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    COME SE CRACCO ENTRASSE ALLA SCALA E DICESSE ''BASTA PUCCINI, VOGLIO IL JINGLE SCAVOLINI'' - RICCARDO MUTI SI LAMENTA CHE IN TV CI SONO TROPPI CUOCHI. ''NON SE NE PUÒ PIÙ, IL PUBBLICO ORMAI APPLAUDE A COMANDO: QUESTA NON È CULTURA, È NARCOTIZZARE LA GENTE CHE AVREBBE INVECE BISOGNO DI UNA SFERZATA DI CULTURA, CHE È LA COLONNA VERTEBRALE DELLA NOSTRA STORIA PER NON PERDERE L'IDENTITÀ DI CHI SIAMO''


     
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    Riccardo Muti a Firenze Riccardo Muti a Firenze

    Flaminia Bussotti per ''Il Messaggero''

     

    Alla sua ottava tournée in Europa con la Chicago Symphony Orchestra, Riccardo Muti tradisce sul podio l'intesa magica che lo lega alla sua orchestra: una profonda interiorità ed essenzialità del gesto. Il tour lo porta a Napoli domani, poi Firenze e Milano. A Vienna ha diretto anche i Wiener Philharmoniker in un concerto il 14 alla memoria di Mariss Jansons, che quel giorno avrebbe compiuto 77 anni. Al grande direttore lettone e amico, Muti dedica anche l'applauso del Requiem di Verdi con la Cso. «Se ne è andato uno dei più grandi direttori del nostro tempo, il mondo della musica è diventato più piccolo e siamo tutti più poveri», ha detto al pubblico. Nel colloquio Muti irraggia distacco e un'aura velatamente amara e pensosa. Molti ricordi si affollano da un passato «remotissimo».

     

    Questo tour con la Cso sembra un suo itinerario biografico, Napoli, Firenze, Milano.

    riccardo muti corna riccardo muti corna

    «Napoli è la città dove sono nato, ho studiato con grandi maestri, ho fatto i primi esperimenti direzionali. Ho una formazione profondamente napoletana sia umanistica che musicale. A Napoli nasce tutto, qui sono nato da madre napoletana, ho studiato e qui sono sepolti i miei genitori. A Firenze il mio primo incarico nel 1968. Fu l'Orchestra del Maggio a volermi dopo un trionfale concerto con Sviatoslav Richter al piano.

     

    Sono stati anni straordinari. La prima regia operistica di Ronconi fu qui con Orfeo e Euridice di Gluck, e poi Manzù, Cagli, Vitez, il Guglielmo Tell integrale con l'orchestra che urlava di gioia e il violoncellista Bellucci che alla fine gridò Viva Rossini, viva l'Italia. Sembrano episodi di un passato remotissimo. Ricordo un Nabucco di Ronconi per allora provocatorio che scatenò contestazioni: Ronconi in Arno, tuonò una voce in galleria. A Milano la prima volta fu nel 1970 come direttore ospite. Nel 1986 diventai direttore musicale: quasi 20 anni meravigliosi. Ricordo un Requiem di Verdi nel 1989 poco prima della caduta del Muro eseguito a distanza di 24 ore alla Philharmonie a ovest e la sera dopo al Konzerthaus a est».

     

    In Italia lamenta sempre lo stato della Cultura: lo farà anche stavolta? Vedrà dei politici?

    riccardo muti opera di roma riccardo muti opera di roma

    «So che Franceschini verrà a Napoli. Ammiro l'attenzione che rivolge alla cultura intesa non come parola vuota ma come elemento formativo. Quindi sono felice che venga. So che la pensa come me, il problema è che dovrebbe essere circondato da persone che la pensino allo stesso modo. Quando vedo certi programmi della tv italiana passo a tv straniere per trovare cose di sostanza, e poi non se ne può più di cuochi e cucina. Il pubblico ormai applaude a comando: questa non è cultura, è narcotizzare la gente che avrebbe invece bisogno di una sferzata di cultura, che è la colonna vertebrale della nostra storia per non perdere l'identità di chi siamo».

     

    Una statistica Ocse dà i giovani italiani sotto la media: come trova la loro maturità e cultura?

    «Ho fondato la Cherubini nel 2004 e trovo le ultime generazioni più preparate non solo musicalmente, ma lo sono di motu proprio, devono combattere contro l'obnubilamento generale. I giovani sono la nostra speranza ma li dobbiamo aiutare a essere internazionali. Loro lo vogliono ma l'apparato statale rema contro. Basta pensare al livello culturale di certi politici Al Senato ho ricordato che le orchestre sono insufficienti, e le centinaia di giovani cge escono dai conservatori spesso non trovano lavoro perché mancano orchestre e teatri».

     

    carlo cracco 1 carlo cracco 1

    Lissner a Napoli, Pereira a Firenze, Meyer alla Scala: sintomatico dell'Italia?

    «Non discuto la presenza di stranieri, Cimarosa e Paisiello erano famosi a Vienna, io stesso sono a Chicago. Dico con tutto il rispetto per loro, che sarebbe anche opportuno rivolgere lo sguardo anche ai nostri perché c'è una storia dei nostri teatri che appartiene alla storia d'Italia».

     

    A Napoli dirigerà nel 2021 Don Giovanni con la regia di sua figlia Chiara, a Firenze forse Simon Boccanegra nel 2022. Quando farà un regalo ai milanesi e a Meyer e tornerà alla Scala con un'opera?

    «Tutto non si può fare, sono sempre direttore e occupato. Queste mie collaborazioni seguono la successione del tour con la Chicago, Napoli, Firenze, Milano. Spero che questo percorso, come nella successione della tournée, succeda parimenti con La Scala e si rifletta nella pratica anche con Milano. Anzi, approfitto per fare gli auguri a Meyer di cui sono amico da anni».

    luciano masterchef in lacrime luciano masterchef in lacrime

     

    Con la Cso chiude nel 22, e dopo? Nel 21 poi dirigerà ancora il Concerto di Capodanno

    «Il contratto con la Chicago finiva quest'anno, mi hanno chiesto di estenderlo e ho dato due anni. Rimarrò legato ma non voglio avere più impegni di direttore musicale, voglio essere libero. Nel 22 saranno 54 anni sul podio: dopo resterò legato a loro e ai Wiener. Per un italiano è un onore dirigere il Concerto di Capodanno per la sesta volta».

    Dall'alto della sua esperienza, quale è oggi il suo sguardo sull'Italia: fiducioso o preoccupato?

    «Preoccupatissimo».

    Il suo prossimo sogno?

    MARA MAIONCHI A MASTERCHEF MARA MAIONCHI A MASTERCHEF

    «I sogni sono sempre quelli che non verranno mai esauditi: si ha la fortuna di una vita lunga e una mente chiara ma il mare della musica è talmente vasto che noi siamo solamente una goccia in questa vastità. Non è abbastanza».

     

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