ANNALISA CUZZOCREA per la Stampa
draghi letta
Enrico Letta ha in mano tutte le carte per uscire dall'impasse sulla presidenza della Repubblica. La direzione del Pd - allargata ai gruppi parlamentari, che sono quelli che dovranno votare - ha dato al segretario un mandato pieno per la trattativa.
Ma l'ipotesi che in questo momento appare più di ogni altra in grado di sbloccare il gioco, è quella che favorirebbe il passaggio di Mario Draghi dalla presidenza del Consiglio a quella della Repubblica. Sarebbe un inedito nella storia repubblicana, è un quadro che deve per forza essere accompagnato da un patto di legislatura, ma è anche lo scenario di cui hanno parlato più di ogni altro i dirigenti di Pd e Movimento 5 stelle nelle telefonate continue di ieri pomeriggio.
Letta, Conte e Roberto Speranza si vedranno all'inizio della settimana, non appena il leader dem tornerà da Bruxelles, per mettere a punto la strategia. «Evitare qualunque divisione o fuga all'interno dell'asse Pd-M5S-Leu è fondamentale - dice il segretario dem - perché le divisioni dell'altro campo sono già visibili nel testo cesellato e pieno di equilibrismi del comunicato uscito dall'incontro di Villa Grande».
ENRICO LETTA PARLA DI DRAGHI A PORTA A PORTA
Giuseppe Conte conferma: il primo obiettivo del presidente M5S, anche per salvare quel che resta delle origini, è fermare Silvio Berlusconi. «Il dialogo con Letta è fitto e continuo - rivela - e sicuramente affronteremo questo passaggio in pieno coordinamento».
Ognuno ha i suoi ostacoli interni da affrontare ed è per questo che non si può aspettare il gioco del centrodestra. «Il punto non è Draghi sì o Draghi no - spiega un dirigente dem - il punto è come si arriva a Draghi: se con un atto politico in cui l'alleanza capisce che è l'unica possibilità per scalfire il centrodestra, e allora bisogna proporlo subito, oppure per disperazione dopo che il quadro viene inevitabilmente compromesso dallo scontro. A quel punto sarebbe una sconfitta della politica».
draghi letta
Ma soprattutto, non sarebbe facile rimettere insieme i cocci. Il senatore Luigi Zanda non nasconde la sua preoccupazione: «Questa mossa del centrodestra è molto destabilizzante. Schierandosi così nettamente per Berlusconi due partiti della maggioranza provocano una crepa che avvicina le elezioni anticipate».
Perché la politica ha i suoi schemi, e «una profilatura così netta è in contrasto con la stagione mattarellian-draghiana dell'unità nazionale». È quella crepa che va sanata prima che sia troppo tardi. È a questo che servono il patto di legislatura, «una cosa seria», lo definisce Letta, e un accordo strettissimo nel centrosinistra. Che prevede anche l'emancipazione di Speranza dai padri nobili di Leu Pier Luigi Bersani e Massimo D'Alema, i più ostili all'idea di Draghi al Quirinale.
bersani d'alema
Come hanno spiegato, entrambi, allo stesso Conte, con grande scandalo dei deputati 5 stelle che non amano vedere all'opera consiglieri estranei alla loro storia politica. Gli ostacoli, si diceva, sono venuti fuori in direzione con più nettezza di quella che ci si poteva aspettare, visto lo streaming, la diretta, la trasparenza voluta dal segretario. Franco Mirabelli ha detto tutta la sua ostilità all'idea Draghi e dietro le sue parole sembrava di scorgere la posizione del silenzioso ministro della Cultura Dario Franceschini.
Matteo Orfini continua a pensare che l'unica strada accettabile sia quella del Mattarella bis e per questo ha tentato di coordinarsi anche con i parlamentari M5S spaventati all'idea del voto. Goffredo Bettini dice che se c'è ancora lo spazio per un accordo politico, bisogna trovarlo su un nome di garanzia, capace di gestire il passaggio che ci sarà dopo le elezioni del 2023 da una situazione di emergenza a un ritorno alla normalità democratica.
BERSANI D'ALEMA
Lasciando quindi che Draghi finisca il suo lavoro a Palazzo Chigi. E prediligendo uno come Giuliano Amato. Ma perfino Bettini ammette che se lo spazio per quest' accordo non c'è, restano solo due soluzioni: Mattarella bis e Draghi. E la prima è ormai realizzabile sono se a chiederlo è il centrodestra. Il che finora non è avvenuto. Così tutto ritorna a Draghi.
La componente di Base riformista, guidata dal ministro della Difesa Lorenzo Guerini, è convinta che sia l'unica soluzione praticabile. Nonostante i rischi. E poi, oltre alle incognite del centrodestra unito chissà fino a quando, ce n'è un'altra da affrontare: l'eventuale mossa che potrebbero fare Matteo Salvini e Matteo Renzi, insieme, una volta che la candidatura di Berlusconi si sia consumata. Una mossa che potrebbe portare a Pier Ferdinando Casini, a Franco Frattini, ma soprattutto che potrebbe mettere nell'angolo il centrosinistra.
dario franceschini foto di bacco (2)
Così, anche la cabina di regia riunita ieri dal Movimento, con Conte, i suoi vice e i ministri, ha rimandato tutto al patto da stringere con gli alleati, ma ha cominciato a ragionare sulle tattiche da usare in aula, in caso Berlusconi vada avanti per le prime tre votazioni. Non il nome di bandiera vagheggiato da qualcuno, ma piuttosto - se il pericolo è reale - l'uscita dall'aula, come fece la destra quando Romano Prodi fu impallinato dai franchi tiratori. Un modo per disinnescare qualsiasi trucco, qualsiasi oscura trattativa.
Infine, se la scelta della coalizione progressista fosse presto e fosse Draghi, bisognerebbe dare un'anima al governo che verrà. O almeno uno scopo, come nelle parole del suo vice Peppe Provenzano sulla legge elettorale. Che serva il proporzionale lo pensano tanto Conte che, in fondo, Salvini e parte di Forza Italia. È lo scenario più temuto da Giorgia Meloni. Ma invocato, da tempo, sia dagli ex renziani che dalla sinistra pd. E mai così a portata di mano come adesso.
luigi zanda foto di bacco