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    RIDER, CORNUTI E MAZZIATI: ORA FINISCONO ANCHE NEL MIRINO DELLE BABY GANG - DA BARI A MILANO AUMENTANO GLI AGGUATI AI FATTORINI NEI QUARTIERI DEGRADATI - I TEPPISTELLI LI AGGREDISCONO E LI MINACCIANO DI MORTE SE NON CONSEGNANO CIBO E CONTANTI: “FANNO FINTI ORDINI SOLO PER RAPINARCI DELL'INCASSO…”


     
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    Luca Giampieri per “la Verità”

     

    «Se denunci, ti facciamo saltare la testa». Letto così, potrebbe suonare come l'avvertimento di uno sgherro appartenente a qualche cosca, pronunciato al modo di un manrovescio intimidatorio all' indirizzo di un commerciante sottomesso alla legge del pizzo. Invece, è solo l' amaro epilogo di una serata da rider.

     

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    A raccontarlo con voce sommessa, rompendo il silenzio dopo qualche titubanza, è Marco (nome di fantasia), giovane fattorino in forza all' azienda di consegne Glovo, che una settimana fa è stato rapinato da un gruppo di malintenzionati nel quartiere San Paolo, una decina di chilometri dal centro di Bari.

     

    «Una zona di forte degrado, con un elevato tasso di delinquenza, seppur non ai livelli di Japigia, ormai sotto il controllo della criminalità organizzata», spiega il glover vittima di un' imboscata nel rione popolare a Nord Ovest del capoluogo pugliese. «Quella sera avevo quasi finito il turno, quando ho ricevuto un ordine di consegna sprovvisto di cognome. Una volta arrivato davanti al numero civico indicato, ho telefonato per sapere quale fosse il citofono del cliente.

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    È allora che ho visto avvicinarsi tre persone. Mi hanno detto che il cibo non era per loro, ma per degli amici che abitavano in una via poco distante. A quel punto, ho capito che qualcosa non andava, ma ormai ne avevo già tre addosso». Non appena voltato l' angolo, l' agguato si è compiuto: «C' erano altri sette ragazzi. Uno di loro mi ha affrontato, intimandomi di dargli il sacchetto col cibo e tutti i soldi che avevo con me».

    Un bottino di 550 euro che Marco consegna senza fare storie: «Non sapevo se fossero armati, e in ogni caso ero uno contro dieci. Temendo che la situazione potesse degenerare, non ho opposto resistenza».

     

    Nonostante le minacce, dopo l' accaduto Marco trova il sangue freddo per recarsi al commissariato di Polizia più vicino e fornire alcuni particolari sul giovane al quale, poco prima, aveva allungato il denaro. «Era quello che ricordavo con maggior precisione. In generale, sia lui che gli altri avranno avuto un' età tra i 18 e i 22 anni. Teppistelli di periferia che giocano alla mafia. I mafiosi, quelli veri, non si abbasserebbero mai ad azioni del genere».

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    Una denuncia che il malcapitato rider compila senza troppe illusioni. «Non contavo che li fermassero, l' ho fatto solo per avere un documento da fornire a Glovo.

    Era già successo ad altri colleghi, i quali a loro volta avevano sporto denuncia, ma non è cambiato granché».

     

    A distanza di qualche giorno, sulla chat dei fattorini, Marco apprende di sei casi analoghi a quello vissuto in prima persona. Stesso metodo. «Col pretesto della consegna, uno dei glover è stato attirato nei pressi di un parchetto. Quando si è reso conto della situazione, ha proseguito senza fermarsi. Ovviamente, non ha portato a termine la consegna, ma almeno a lui è andata bene», osserva il fattorino pugliese entrato nella galassia del food delivery soltanto un mese e mezzo fa. «Lavoro quattro ore nella fascia serale, cinque giorni a settimana».

     

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    Non proprio il migliore degli esordi, il suo. «Su Facebook c' è chi adesso parla di difendersi con la catena del motorino. Io mi sposto in macchina, ma non ho intenzione di girare armato». Di smettere non se ne parla: «Qui a Bari manca il lavoro.

    Quattro mesi fa, ho lasciato il curriculum in sei agenzie di collocamento diverse: neanche una telefonata. Meglio rider che al call center, dove non mi pagavano nemmeno.

    Se, però, dovessi ricevere ancora un ordine di consegna a San Paolo, chiederò che venga riassegnato».

     

    deliveroo protesta dei fattorini a milano deliveroo protesta dei fattorini a milano

    Eppure, un modo per tutelare il lavoro dei pony express 2.0 ci sarebbe. E, cioè, fare marcia indietro su un servizio che Glovo ha introdotto poco più di due mesi fa: il pagamento alla consegna in contanti. Un tuffo nel passato che ha del paradossale per una startup nata nell' era touch di smartphone e tablet. Il rovescio della medaglia di questa svolta anacronistica è facilmente intuibile: «C'è una chiara correlazione tra l' incremento degli episodi criminosi e il nuovo metodo di pagamento. Il 90 per cento dei clienti utilizza questa opzione, un sistema che incentiva i farabutti mettendo a repentaglio l' incolumità dei rider costretti a muoversi con addosso centinaia di euro. A Milano, di recente, alcuni glover sono stati aggrediti da un gruppo di extracomunitari intenzionati a derubarli del fondo cassa, utilizzato per pagare gli ordini nei ristoranti e dare il resto ai clienti». Non basterebbe cambiare app? «Quando ti presenti per un colloquio alle altre società di delivery, non è detto che ti prendano. Glovo accetta tutti. E io avevo bisogno di lavorare».

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