Estratto dell’articolo di Alberto Moreno per www.vanityfair.it
Richard Gere Open Arms
Connecticut, 20 marzo 2024. Richard Gere si collega al meeting su Zoom esattamente tre settimane dopo essersi fatto fotografare a New York con la moglie, la spagnola Alejandra Gere, già Alejandra Silva, dalla quale ha avuto due figli e con la quale intende trasferirsi a Madrid il prossimo autunno. «Le racconto una storia», mi dice. «Quando abbiamo iniziato a frequentarci e lei è venuta a trovarmi in campagna, vicino a New York, a un certo punto le ho detto che mi sarei seduto a meditare, come facevo tutti i giorni, ma che lei poteva scendere al lago con me e sedersi a pensare, leggere o quello che le pareva; e quando ho finito il mio esercizio, mi ha detto: “Ok, puoi dirmi cosa stavi facendo?”.
CHEF RUBIO E RICHARD GERE SULLA OPEN ARMS
E mi sono reso conto che nessuno me l’aveva mai chiesto prima. Lei voleva saperlo davvero, così ho iniziato a spiegarle la mia routine e alcune delle cose su cui, in tutti questi anni, sono riuscito a lavorare con la mente nel tentativo di cambiarle. Si è presto resa conto che il buddismo era qualcosa che toccava anche lei in profondità».
La loro è una storia di amore devoto. Dopo i primi due matrimoni di lui con la modella Cindy Crawford e l’attrice Carey Lowell, madre di suo figlio Homer, e il matrimonio di lei con il padre del figlio Albert, la coppia ha avuto due figli, Alexander, 5 anni, e James, 4. […] La scintilla è scoccata durante un incontro in Italia, a Positano, nel 2014. Lui soggiornava a Villa Treville, un hotel di cui lei era proprietaria, e lì è nato l’amore. «Quando mi ha incontrato credo che non sapesse chi ero», spiega il protagonista di Ufficiale e gentiluomo, Pretty Woman e The Jackal. Un’affermazione a cui si fa un po’ fatica a credere.
RICHARD GERE
[…] «Quando sento la parola Hollywood, la prima cosa che penso è che si tratta di qualcosa che mi è estraneo. Non vivo in California da un quarto di secolo, né in tutto questo tempo ho mai girato un film a Los Angeles. Lavoro in produzioni molto indipendenti, e ho un figlio che oggi ha 24 anni da cui non volevo allontanarmi. Ho ancora molti amici nel settore, ma la mia cerchia più stretta è formata dalle persone che sono vicine a me».
[…] nel corso della nostra intervista, per la quale mi ha chiesto di prediligere il suo lato attivista e socialmente impegnato piuttosto che quello professionale, che minimizza il più possibile e considera al massimo un vettore da quando, nel 2014, ha unito le forze creative con Moverman.
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richard gere sulla open arms 9
Pur essendo stato un’icona di stile negli anni ’80, con i suoi indimenticabili look Armani in American Gigolò, Gere non sembra molto interessato ai vestiti. «Non ho il minimo rapporto con la moda», mi confessa quando glielo chiedo. «Non l’ho mai avuto e non mi interessa. Questo non significa che non possa apprezzare un bel tessuto o un maglione, naturalmente.
Ne ho uno in cashmere, una maglietta, jeans e pantaloni della tuta, niente di speciale… ma non ho alcun senso della moda. Ai fotografi ho detto che avrei provato qualunque cosa mi avessero proposto, ma fino a un certo punto. “Se penso che sia completamente ridicolo, non lo farò”, li ho avvertiti, ma loro volevano giocare. Abbiamo provato un po’ di cose diverse, anche se io preferisco sempre che i vestiti siano invisibili». Sua moglie conferma: «La sua moda sono io. Gli compro i vestiti, perché è vero che non gli interessano. Ci resta sempre in mente il personaggio che proietta nei suoi film, così elegante.
RICHARD GERE E LA MOGLIE ALEJANDRA
Non è che sia proprio l’opposto, ma è vero che predilige la comodità ed effettivamente gli serve parecchio aiuto per riempire il guardaroba. Quando si tratta di fare shopping per lui è un po’ un tira e molla, anche se si diverte ancora a uscire per comprare cose per me o dire la sua quando andiamo a un evento. E poi ci sono volte in cui gli piacciono i vestiti dei film che fa, cose di Armani, Brioni, Loro Piana… Tiene sempre qualcosa per ricordo».
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Nel 2019, Gere è balzato agli onori della cronaca internazionale per uno scontro con l’allora ministro dell’Interno Matteo Salvini, che si era rifiutato di accogliere un’imbarcazione con 147 migranti a bordo bloccata al largo delle coste di Lampedusa. «Per puro caso», ricorda Alejandra, «quando abbiamo sentito la notizia ci trovavamo in Italia, e lui mi ha detto: “Devo fare qualcosa, chiamerò Òscar, chiamerò Laura…”. Io ero incinta e non ho potuto accompagnarlo, ma gli ho detto di prendere una macchina, e che quando sarebbe arrivato per imbarcarsi sull’aereo per Lampedusa avrebbe trovato i biglietti ad aspettarlo.
richard gere sulla open arms 8
Quella notte ho parlato anche con Homer e gli ho detto: “Non vuoi andare lì ad aiutare tuo padre a salvare tutte queste vite?”. Ha risposto di sì e così ho organizzato tutto. Avevamo appena incontrato l’allora cancelliera tedesca Angela Merkel, per cercare di farle capire la gravità della questione, e Richard è riuscito a parlare con Pedro Sánchez dall’imbarcazione per chiedergli aiuto al momento di accogliere tutte quelle persone. Credo sia stato uno dei momenti più emozionanti al suo fianco», racconta Alejandra.
matteo salvini - processo open arms
Come ha vissuto la posizione di Salvini in quel momento, signor Gere?
«Per me è molto difficile capire un movimento di estrema destra conservatrice, soprattutto in un Paese che è prettamente cristiano. In quelle ore non smettevo di chiedermi cos’avrebbe fatto Cristo in una situazione del genere, e il fatto è che Cristo accoglieva tutti come figli di Dio, tutti. Non avrebbe detto: “Salvate solo le persone bianche, quelle italiane o quelle cristiane”. Mi sembra abbastanza ridicolo. Sono stato sui barconi e ho incontrato personalmente molti rifugiati e migranti; ho avuto modo di ascoltare le loro storie e penso sia molto difficile non vedere in loro esseri umani uguali a noi. Chiederei, e spererei, che chi ha responsabilità di governo passasse un po’ di tempo con loro, capisse la situazione e non li demonizzasse.
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Ovviamente abbiamo lo stesso problema negli Stati Uniti, con persone squilibrate come Trump che sembrano odiare tutti quelli che non sono bianchi e allineati culturalmente con lui, ma non è così che funziona il mondo. Ci siamo dentro tutti insieme. Il nostro senso di sicurezza, la nostra felicità e il nostro successo devono essere universali. C’è una cosa molto bella che ha detto il Papa molti anni fa: “Non costruiamo muri, costruiamo ponti”. Oggi la crisi viene soprattutto da chi arriva dall’Africa, ma prima o poi ce ne saranno altre nella direzione opposta. Tutti avremo i nostri momenti difficili, ed è nostra responsabilità prenderci cura gli uni degli altri. Costa più energia non aiutare che aiutare».
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