Estratto dell’articolo di Riccardo Luna per “La Stampa”
immagine virale all eyes on rafah
[…] se bastasse mettere un like su una bella immagine su Instagram a far scoppiare la pace, ieri i carri armati israeliani non sarebbero entrati in quello che resta della Striscia di Gaza: Rafah.
E invece lo hanno fatto. Proprio mentre a milioni cliccavamo soddisfatti su una immagine molto evocativa, probabilmente creata con l'intelligenza artificiale non si sa bene da chi: una tendopoli senza fine in un deserto con alcune tende che formano la scritta a caratteri cubitali "All Eyes on Rafah", tutti gli occhi sono su Rafah; come a dire, vi stiamo guardando, forze armate israeliane, il mondo vi sta guardando, questa volta non potete fare quello che volete.
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E invece lo stanno facendo. Noi li guardiamo, attraverso i social network, e loro avanzano nell'ultima cittadella che dà rifugio a più di un milione di profughi palestinesi.
Del resto se i tweet fossero davvero stati potenti come le armi, nel 2009 i giovani iraniani avrebbero rovesciato il regime che li opprime da tempo; e se il successo su Tik Tok avesse comportato anche uno scudo anti missili, la resistenza ucraina avrebbe già respinto l'invasore russo. E, invece, lo sappiamo da tempo, i followers non sono soldati e le rivoluzioni non si fanno con uno smartphone, soprattutto se ti limiti a seguirle dal divano di casa e pensi di dare una mano con un like.
solidarieta ai palestinesi
Eppure su Instagram finora una mobilitazione politica di queste dimensioni non si era mai vista: in meno di due giorni l'immagine "All Eyes on Rafah" è stata condivisa 50 milioni di volte e mentre scrivo sta accelerando. Non è un caso.
Sono mesi che sui social network l'atteggiamento verso quello che accade in Medio Oriente è completamente diverso da quello che c'è negli studi televisivi e sulle pagine dei grandi giornali.
strage di civili a rafah 1
E questo non succede perché i giovani che stanno sui social «stanno con Hamas e sono antisemiti», queste sono idiozie: accade perché su Instagram e su Tik Tok tutti hanno visto le immagini postate direttamente da Gaza di quello che succede dal giorno dell'invasione della Striscia, le foto e i video di un massacro quotidiano di civili inermi che per mesi l'informazione ufficiale ha inutilmente coperto, negato, minimizzato, giustificato: «C'è stato il 7 ottobre…». Il risultato è che sono mesi che milioni di persone in tutto il mondo manifestano solidarietà per la causa palestinese con una intensità mai vista prima.
[…] Queste cose sui giornali probabilmente non le avete viste. Perché questa è una guerra lacerante dove a fare la parte del cattivo non c'è «il macellaio Putin», ma un pezzo del mondo occidentale, siamo noi, esattamente come accadde con la guerra in Vietnam.
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"All Eyes on Rafah" non nasce oggi, ma a febbraio: è la frase pronunciata da un dirigente dell'Organizzazione Mondiale della Sanità quando era chiaro che Israele non si sarebbe fermata e avrebbe attaccato anche l'ultimo rifugio palestinese.
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Allora "All Eyes on Rafah" è diventato un hashtag; poi è finito negli striscioni degli studenti che hanno occupato i campus americani e francesi e le nostre università. E ora diventa una calamita digitale per mettere assieme un sentimento dilagante. Non antisemita, non per Hamas: ecco, se un effetto tutto ciò può averlo non è fermare i carri armati e i bombardamenti, ma aprire gli occhi al popolo israeliano. È una speranza. […]
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