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    RESTIAMO UMANI - PER 1400 DISGRAZIATI ZAIA, TOTI, MARONI STANNO CREANDO UN CASINO CHE NEANCHE LA PIAGA DELLE CAVALLETTE - QUANDO LE ALTRE REGIONI NE HANNO ACCOLTI UN ALTRO MIGLIAIO SENZA FIATARE


     
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    Claudia Osmetti per “Libero Quotidiano”

     

    ZAIA ZAIA

    Niente, le proteste e le paventate prese di posizione dei presidenti delle Regioni settentrionali - perlomeno di Veneto, Lombardia e Liguria - pare non abbiano sortito effetto alcuno. Nel senso che il Viminale ha comunque ordinato la partenza dei pullman carichi di immigrati alla volta del nord. E lì, per la precisione a nordest, la nuova frontiera dell’accoglienza made in Italy pare consistere nello stipare gli aspiranti profughi in abitazioni (private) sfitte.

     

    O almeno questo è il timore del governatore del Veneto Luca Zaia, che ieri ha per l’appunto denunciato la faccenda: «Fonti attendibili mi hanno informato che cento profughi si stanno sistemando in appartamenti privati a Eraclea \, e che 380 sono in arrivo in altre località turistiche».

     

    MARONI MOGLIE MARONI MOGLIE

    Decisione che, se fosse confermata, davvero a Zaia non piace, visto che la definisce «la rappresaglia di Renzi e Alfano contro il Veneto, ma noi risponderemo con atti formali». Della serie: non ci sono più posti nei centri di accoglienza? Niente panico, usiamo le case libere. Magari al mare, che adesso inizia pure la bella stagione.

     

    A questa originale (va dato atto) trovata, però, Zaia come detto non ci sta, e si dichiara deciso a dar battaglia al ministero dell’Interno, costi quel che costi. Così, al grido di «giù le mani dagli appartamenti e dagli hotel delle zone turistiche del Veneto», ha ribadito che «nemmeno un profugo, non uno» raggiungerà la sua Regione, e che quelli già arrivati «vanno allontanati immediatamente».

     

    TOTI: RIBADISCO IL NO

    giovanni toti matteo renzi giovanni toti matteo renzi

    Sarà. Ma le partenze dalla Calabria non sembra le si voglia sospendere, anzi. L’esecutivo aveva sentenziato che 450 esuli andranno in Lombardia, 630 in Veneto, 350 in Liguria e 100 in Val d’Aosta - ma per quest’ultima regione la situazione è complessa: lo statuto speciale prevede che sia il governatore a fare le funzioni del prefetto, e finora l’atteggiamento della regione alpina è stata nient’affatto conciliante, visto che lo scorso aprile si era detta disposta ad accogliere 1-immigrato-1.

     

    E non è tutto: a questi vanno aggiunti i 400 destinati al Piemonte, i 250 alla Toscana, i 115 alla Campania, i 92 all’Abruzzo, i 55 al Molise e i 50 (rispettivamente) alle Marche, all’Emilia Romagna e alla Basilicata (tutte Regioni, queste, che avevano aperto le porte ai migranti senza fiatare). Totale dell’operazione: 2.592 persone, biglietto in mano. Ed è soltanto l’inizio. Ma se i primi arrivi in Veneto hanno sollevato le ire del governatore leghista, a Genova non è andata meglio.

    uomo ripescato uomo ripescato

     

    Tra lunedì e martedì scorso in Liguria sono arrivati da Crotone tre pullman con i 350 profughi assegnati dal ministero (100 di loro resteranno a Genova, 40 andranno a Savona, 30 a Imperia, altrettanti a La Spezia). Ed è stata subito baruffa. Istituzionale, s’intende. Il neo governatore Giovanni Toti (Forza Italia), ancora non formalmente insediato, ha chiesto all’amministrazione uscente di Piazza De Ferrari di fare marcia indietro e di bloccare gli accordi già sottoscritti: «Non appena sarò in carica farò tutto quanto in mio potere per evitare i continui arrivi».

     

    Presa di posizione che il sindaco del capoluogo ligure, Marco Doria (Sel), ha bollato come «analfabetismo istituzionale». Perché, a suo dire, «non spetta a un presidente di Regione diffidare il prefetto».

    trasbordo trasbordo

     

    E forse a sentir quelle parole sono fischiate le orecchie anche a un altro governatore del «fronte del no», il lombardo Roberto Maroni. «Vi chiedo di sospendere le associazioni nei Comuni lombardi in attesa che il governo individui soluzioni di accoglienza temporanea più eque, condivise e idonee, che garantiscano condizioni reali di legalità e sicurezza» ha infatti scritto solo ieri il numero uno della Rosa Camuna ai suoi prefetti. E, penna in mano, Maroni ha ricordato che all’ombra della Madonnina «vive già oltre un quinto degli immigrati regolari in Italia: è impensabile inviarne qui altri prima di aver riequilibrato la distribuzione».

     

    PROTESTA IN SARDEGNA

    soccorso migranti soccorso migranti

    Fatto sta che dal sud quegli autobus pieni di disperati sono partiti. Per la verità alcuni si sono fermati presto, come i cinque pullman diretti al centro di accoglienza di Bresso (Milano), che sono rimasti fermi per ben otto ore a Scalea, in provincia di Cosenza, con a bordo le 280 persone che trasportavano - tra loro donne e bambini, per la maggior parte di origini eritree. Guasto poi riparato, e il viaggio attraverso l’Italia è proseguito.

     

    In Sardegna, invece, a quanto pare un centinaio di migranti ha per nulla gradito il trasferimento in un agriturismo nelle campagne di Palmadula, in provincia di Sassari. Secondo quanto ricostruito, di stare lì in mezzo ai campi e lontani dai centri abitati a loro proprio non andava. E così hanno deciso di improvvisare una specie di sciopero. Per ore non sono scesi dagli autobus, e si sono addirittura asserragliati nei mezzi.

     

    soccorso migrante soccorso migrante

    È dovuto intervenire addirittura il prefetto, ma i profughi si sono mostrati irremovibili: non si è ancora capito come sarà sbloccata la situazione. Pullman in ritardo anche quelli con destinazione Torino: ieri erano attese 90 persone per le 19, ma l’arrivo - e la sistemazione nellee strutture d’accoglienza - è slittato nella notte.

     

    «Nell'agriturismo, una struttura a due piani, sono presenti nove bagni e in serata - è stato promesso ai migranti - verrà piazzata una cucina che verrà messa a disposizione, verranno portate delle tv e installate delle connessioni internet. Chissà che questo - ha aggiunto il portavoce - non li convinca ad accettare l’accoglienza che per ora rifiutano».

     

     

     

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