convincere il ct Scaloni non solo a convocarlo, ma ad affidargli in Qatar un ruolo centrale, per quanto possibile, nella Nazionale di Messi.

     

    A Udine Mourinho ha cercato di mettere Dybala nelle migliori condizioni tattiche. Lo ha lasciato libero di assecondare l'estro, senza una vera posizione canonica. Nel primo tempo ha permesso che Pellegrini arretrasse sulla verticale di Dybala, per imbeccarlo o per duettare con lui. Nel secondo tempo ha inserito Celik e Belotti, poi anche Zalewski, perché il gioco fluisse più in profondità e perché l'inventore trovasse più spazi in cui lanciarsi o più imbucate da cercare. Non è servito a molto, se non a constatare poi, quando l'allenatore ha dovuto commentare la batosta, quanto la Roma dipenda agli occhi stessi del suo stratega dal giocatore più forte.  È un'ovvietà. Però, siccome Mourinho non si piega alle banalità nemmeno quando apparentemente le dice, suona come un avvertimento. O forse come il crudele avviso in codice ai sognatori: questa Roma non può bastare per lo scudetto e mette a rischio anche l'obiettivo del ritorno in Champions.

     

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