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    “ITALIA-GERMANIA 4-3? SAPEVO COME SAREBBE FINITA. LA STAFFETTA CON MAZZOLA? UNA SCELTA POLITICA” – GIANNI RIVERA RACCONTA 50 ANNI DOPO LA PARTITA DEL SECOLO. "NON SAREBBE STATA UNA PARTITA BELLISSIMA SE NON FOSSE STATO PER SCHNELLINGER...”- IL GOL DELLA LEGGENDA DI DESTRO, L’INTERVALLO DI ITALIA-BRASILE E L'IDEA DI FARE L'ALLENATORE: "MAGARI LA CHIAMATA NON VIENE, MA IO SONO PRONTO" – VIDEO


     
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    Enrico Sisti per la Repubblica

     

    gianni rivera gianni rivera

    Di Rivera ce n' è sempre uno solo: 50 anni fa come oggi. Sempre lo stesso pacato, forse un po' malinconico, golden boy, quello che raccontava di sé cose tipo: «Non ero un calciatore, piuttosto uno che giocava a pallone». Altri tempi, anche supplementari, altri parametri tra vita agonistica ed esistenza reale.

     

    Oggi, a 76 anni, Gianni lo puoi incontrare per il centro di Roma, dove abita («e dal quale non mi sposto più»), magari con un rigato elegantissimo oppure con un paio di pantaloni da lavoro, con i tasconi all' altezza delle ginocchia. È diventato allenatore: «Magari la chiamata non viene, magari sì. Comunque che sappia: io sarei anche pronto».

     

    Rivera, come sta?

    «Procediamo».

     

    italia germania 4-3 rivera italia germania 4-3 rivera

    Cinquant' anni fa era un Pallone d' oro in carica di cui l' Italia era orgogliosa da impazzire, al punto da tenerlo in panchina come fosse un oggetto più fragile che prezioso

    «La staffetta era una scelta politica, non calcistica. Quanto al Pallone d' oro, l' ho vinto perché avevo accanto gente come Trapattoni, Lodetti, Sormani, Prati».

     

    Che Germania era, quella lì?

    gianni rivera sandro mazzola gianni rivera sandro mazzola

    «Una delle squadre forti di quel Mondiale e ci capitò tra i piedi. Qualcuno era superiore alla media. E anche di molto. Ma siccome non erano tempi di rivoluzioni tattiche, i tedeschi giocavano sempre da tedeschi, e gli italiani da italiani».

     

    Si sarebbe mai immaginato che cinquant' anni dopo «Italia-Germania è stato un caso, ma anche un "unicum"». Non aveste peraltro una vigilia diversa dalle altre.

    «Le vigilie erano tutte uguali.

    Ovviamente io già sapevo, perché era una sceneggiatura scritta in anticipo, cosa mi sarebbe capitato...».

     

    Nessun accorgimento per contrastare Müller, Seeler, Overath o Beckenbauer?

    «Nessuno. Tutti noi sapevamo cosa fare, dove e quando. Albertosi compreso, che all' epoca doveva stare in porta perché così funzionava, anche se a lui piaceva giocare con i piedi, solo che era nato nel momento storico sbagliato».

     

    Ma psicologicamente come arrivaste alla Germania?

    «Direi bene. Un buon girone, un ottimo quarto».

    sandro mazzola e gianni rivera a che tempo che fa sandro mazzola e gianni rivera a che tempo che fa

    E in quel quarto contro il Messico iniziò il Mondiale di Rivera, con la rete del 3-1.

    «In qualche modo sì. Era sempre difficile attendere in panchina. Almeno per me. Soprattutto perché non avevo scelta. Ero parte di un disegno. Stavo lì seduto, non dovevo fare nulla di particolare: solo aspettare che finisse il primo tempo».

     

    Come contro la Germania

    «Ormai Valcareggi non mi diceva più niente. Il cambio era automatico. E a quei tempi ti dovevi scaldare negli spogliatoi o nei corridoi. Sperando che corridoi e spogliatoi fossero vicini al campo».

     

    Quel secondo tempo azzurro (e suo) per gestire il vantaggio di Boninsegna?

    «Dovevamo essere bravi a non farci prendere dagli spasmi. Erano loro che dovevano sbattersi per cambiare le cose. Non noi. Sono stati aggressivi soltanto nella parte finale. Ma grandi rischi non ne abbiamo corsi, se ricordo bene. Sì, non sarebbe stata una partita bellissima se».

    sandro mazzola gianni rivera sandro mazzola gianni rivera

     

    Se poi non fosse comparso Schnellinger.

    «Ci siamo incrociati a fine partita senza dirci nulla, ma prima sì. Mi fece capire che si stava spostando in attacco solo perché la partita ormai era finita e gli spogliatoi erano dietro la nostra porta, così avrebbe evitato gli sguardi dei suoi compagni del Milan, io e Rosato. "Così", mi disse, "appena fischia l' arbitro scappo dentro!" Insomma era stufo.

    Invece si ritrovò la palla sul piatto destro. La sua presenza lì era talmente inaspettata e insieme sospetta che nessuno si occupò di lui. Tutti marcavano tutti, come da programma, Karl-Heinz era libero».

     

    Lei fece la differenza anche nel primo dei supplementari: sua la punizione per il 2-2 di Burgnich e fu sempre lei ad avviare lo scambio del 3-2 di Riva.

    «E nel secondo supplementare tutto il resto: ero vicino al palo sul colpo di testa di Seeler, punto nel quale forse non mi ero mai trovato in vita mia. Poi arrivò la spizzata di Müller, che si allungò, sfiorò il pallone che mi toccò il fianco: 3-3. Potevo mettere la mano, ma che sarebbe cambiato?».

     

    E poi la storia.

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    «Ero partito per calciare di sinistro in diagonale, dopo il cross basso di Boninsegna. Invece in un attimo, non so quanto, ma veramente poco, ho visto Maier spostarsi rapidamente verso la sua sinistra, così ho cambiato direzione e soprattutto piede. Sapete com' è andata a finire. Pensi che solo rivedendo la partita mi sono reso conto che avevo davvero calciato di destro».

     

    Quando è finita per lei l' eccitazione di Italia-Germania?

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    «Probabilmente nell' intervallo di Italia-Brasile. Eravamo negli spogliatoi. Stavo per togliermi la tuta. Mazzola cominciò a slacciarsi le scarpe ma Valcareggi lo fermò: "Tu torni in campo!". Non mi ricordo nemmeno bene cosa provai...».

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