Gabriele De Stefani per www.lastampa.it
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«E’ urgente riorganizzare la società, il Consiglio deve assumere oggi stesso ogni conseguente decisione». È il 12 ottobre quando Fabio Lazzerini, amministratore delegato di Ita Airways, entra nella palazzina Alfa di Fiumicino e davanti al cda sveste i panni dell’uomo azienda, del tecnico che ha scalato la compagnia di bandiera.
Al culmine di mesi di veleni, Lazzerini lancia la sua offensiva verso il presidente Alfredo Altavilla. Il suo è un elenco di accuse che riempie cinque pagine di verbali. E dietro ce ne sono decine di report interni e mail intercettate che scoperchiano dossieraggi, diffusione di notizie false, favori personali, scontri.
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È l’ennesimo capitolo nero nella storia della compagnia di bandiera che va ad aggiungersi a decenni di denaro pubblico gettato al vento per un totale di 14 miliardi di euro, ai 2 milioni di euro persi ogni giorno dal 2014, ai manager condannati per bancarotta, alle procedure Ue per aiuti di Stato, alle manovre spericolate della politica al confine tra clientele e supposto interesse nazionale.
Quando prende la parola, l’ad sa di avere dalla sua parte l’azionista della compagnia, quel ministero dell’Economia che nonostante il cambio di governo resta schierato contro il presidente. E Lazzerini dalla sua parte ha anche sei consiglieri su nove: tutti dimissionari e tutti pronti a votare per la cacciata di Altavilla. Come faranno non appena l’ad avrà terminato la sua relazione, che poi sarà arricchita di altri dettagli nel consiglio successivo convocato appena otto giorni dopo.
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I capi d’accusa verso il presidente sono sostanzialmente tre: gestione padronale dell’azienda, con tanto di voli per la Sardegna accomodati per parenti e amici a spese della compagnia; favoritismi alla cordata Msc-Lufthansa nella trattativa per la privatizzazione; diffusione di false notizie contro lo stesso Lazzerini e i consiglieri nemici, con pressione su alcuni media e ammorbidimento di altri.
Tutti elementi che ora rischiano di finire in due diverse cause. Una è quella che Altavilla ha annunciato contro il suo allontanamento, l’altra è quella che il Tesoro si riserva di promuovere contro il manager: in questo caso la citazione in giudizio non è partita, ma resta sul tavolo del ministero, che l’ha approvata in assemblea.
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L’estate in Sardegna
Alle 9.15 del 6 agosto scorso da Fiumicino decolla il volo AZ330 per Cagliari. A bordo c’è Altavilla, insieme a un gruppetto di parenti e amici. Di solito quella tratta viene coperta con un Airbus A320 da 150 posti, stavolta c’è un Airbus A330 da 290 passeggeri. Di solito viene usato per le tratte intercontinentali. Perché stavolta (e al ritorno, il 13 agosto) viene impiegato per un volo interno? Dice Lazzerini in cda: «I voli Fiumicino-Cagliari sono stati upgradati ad aeromobili wide body per ospitare la partenza del presidente e del suo entourage per le vacanze. La ricostruzione dell’episodio ha dimostrato oggettivamente una gestione privatistica dei voli».
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Mentre parla in Consiglio, l’ad ha tra le mani l’esito dell’indagine interna sul caso. Gli uffici che hanno organizzato i voli mettono nero su bianco che il cambio dell’aereo è stato deciso non sulla base di un’analisi commerciale, ma su richiesta del top management: quando Altavilla chiede i biglietti, non ci sono più posti e allora si opta per un aereo capace di portare al mare il presidente con parenti e amici. In quei giorni a svelare la storia è il Manifesto, ma la notizia non diventa un caso perché la smentita della compagnia è netta. Ma falsa, secondo Lazzerini: «Questa vicenda ha indotto l’azienda a dichiarare una cosa diversa dalla realtà smentendo questa notizia».
La trattativa
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La guerra interna ruota intorno alla privatizzazione. Ita Airways nasce a metà 2021 sulle ceneri della vecchia Alitalia con un traguardo già deciso: la vendita. Parte con un quarto dei dipendenti, una capitalizzazione di 3 miliardi tutti messi dal Tesoro, deve essere una compagnia snella, crescere e poi finire con gruppi più importanti.
