PEPPINO DI CAPRI
Nino Femiani per “il Giorno”
Un concerto-evento per festeggiare i 60 anni di carriera al Teatro San Carlo il 21 maggio. Posti già tutti esauriti da settimane per vedere Peppino di Capri, icona della canzone italiana che a luglio taglierà il traguardo dei 79 anni.
Lei ha la musica nel dna familiare. Suo nonno fu musicista nella banda di Capri, suo padre Bernardo aveva un negozio di dischi.
«Abbiamo tutti la musica nel sangue, anche papà suonava violoncello e sax. E ora mio figlio Edoardo è musicista, la melodia è una tradizione di famiglia».
A 14 anni iniziò a suonare nei night di Capri e Ischia. Come era la vita notturna a metà degli anni Cinquanta?
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«Da imbottigliare e conservare per secoli. Chi veniva in quel tempo a Capri lo faceva per la qualità del relax, non per fare il presenzialista in Piazzetta. Oggi la vacanza a Capri è uno show, uno spettacolo. Forse ce lo meritiamo, ma l'isola in quegli anni era tutta un'altra cosa».
Il tasso alcolico al Number Two o al Rangio Fellone era alto già allora?
«Macché, i drink li bevevano solo chi poteva permetterseli. Un bicchierino di whisky costava allora 700 lire, quanto un quarantacinque giri, e i ragazzini non si gonfiavano di cicchetti».
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All' anagrafe lei è Giuseppe Faiella. Come nasce il nome d' arte Peppino di Capri?
«Fu un' esigenza della mia casa discografica. Era il 1958, stavano stampando i nostri primi dischi e ci dissero: "Ci serve il nome del cantante". Il mio non era granché artistico, sembrava quello di un impiegato del catasto. Stavamo in Piazzetta e il mio chitarrista, Mario Cenci, mi disse: "Ti chiamano Peppino e qui siamo a Capri. Quindi Peppino di Capri". Io risposi: "Suona bene"».
Lei ha partecipato a quindici Festival di Sanremo, vincendo nel 1973 con "Un grande amore e niente più" e nel 1976 con "Non lo faccio più".
«E poi l'ho rifatto, ah ah ah.» .
Quanto è cambiato Sanremo in questi anni?
«Si è passati dalla competizione allo show. Ritornarci? Solo se mi danno un premio alla carriera. Quest' anno l' hanno dato a Milva, il prossimo anno potrebbero pensare a me, non crede?».
In un suo libro il regista Paolo Sorrentino la descrive come uno sciupafemmine. Si riconosce in questa narrazione?
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«Beh, ero favorito dal mio lavoro. Capitava, c'era un pizzico di avventura piacevole, ma non è che facessi lo sciupafemmine di professione».
Che ne pensa dei talent show?
«Mi piacciono, ma li trovo una fabbrica di delusioni. Talvolta penso che su 60mila che si presentano vince solo uno e allora immagino cosa provino gli altri 59.999 poveracci che si illudono di essere bravi».
Farebbe il giudice di X Factor?
«Sì, lo farei. Alla mia età penso di saper distinguere chi ha talento e chi no».
C'è un cantante che oggi assomiglia a Peppino di Capri?
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«Posso peccare di presunzione? Non c'è, non basta indossare la giacca di lamé o gli occhiali per essere un nuovo Peppino. Qualcuno che mi assomigliava c'era nella generazione vicina alla mia, penso a Gino Paoli ed Edoardo Bennato».
E chi erano i suoi idoli?
«Marino Barreto e Paul Anka. La mia voce deriva dalla fusione di quei due stili».
È vero che ha duettato con Silvio Berlusconi?
«Sì, fu nel corso di un matrimonio del figlio di un politico. Io ero il "regalo" fatto alla coppia, una mezzora di canzoni. Mentre faccio il soundcheck vedo Berlusconi in sala e allora intono una canzone che lui diceva di aver composto».
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Quelle scritte con Apicella..
«Sì, proprio quelle. Il Cavaliere si avvicina e mi dice con un pizzico di orgoglio: "Lei conosce le mie canzoni?". Durante la festa, mi viene di nuovo accanto e ricambia la cortesia, cantando "Roberta". Applausi, ma non molla più il microfono. Alla fine fa lui la serata e io il suo pianista».
Con "Natale col boss", il suo ultimo film, è stato ingaggiato dal suo amico Aurelio De Laurentiis?
«Mi ha fatto firmare il contratto in albergo, prima di una partita del Napoli. Aveva le clausole scritte a caratteri talmente piccoli che non riuscivo a leggerle, neppure con gli occhiali. "Dai firma, tra di noi basta una stretta di mano. La cifra tua la prendono i migliori attori di Hollywood". Lo sapete, lui è uno che ha il braccino corto sui compensi...».
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Festeggerà i 60 anni al San Carlo, le pesano?
«Sessanta anni di carriera sono un po' una cosa rara. Molti miei colleghi contano la carriera dal primo vagito, io invece dal primo disco».
I suoi figli la seguono?
«Ne ho tre, tutti maschi. Il primo Igor, avuto dalla mia prima moglie Roberta, gli altri due, Edoardo e Dario da Giuliana. Edoardo è un musicista provetto, Dario ha fatto per un po' l'attore ora si è aperto un b&b a Capri, Igor ha lavorato prima in un baretto a Palma di Maiorca, poi nella ex Jugoslavia, ora vuole andare in Messico. Un giramondo».
Se si guarda indietro cosa le dà più soddisfazione?
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«Il periodo della crisi. Era la fine degli anni Sessanta, ho avuto tre anni in cui sono praticamente sparito, ma che mi hanno insegnato a vivere e a capire cosa sia davvero il successo».
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