Filippo Facci per “Libero quotidiano”
FILIPPO FACCI
Le opinioni su Matteo Salvini non c'entrano più, anche gli "amici" di Roberto Saviano sanno che Saviano sul tema è andato fuori di cotenna da tempo: ma fanno spallucce, lasciano che lo scrittore (va bene scrittore?) faccia i suoi sforzi per continuare a far parte del paesaggio pur senza un ruolo preciso, e tirano dritto. Fanno finta di niente. Ormai Saviano è un modo di dire: «Bastava Saviano», ha detto ieri Salvini riferito a Giuseppe Conte, «per raccogliere tutti questi insulti, non il presidente del Consiglio». Saviano.
Un Saviano. Perché è vero, una persona sana di mente può anche stufarsi di passare a vita per quello di "Gomorra", e può anche tentare di reinventarsi socialmente e professionalmente come l' antagonista culturale (va bene culturale?) di Matteo Salvini: ma perdio, Saviano potrebbe sforzarsi di farlo un po' meglio.
roberto saviano tende la mano per la campagna a favore di open arms
L' impressione che questo signore abbia sbroccato è ben precedente all' estate, e nei giorni scorsi è soltanto riuscito ad abbassare ancora di più l' asticella: «Il destino di Salvini è il carcere, e questo lo sta capendo anche lui; basterà che si spengano le luci». Ha stortato la bocca, a sinistra, anche qualche garantista residuale. Perché l' augurio sa tanto di auspicio massimo, di logica conclusione contro il male da parte del bene. Poco importa che il tremillesimo pretesto siano stati i 134 migranti della "Open Arms" ostaggio dei banditi libici, ma parimenti - ecco - secondo Saviano ostaggi «del bandito politico Matteo Salvini, il ministro della Malavita».
Anche quest'espressione reiterata, «ministro della Malavita»: termine inaccettabile comunque lo si guardi, scorrettezza oltre ogni diritto di critica, tentativo di "mascariare" mafiosamente un nemico ripetendo all' infinito una sconcezza: sinché qualcosa resterà.
È come se Saviano, nel perpetuo tentativo di riscattarsi e accreditarsi con qualcosa o con qualcuno, volesse far dimenticare quando giudicava una cosa per volta e sembrava, addirittura, una personcina equilibrata: farsi perdonare, per esempio, quando riconobbe i successi del governo Berlusconi nella lotta alla camorra e quando elogiò più volte il ministro Roberto Maroni, un leghista giudicato «uno dei migliori ministri degli Interni di sempre».
ROBERTO SAVIANO
A TRENT' ANNI
Ai tempi aveva 31 anni e viveva da fuggiasco, superblindato, prigioniero e senza una vera vita privata. Oggi ha cinquant'anni e vive da fuggiasco, superblindato, prigioniero e senza una vera vita privata. Ma augura la galera a un vicepremier solo come passaggio di un' escalation, o, volendo vederla con dietrologia malata, come una previsione politica nel giorno in cui Salvini non avesse più la ribalta del Viminale e tornasse un semplice senatore, libero di essere accerchiato da una giustizia sovralimentata da un governo manettaro grillino-piddino.
fabio fazio roberto saviano
Dunque le esagerazioni di Saviano sanno sempre meno di opposizione politica e sempre più di disvelamento, di inciampo rivelatore, di smascheramento forcaiolo per l' uomo che diceva di amare Salamov e Solzenicyn ma ora ha virato su Travaglio e Davigo. È più comodo. C' è più gente da prendere al lazo sui social.
Saviano rimane quello di "Gomorra" (con enormi, spaventose responsabilità circa la rilegittimazione mediatica di certa malavita) ma nel tempo ha cercato di trasformarsi in un' autorità morale che distribuisca pagelline su candidati ed eletti, sentenzi sui giornali e in tv e decida la presentabilità di tizio e caio.
roberto saviano
il salto Poi il grande salto, ma non sappiamo se di qualità: l' ossessione Salvini. Quello che chiude i porti alle Ong e dirotta le barche. Quello «inumano», «buffone», «incapace», «ministro della crudeltà» oltreché della citata malavita. Saviano è giunto a invocare la censura (una «forma disperata di opposizione all' orrore», «non dando notizia e non commentando le affermazioni più gravi di Matteo Salvini») e a giudicare il viceministro «un baro», uno che indossa le divise delle forze dell' ordine come «gesto autoritario» e «pericolosissimo per la democrazia».
roberto saviano kings of crime 4
Salvini che «minaccia magistratura e oppositori di ritorsioni armate», uno che «tra la Lega di potere e Matteo Messina Denaro ci sono solo tre gradi di separazione», uno «ha Facebook, un Potere globale». Facebook appartiene a Salvini. Il quale, poco tempo fa, ha parlato contro la mafia nella speranza che in futuro possa valere come argomento difensivo in un processo per mafia contro di lui: parola di Roberto Saviano.
Uno che col suo argomentare, col suo facile accostare un ministro alla malavita, potrebbe più facilmente definirsi come scrittore della malavita: nessuno pare più avere dubbi, ormai, sul fatto che l' effetto Gomorra abbia riqualificato l' immagine della Camorra stessa, e che a portarne la responsabilità, paradossalmente, sia stato chi l' aveva dapprima combattuta con un libro formidabile. Il libro è appunto "Gomorra", che poi si è fatto marchio e prodotto d' esportazione.
roberto saviano kings of crime 5
Ed è patetico che a pensarla diversamente, ora, sia rimasto giusto Roberto Saviano e forse il quotidiano su cui scrive, nonché gli autori e attori del serial televisivo.
Altri - politici, avvocati, magistrati, scrittori e attori - dicono tutti la stessa cosa, e non è quella che sostiene Saviano. È più simile a quella che ha raccontato l' attore Carlo Verdone: «Un mio amico insegnante ha fatto scrivere un tema ai bambini: "Il sogno della nostra vita". Un bambino vorrebbe diventare Genny Savastano, un altro il boss della banda della Magliana, una donna si ispira a donna Imma. Hanno indicato modelli malavitosi». Diffusi da scrittori malavitosi, direbbe Saviano.