Due cordate in corsa per rilevarla: l’alleanza tra le crociere italo-svizzere di Msc e Lufthansa da una parte, il fondo americano Certares con Air France e Delta dall’altra. Altavilla ha la delega alla privatizzazione, ma la decisione finale spetta al governo. La preferenza di Altavilla per Msc-Lufthansa è nota. Certares però protesta: il fondo americano sostiene che Ita ne ostacola l’accesso alla data room dove ci sono le informazioni a cui ha diritto chi partecipa ad una gara pubblica e deve formulare un’offerta.
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Il Tesoro accoglie le lamentele e intima di garantire pari trattamento alle due cordate. Anche Lazzerini in cda afferma di essere stato escluso e aggiunge che «durante il processo di privatizzazione l’informativa all’intero organo amministrativo è stata sovente parziale, lacunosa e aggiornata solo a valle di sollecitazioni perentorie pervenute dal socio».
Scatta l’indagine interna, così sintetizzata dall’ad: «Ci sono profili di aperti colloqui con una delle cordate, prima dell’apertura della data room, addirittura scrittura a tre mani, però una sarebbe di troppo, del memorandum of understanding tra Lufthansa e Msc in cui sono coinvolti gli organi». In sostanza Lazzerini dice che dentro a Ita qualcuno aiutava Lufthansa e Msc a scrivere un’offerta migliore, e lo dice nel cuore dell’intervento in cui accusa Altavilla. Il riferimento è anche ad un altro dirigente, uomo di fiducia del presidente, poi licenziato per motivi disciplinari.
Se l’accusa è chiara, nessuno mette agli atti ipotesi sui motivi che avrebbero spinto Altavilla a schierarsi oltre il lecito. Né alle due aziende vengono imputate scorrettezze. E infatti ora, con i vertici della compagnia rinnovati, il Tesoro sta proseguendo le trattative.
Il dossieraggio
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Quando sei consiglieri si dimettono per far saltare il banco, la guerra è alla luce del sole. A inizio ottobre Altavilla prova a giocarsi la carta dei media. Dice Lazzerini in cda: «Sabato 8 ottobre il presidente e due dirigenti si scambiavano mail per scrivere un articolo che, secondo le loro intenzioni, avrebbe dovuto essere veicolato attraverso organi di stampa. L’articolo attribuiva all’ad e ai sei consiglieri dimissionari “espressione Pd”, così citati, la volontà di attaccare le deleghe del presidente per chiudere rapidamente la trattativa e sfilare la decisione alla vincitrice delle elezioni 2022, Giorgia Meloni. Il tutto, si scrive, sotto lo sguardo complice di Alessandro Rivera, direttore generale del Tesoro, anche lui, come il resto dei funzionari Mef, attribuito a matrice Pd».
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Nei piani, a scrivere l’articolo deve essere uno dei più stretti collaboratori (anche lui poi licenziato per motivi disciplinari) di Altavilla e a pubblicarlo in forma anonima sarà un sito di informazione disponibile a collaborare. La manovra per togliere credibilità agli avversari non va in porto in quella occasione perché l’agenzia di stampa che supporta Ita si oppone, ma si concretizza quando, dopo un’intervista di Lazzerini sgradita ad Altavilla, l’articolo costruito a tavolino viene pubblicato online.
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L’indagine interna svela che uno stretto collaboratore del presidente pochi giorni dopo la pubblicazione scrive al titolare del sito di informazione per ricordargli – dice sempre Lazzerini in cda – «di mandare offerta per una collaborazione, definendo un costo di 25 mila euro netti per il periodo marzo-dicembre». La moneta di scambio in cambio del lavoro sporco: solo una promessa o il pagamento si concretizza? In cda non è stata data risposta. A margine, c’è anche la minaccia di sospendere pubblicità a pagamento su un quotidiano dopo la pubblicazione di alcuni articoli critici.
La difesa
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La difesa di Altavilla in cda e in assemblea è a testa alta. L’ex presidente parla di «ricostruzione fortemente viziata da parte di Lazzerini» e sostiene di aver sempre agito nell’interesse della compagnia «in modo pieno, trasparente e con la massima tempestività». Frenare le richieste eccessive di Certares era normale per fare il bene dell’azienda. Per questo il manager resta convinto che l’azzeramento delle deleghe e la successiva cacciata dal cda siano illegittimi: mancherebbero sia la giusta causa che il rispetto delle procedure formali. Da qui la richiesta di danni ai consiglieri e alla compagnia. Sarà l’ennesima partita giudiziaria da giocare sulle spoglie della compagnia di bandiera. E potrebbe non essere l’unica se il Tesoro deciderà di chiedere i danni all’ex presidente.
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